FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio"Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso (Mt 22,34-40) XXX Domenica T. O.
XXX Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto. (Sal 105,3-4)
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
accresci in noi la fede, la speranza e la carità,
e perché possiamo ottenere ciò che prometti,
fa’ che amiamo ciò che comandi.
Oppure:
O Padre, che fai ogni cosa per amore
e sei la più sicura difesa degli umili e dei poveri,
donaci un cuore libero da tutti gli idoli,
per servire te solo
e amare i fratelli secondo lo Spirito del tuo Figlio,
facendo del suo comandamento nuovo
l’unica legge della vita.
PRIMA LETTURA (Es 22,20-26)
Se maltratterete la vedova e l’orfano, la mia ira si accenderà contro di voi.
Dal libro dell’Èsodo
Così dice il Signore:
«Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto.
Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani.
Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse.
Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 17)
Rit: Ti amo, Signore, mia forza.
Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore. Rit:
Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici. Rit:
Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato. Rit:
SECONDA LETTURA (1Ts 1,5-10)
Vi siete convertiti dagli idoli, per servire Dio e attendere il suo Figlio.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Fratelli, ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene.
E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedònia e dell’Acàia.
Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne.
Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.
Canto al Vangelo (Gv 14,23)
Alleluia, alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia.
VANGELO (Mt 22,34-40)
Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Preghiera sulle offerte
Guarda, Signore, i doni che ti presentiamo:
quest’offerta,
espressione del nostro servizio sacerdotale,
salga fino a te e renda gloria al tuo nome.
Per Cristo nostro Signore.
Antifona di comunione
Esulteremo per la tua salvezza e gioiremo nel nome
del Signore, nostro Dio. (Sal 20,6)
Oppure:
Cristo ci ha amati: per noi ha sacrificato se stesso,
offrendosi a Dio in sacrificio di soave profumo. (Ef 5,2)
Oppure:
“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore,
con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. (Mt 22,37)
Preghiera dopo la comunione
Signore, questo sacramento della nostra fede
compia in noi ciò che esprime
e ci ottenga il possesso delle realtà eterne,
che ora celebriamo nel mistero.
Lectio
“Gioisca il cuore di chi cerca il Signore…cercate sempre il suo volto”. L’antifona d’ingresso tratta dal Sal 104(105) ci introduce nel clima della liturgia di questa trentesima domenica del Tempo Ordinario, che potremmo definire come la gioia della ricerca. La nostra vita infatti è una ricerca, un continuo cercare ascoltando il desiderio più profondo che ci abita, senza scoraggiarsi di fronte agli ostacoli. La meta infatti è allettante e tanto bella: il volto di Dio, quel volto la cui nostalgia ci abita fin dal grembo materno e che cerchiamo per tutta la vita. Ed è di ricerca che le letture di questa domenica ci parlano, in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue insidie, alla quale il Signore non disdegna di dare orientamenti. Ma proviamo ad addentrarci con ordine nel tesoro che la Chiesa ci consegna.
Nella prima lettura tratta dal libro dell’Esodo, il Signore comincia a dare delle coordinate di grande importanza per incamminarci nella ricerca del suo volto, mettendo in evidenza fin da subito, fin dalla formazione del popolo eletto, che il suo volto coincide con il povero. Dio non si prende cura di chi è già pieno di sé e di beni, ma di coloro che sono mancanti, sia dei beni, sia di se stessi. Il volto del Dio di Gesù Cristo ha le sembianze dell’indigente, di colui che riconosce di essere nel bisogno. Anche la seconda lettura ci mostra come la comprensione del volto di Dio passa attraverso l’ascolto della Parola, che converte dagli idoli al vero Dio, ma è il Vangelo a darci le coordinate di questo cammino.
Il contesto evangelico è ancora di contestazione e di tensione, come nella scorsa domenica. L’evangelista Matteo ci mostra come Gesù sia sotto il mirino di chi vuole farlo fuori e la prima cosa di cui dobbiamo stupirci è la calma con cui affronta tutto questo. Ripensiamo a quanto sia difficile mantenere la calma quando si sa di essere al centro di un fuoco incrociato che attende soltanto un minimo cenno di cedimento per dare il colpo di grazia; ripensiamo a quanto sia forte la pressione dei pensieri che si affollano nella mente e prospettano scenari catastrofici; ripensiamo a quanto sia alta in noi la tensione da sentirci tirati come una corda pronta a saltare … e invece Gesù affronta tutto questo con una grandissima dignità, serenità, calma. Certo, la nostra prima risposta semplicistica e risolve in apparenza tutti i nostri interrogativi è: “Si, ma Lui è Dio e può tutto … Lui sa …!”. È naturale che sa, è vero che è Dio, ma s. Paolo ci dice con forza che non considera un tesoro geloso l’essere come Dio, ma se ne spoglia (cf. Fil 2,6) e la lettera agli Ebrei ci dice che imparò l’obbedienza dalle cose che patì (cf. Eb 5,8). La sua calma dunque, la sua capacità di reazione a tanta tensione non è frutto di poteri soprannaturali, ma di esperienza che accomuna ogni uomo. Gesù riesce a porsi con dignità e serenità di fronte agli attacchi, perché sa di essere amato di un amore più grande, sa di essere con il Padre, sa di poter contare sul suo amore e questo lo rende forte, di quella fortezza che ci spiazza. È anche una possibilità che abbiamo tutti noi come cristiani: noi siamo amati di un amore che ci avvolge, ci precede, ci custodisce ed è la certezza di questo amore che ci rende saldi e sereni.
Gesù dunque è nel pieno delle provocazioni fatte da tutte le classi del potere: domenica scorsa sono stati gli erodiani a metterlo alla prova, azzittiti magistralmente dall’esempio del tributo; la liturgia poi salta il discorso che Gesù fa con i sadducei (Mt 22,23-33) riguardo la questione della donna che aveva sposato uno dopo l'altro sette fratelli senza averne figli, e in questa domenica entrano in scena i farisei, che mandano avanti un dottore della legge, un teologo potremmo dire, culmine della messa in campo di tutte le forze per poterlo cogliere in contraddizione e così toglierlo di mezzo.
v.34-35: In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme, e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova.
Gesù, come abbiamo detto, era riuscito a vincere anche le cavillose argomentazioni dei sadducei, ma i farisei non si danno per vinti. Si radunano insieme e Il verbo usato è synago, dal quale viene il termine sinagoga. Si tratta forse di un accenno ironico al riunirsi dei giudei, per fare del male e non per ascoltare la Parola del Signore. L’intento infatti viene subito dichiarato: si interroga Gesù per metterlo alla prova. Manca un elemento essenziale per un dialogo ed è l’ascolto di quello che l’altro può donarmi, tipico di chi sa già come stanno le cose.
v.36: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
I farisei sapevano bene qual era il grande comandamento, perché da quand'erano nati avevano sempre sentito dire che il sabato - il terzo dei dieci, quello che parla della santificazione delle feste - era il più grande dei comandamenti. Così grande che anche Dio l'osservò. Ecco perché è un tranello: uno di quei tranelli dei quali loro erano artigiani impareggiabili nelle botteghe della loro religione e pensano così di poterla fare al Maestro di Nazaret in questo modo. Se Gesù non avesse voluto dare loro la soddisfazione di riconoscere il sabato - la formalità, l’apparenza, le frasi di circostanza, ciò che si vuol sempre sentirsi dire - avrebbe avuto l'imbarazzo della scelta: la legge antica, infatti, prevedeva 613 precetti: “365 negativi, corrispondenti al numero dei giorni dell’anno solare, e 248 positivi, corrispondenti al numero degli organi del corpo umano” (Talmud babilonese, Makkot 24a) sostituendo alla bellezza del volto di Dio Padre, un ferrato legalismo. Del resto anche noi conosciamo bene questo tipo di relazione con Dio, anche noi, in fondo, uomini e donne della nuova alleanza, pensiamo di poter ottenere il favore di Dio facendo delle cose, rispettando delle norme, rispettando scrupolosamente il nostro “Sabato”. Ma Gesù è il messia che parla con autorità inserendo un’inaudita novità.
v.37: Gli rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente".
«Dio è sempre una sorpresa, e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i luoghi e i tempi di quell'incontro» (Evangelii Gaudium): con questa risposta Gesù spiazza totalmente le attese farisaiche e lascia tutti a bocca aperta. Anche in questa scelta riconosciamo come l’unica cosa che gli sta a cuore è che chi ascolta sia messo nelle condizioni di cambiare totalmente il modo di considerare la relazione con Dio. Parte così dallo Shemà Israel, una preghiera tanto cara ai suoi interlocutori e li riporta sul piano vero: l’amore. Il verbo non è un imperativo, ma è al futuro ad indicare che è compito di tutta la vita, è cammino che mai si conclude, che durerà un’intera esistenza al termine della quale il volto dell’Amato si svela. “Amerai Dio con tutto, con tutto, con tutto.
Per tre volte Gesù ripete che l'unica misura dell'amore è amare senza misura” (E. Ronchi) ed è l’unico criterio che ci fa veri cristiani. Le specificazioni del cuore, della mente e delle forze dicono una totalità della persona che non può sfuggire: non si ama Dio solo con il sentimento e neppure solo con la ragione, ma la totalità di noi stessi e coinvolta senza sconti ne mezze misure, il nostro Dio è il Dio del tutto!
v.39: Il secondo poi è simile a quello: "Amerai il prossimo come te stesso".
Siamo al cuore del messaggio rivoluzionario: simile al grande comandamento è il comando di amare il prossimo, che è l’assoluta novità di Gesù. Tutta la straordinarietà della rivelazione si misura su questa affermazione che capovolge totalmente il modo di concepire la relazione con Dio e la pone su un piano incredibilmente possibile.
“Va detto con chiarezza: il rapporto con Dio è esposto al rischio dell’idolatria, perché se Dio è ridotto a un oggetto del nostro amore, se amiamo un’immagine di Dio che noi abbiamo plasmato, allora Dio è un idolo, non il Dio vivente che si è rivelato a noi!” (E. Bianchi): l’unico modo per evitare l’idolatria è allora la relazione fraterna con il mio prossimo, l’amore a colui che posso considerare il mio prossimo.
“Ma perché amare, e con tutto me stesso? Perché una scheggia di Dio, infuocata, è l'amore. Perché Dio-Amore è l'energia fondamentale del cosmo, amor che muove il sole e l'altre stelle, e amando entri nel motore caldo della vita, a fare le cose che Dio fa” (E. Ronchi). Il cammino di ricerca del volto di Dio trova allora in queste parole la grande bussola con cui orientarsi in ogni situazione che si incontra: solo passando al vaglio dell’amore del prossimo, siamo capaci di smascherare le idolatrie che ci abitano e che ci offuscano e ci colloca nella giusta direzione.
Non possiamo allora non chiederci: che volto ha il mio fratello e cosa provo per lui? Si, il mio fratello … quello che mi fa fatica guardare perché mi ha voltato le spalle, quello che incontro sporco per strada, quello che difficilmente vorrei perdonare … Dal volto del fratello che ho nel cuore, riconoscerò anche il volto di Dio che ho nel cuore e sarò capace di riprendere il cammino se me ne fossi allontanato.
Appendice
Dio ci domanda il cuore
Bene, fratelli miei, interrogate voi stessi, scuotete le celle interiori: osservate, e vedete bene se avete un po` di carità, e quel tanto che avrete trovato accrescete. Fate attenzione ad un tale tesoro, perché‚ siate ricchi dentro. Certamente, le altre cose che hanno un grande valore, vengono definite «care»; e non invano. Esaminate la consuetudine del vostro linguaggio: questa cosa è più cara di quella. Che vuol dire è più cara, se non che è più preziosa? Se si dice più cara, cos`è più prezioso; cos`è più caro della carità stessa, fratelli miei? Qual è, riteniamo, il suo valore? Da dove deriva il suo valore? Il valore del frumento: il tuo danaro, il valore di un fondo: il tuo argento; il valore di una gemma: il tuo oro; il valore della carità sei tu stesso. Tu chiedi peraltro di sapere come possedere il fondo, la gemma, il giumento; come comprare e tenere presso di te il fondo. Ma se vuoi avere la carità, cerca te e trova te. Hai paura infatti di darti per non consumarti? Anzi, se non ti doni, ti perdi. La stessa carità parla per bocca della Sapienza, e ti dice qualcosa perché‚ non ti spaventi quanto vien detto: Dona te stesso. Se uno infatti ti vuol vendere un fondo, ti dirà: Dammi il tuo oro; e chi ti vuol vendere qualcos`altro: Dammi il tuo danaro, o dammi il tuo argento. Ascolta ciò che ti dice la carità per bocca della Sapienza: "Dammi il tuo cuore, figlio mio" (Pr 23,26). «Dammi», dice: cosa? «Il tuo cuore, figlio mio». Era male quando era da te, quando ti apparteneva: infatti eri portato alle futilità ed agli amori lascivi e perniciosi. Toglilo di là. Dove lo porti? Dammi, egli dice, il tuo cuore. Sia per me, e non si perda per te. Osserva, infatti, cosa ti dice, allorché vuole rimettere in te qualcosa, perché‚ tu ami soprattutto te stesso: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente" (Mt 23,37; Dt 6,5). Cosa rimane del tuo cuore, per amare te stesso? Cosa della tua anima? E cosa della tua mente? Con tutto, egli dice. Tutto te stesso esige, colui che ti ha fatto.
Però, non esser triste quasi non ti resti nulla di che rallegrarti in te stesso. "Gioisca Israele", non in sé, "bensì in colui che lo ha fatto" (Sal 149,2)
"Il prossimo quanto deve essere amato?" Risponderei e direi: Se nulla mi rimasto, come mi amerò; poiché mi si ordina di amare con tutto il cuore, con tutta l`anima, con tutta la mente colui che mi ha fatto, in che modo mi si ordina il secondo precetto di amare il prossimo come me stesso? Il che è più che il dire di amare il prossimo con tutto il cuore, con tutta l`anima e con tutta la mente. In che modo? "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22,37.39). Dio con tutto me stesso: il prossimo come me. Come me, così te? Vuoi sentire come ti ami? Per questo ti ami, poiché ami Dio con tutto te stesso. Ritieni infatti di avanzare con Dio, perché ami Dio? E poiché ami Dio, si aggiunga qualcosa a Dio? E se non ami, avrai di meno? Quando ami, tu progredisci: lì tu sarai dove non perirai. Ma mi risponderai e dirai: Quando infatti non mi sono amato? Non ti amavi affatto, quando non amavi Dio che ti ha fatto. Anzi quando ti odiavi credevi di amarti. "Chi infatti ama l`iniquità, odia la sua anima" (Sal 10,6). (Agostino, Sermo 34, 7-8)
I due amori: Dio e il mondo
Vi sono due amori, dai quali derivano tutti i desideri, e questi sono così diversi per qualità, in quanto si distinguono per cause. L`anima razionale, infatti, che non può essere priva di amore, o ama Dio o ama il mondo. Nell`amore di Dio nulla è eccessivo, nell`amore del mondo, invece, tutto è dannoso. Per questo è necessario essere inseparabilmente attaccati ai beni eterni, e usare in maniera transitoria di quelli temporali, di modo che, per noi che siamo pellegrini e ci affrettiamo per tornare in patria, qualunque cosa ci tocchi delle fortune di questo mondo sia viatico per il viaggio e non attrattiva per il soggiorno. Per questo, il beato Apostolo così afferma: "Il tempo è breve. Rimane che quelli che hanno moglie vivano come se non l`avessero, quelli che piangono come se non piangessero, quelli che godono come se non godessero, quelli che comprano come se non possedessero, e quelli che usano di questo mondo come se non ne usassero: perché passa la scena di questo mondo (1Cor 7,29-31). Ma ciò che piace per aspetto, abbondanza, varietà, non viene facilmente evitato, a meno di non amare, nella stessa bellezza delle cose visibili, il Creatore piuttosto che la creatura. Quando infatti egli dice: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" (Mc 12,30), vuole che mai ci sciogliamo dai vincoli del suo amore. E quando con questo precetto del prossimo (cf.Mc 12,31ss) congiunge strettamente la carità, ci prescrive l`imitazione della sua bontà, affinché amiamo ciò che egli ama, e ci occupiamo di ciò di cui egli si occupa. Sebbene infatti siamo "il campo di Dio e l`edificio di Dio" (1Cor 3,9), e "ne chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere" (1Cor 3,7), tuttavia esige in tutto il servizio del nostro ministero, e vuole che siamo dispensatori dei suoi doni, affinché colui che porta "l`immagine di Dio" (cf. Gen 1,27), faccia la sua volontà. Per questo nella preghiera del Signore diciamo in maniera sacrosanta: "Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra" (Mt 6,10). Con tali parole cos`altro domandiamo, se non che Dio assoggetti chi non ha ancora assoggettato a sé, e, come [lo sono] in cielo gli angeli, così faccia ministri della sua volontà anche gli uomini sulla terra? Chiedendo dunque ciò, amiamo Dio e amiamo anche il prossimo, e in noi c`è non un amore diverso, ma unico, dal momento che desideriamo sia che il servo serva, sia che il padrone comandi.
Questo affetto dunque, o carissimi, dal quale escluso l`amore terreno, si rafforza con la consuetudine delle buone opere, poiché è necessario che la coscienza si rallegri nelle azioni rette, e volentieri ascolti ciò che gode di aver fatto. Si sceglie di fare digiuno, si custodisce la castità, si moltiplicano le elemosine, si prega incessantemente, ed ecco che il desiderio dei singoli diventa il voto di tutti. La fatica alimenta la pazienza, la mitezza spegne l`ira, la benevolenza si mette sotto i piedi l`invidia, le cupidigie umane sono uccise dai santi desideri, l`avarizia è scacciata dalla generosità, e le ricchezze che costituiscono un peso diventano strumenti di virtù. (Leone Magno, Tractatus, 90, 3-4)
Dio promette se stesso a chi lo ama
In effetti, non una qualsiasi cosa ti promette Dio, cioè qualcosa che non sia Dio stesso. Insomma, Dio non potrebbe saziarmi, se non promettendomi Dio stesso.
Cos`è l`intera terra? Cosa l`intero mare? O l`intero cielo? Cosa sono tutti gli astri? O il sole? Cosa la luna? Cosa le schiere stesse degli angeli? Più di tutti costoro, ho sete del Creatore: di lui stesso ho fame, di lui ho sete a lui dico: "Poiché presso di te è la fonte della vita" (Sal 35,10). E` lui che mi dice: "Io sono il pane disceso dal cielo" (Gv 6,41).
Brami dunque ed abbia sete il mio peregrinare, perché‚ si sazi la mia presenza. Il mondo gioisce di molte cose, belle, forti, varie: più bello è però colui che le ha fatte; più forte e luminoso è colui che le ha fatte; più soave è colui che le ha fatte. "Mi sazierò, quando si manifesterà la tua gloria" (Sal 16,15). Se perciò è in voi quella fede che opera per mezzo dell`amore, già vi annoverate tra i predestinati, tra i chiamati, tra i giustificati: quindi cresca in voi. La fede infatti che opera per mezzo dell`amore, non può sussistere senza la speranza. Ma quando saremo arrivati, allora sarà ancora con te la fede? Ci sarà forse detto: Credi? No, assolutamente. Allora, lo vedremo, lo contempleremo. (Agostino, Sermo 158, 7)
[…] La Parola del Signore, risuonata poc’anzi nel Vangelo, ci ha ricordato che tutta la Legge divina si riassume nell’amore. L’Evangelista Matteo racconta che i farisei, dopo che Gesù ebbe risposto ai sadducei chiudendo loro la bocca, si riunirono per metterlo alla prova (cfr 22,34-35). Uno di questi interlocutori, un dottore della legge, gli chiese: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?” (v. 36). Alla domanda, volutamente insidiosa, Gesù risponde con assoluta semplicità: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento» (vv. 37-38). In effetti, l’esigenza principale per ognuno di noi è che Dio sia presente nella nostra vita. Egli deve, come dice la Scrittura, penetrare tutti gli strati del nostro essere e riempirli completamente: il cuore deve sapere di Lui e lasciarsi toccare da Lui; e così anche l’anima, le energie del nostro volere e decidere, come pure l’intelligenza e il pensiero. E’ un poter dire come san Paolo: “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Subito dopo, Gesù aggiunge qualcosa che, in verità, non era stato richiesto dal dottore della legge: «Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (v. 39). Dichiarando che il secondo comandamento è simile al primo, Gesù lascia intendere che la carità verso il prossimo è importante quanto l’amore a Dio. Infatti, il segno visibile che il cristiano può mostrare per testimoniare al mondo l’amore di Dio è l’amore dei fratelli. Quanto provvidenziale risulta allora il fatto che proprio oggi la Chiesa indichi a tutti i suoi membri tre nuovi Santi che si sono lasciati trasformare dalla carità divina e ad essa hanno improntato l’intera loro esistenza. In diverse situazioni e con diversi carismi, essi hanno amato il Signore con tutto il cuore e il prossimo come se stessi «così da diventare modello per tutti i credenti» (1Ts 1,7). (Papa Benedetto XVI, Omelia del 23 ottobre 2011)
Fonte:http://figliedellachiesa.org
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