FIGLIE DELLA CHIESA,Lectio Darà in affitto la vigna ad altri contadini (Mt 21,33-43)

XXVII Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
Tutte le cose sono in tuo potere, Signore,

e nessuno può resistere al tuo volere.
Tu hai fatto tutte le cose, il cielo e la terra
e tutte le meraviglie che vi sono racchiuse;
tu sei il Signore di tutto l’universo. (Est 4,17b)

Colletta
O Dio, fonte di ogni bene,
che esaudisci le preghiere del tuo popolo
al di là di ogni desiderio e di ogni merito,
effondi su di noi la tua misericordia:
perdona ciò che la coscienza teme
e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.

Oppure:
Padre giusto e misericordioso,
che vegli incessantemente sulla tua Chiesa,
non abbandonare la vigna che la tua destra ha piantato:
continua a coltivarla
e ad arricchirla di scelti germogli,
perché innestata in Cristo, vera vite,
porti frutti abbondanti di vita eterna.

PRIMA LETTURA (Is 5,1-7)
La vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele.
Dal libro del profeta Isaìa

Voglio cantare per il mio diletto
il mio cantico d’amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
sopra un fertile colle.
Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato viti pregiate;
in mezzo vi aveva costruito una torre
e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva;
essa produsse, invece, acini acerbi.
E ora, abitanti di Gerusalemme
e uomini di Giuda,
siate voi giudici fra me e la mia vigna.
Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna
che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva,
essa ha prodotto acini acerbi?
Ora voglio farvi conoscere
ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe
e si trasformerà in pascolo;
demolirò il suo muro di cinta
e verrà calpestata.
La renderò un deserto,
non sarà potata né vangata
e vi cresceranno rovi e pruni;
alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.
Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti
è la casa d’Israele;
gli abitanti di Giuda
sono la sua piantagione preferita.
Egli si aspettava giustizia
ed ecco spargimento di sangue,
attendeva rettitudine
ed ecco grida di oppressi.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 79)
Rit: La vigna del Signore è la casa d’Israele.
Hai sradicato una vite dall’Egitto,
hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.
Ha esteso i suoi tralci fino al mare,
arrivavano al fiume i suoi germogli. Rit:

Perché hai aperto brecce nella sua cinta
e ne fa vendemmia ogni passante?
La devasta il cinghiale del bosco
e vi pascolano le bestie della campagna. Rit:

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. Rit:

Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,
fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Rit:

SECONDA LETTURA (Fil 4,6-9)
Mettete in pratica queste cose e il Dio della pace sarà con voi.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.
In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.
Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

Canto al Vangelo (Gv 15,16)
Alleluia, alleluia.
Io ho scelto voi, dice il Signore,
perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga.
Alleluia.

VANGELO (Mt 21,33-43)
Darà in affitto la vigna ad altri contadini.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

Preghiera sulle offerte
Accogli, Signore, il sacrificio
che tu stesso ci hai comandato d’offrirti
e, mentre esercitiamo il nostro ufficio sacerdotale,
compi in noi la tua opera di salvezza.

Antifona di comunione
Il Signore è buono con chi spera in lui,
con l’anima che lo cerca. (Lam 3,25)

Oppure:
Uno solo è il pane, e noi, pur essendo molti,
siamo un corpo solo, perché partecipiamo tutti dell’unico pane
e dell’unico calice. (cf. 1Cor 10,17)

Oppure:
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d’angolo. (Mt 21,42)
Preghiera dopo la comunione
La comunione a questo sacramento
sazi la nostra fame e sete di te, o Padre,
e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio.

Lectio
Sembra proprio che il Signore ci conosca bene: le parole che ispira a Paolo nella lettera ai Filippesi, non angustiatevi per nulla” sono le stesse che anche Gesù ebbe a dire a Marta “Marta, Marta tu ti affanni per troppe cose” (Lc 10,38) od agli Apostoli “non affannatevi per quello che mangerete o berrete… “(Mt 6,25 …).
Egli conosce i nostri punti deboli, sempre pronti a brontolare, a lamentaci perché le cose non ci vanno bene o non vanno come noi vorremmo ma, invece, poco attenti a “tutto ciò che è vero, nobile, giusto …” in poche parole viviamo spesso in modo superficiale, incapaci di compiere la scelta fondamentale della vita, cioè saper rispondere positivamente all’amore di Dio che ci cerca: è quanto viene denunciato nelle altre due letture della liturgia odierna, che sono due parabole sul tradimento del progetto di Dio da parte del suo popolo (E’ comunemente accettato dagli studiosi di considerare come parabola, sia pure in senso lato, anche il cantico della vigna di Isaia).
Nella prima si intrecciano due storie d’amore: quella del Signore, padrone della vigna, verso di essa, ma assieme, anche la storia dell’amore della persona che narra (il Profeta) nei confronti del padrone della vigna, infatti lo chiama il mio diletto; l’espressione usata ricorda da vicino quelle del Cantico dei cantici, quando l’amata parla del suo compagno.
La voce narrante viene comunemente identificata con quella dell’Amico dello Sposo: sappiamo che con questo termine presso il popolo ebraico, si indicava una figura ben precisa, che aveva una funzione ufficiale, vero intermediario nei rapporti tra lo sposo e la famiglia della sposa; ma, al di là degli aspetti burocratici, sentiamo nelle parole del profeta una grande tensione affettiva: la storia d’amore del Signore per la sua vigna e quella dell’amico dello Sposo verso il Signore stesso si intrecciano strettamente, il profeta vive lo stesso amore di Dio verso il suo popolo.
Non si tratta, però, di una storia d’amore a lieto fine, bensì di un amore tradito: si aspettava un’uva deliziosa e trova, invece, un frutto inselvatichito, immangiabile; tutte le sue premure, quasi commoventi per accuratezza ed insistenza, si sono rivelate inutili.
La parabola di Gesù ripropone, più o meno, la stessa situazione: la vigna coltivata da un Signore con affetto, con tenera premura ed attenzioni affettuose (la siepe, il frantoio, la torre) ed affidata con piena fiducia ai vignaioli, è destinata a deludere le aspettative di quel padrone innamorato. Anzi si aggiunge un elemento ulteriormente doloroso, quello della violenza omicida: i vignaioli vengono inebriati dallo stesso peccato di Adamo o dei costruttori della torre di Babele, quello di fare a meno di Dio, di sostituirsi a Lui, arrivando, perfino, ad uccidere l’erede per impadronirsi dell’eredità. E’ lo stesso peccato di noi uomini moderni e della nostra società tecnologica ed economica, che ha deciso di poter fare a meno di Dio e di tutto ciò che Lo riguarda, come le regole etiche ed i principi di solidarietà.
E’ un peccato che viene lasciato denunciare e condannare proprio dagli stessi ascoltatori, “abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda” in Isaia, “i principi dei sacerdoti e gli anziani del popolo”, nella parabola di Matteo: in tal modo sono proprio i responsabili del delitto ad esprimere la propria condanna; è un espediente narrativo non nuovo nella sacra Scrittura, pensiamo, ad esempio allo scontro fra il Profeta Natan ed il re Davide, dopo il tradimento di Uria e l’adulterio con Betsabea.
Ma ciò che più colpisce nelle due parabole sono le conseguenze del tradimento. Nel primo caso la vigna si guadagna l’indifferenza del suo Signore: togliere la siepe ed il muro di cinta equivale al non fornire più le sue premure ed attenzioni, per cui la vigna lasciata a sé è destinata ad una rapida rovina; vengono alla mente le parole del Salmo 104 “Se nascondi loro il volto, vengono meno; se togli il respiro, muoiono “(Sal 104, 28-29).
Analogamente, ma in maniera più forte, più pesante, nel Vangelo coloro che volevano usurpare l’eredità ne vengono completamente estraniati, allontanati.
Ancora una volta, come dicevano i saggi latini, l’uomo è “faber fortunae suae”, il vero responsabile della propria sorte; come dirà Gesù, il Figlio non condanna nessuno, ma è l’uomo stesso che può decidere la propria condanna “il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce.” (Gv. 3, 19 ).
Non c’è un Dio permaloso e vendicativo pronto a castigarci per la nostra infedeltà, ma è la nostra presuntuosa insipienza, che, allontanandoci da Lui, Principio di salvezza, crea le premesse della nostra perdizione.

Appendice
Parabola dei vignaioli omicidi
"Un uomo piantò una vigna" (Lc 20,9). Parecchi deducono diversi significati dal nome della vigna, ma è evidente che Isaia ha ricordato come la vigna del Signore di Sabaoth sia la casa d`Israele (cf.Is 5,7). Chi altro mai, se non Dio, ha creato questa vigna? E` dunque Lui che la diede in affitto e partì per andare lontano, non nel senso che il Signore si sia trasferito da un luogo all`altro, dato che Egli è sempre dappertutto, ma perché è più vicino a chi lo ama, ma sta lontano da chi lo trascura. Egli fu assente per lunghe stagioni, per evitare che la riscossione sembrasse prematura. Quanto più longanime la benevolenza, tanto più inescusabile la ostinatezza.
Per cui, secondo Matteo, giustamente trovi che "la circondò anche di una siepe" (Mt 21,33; Is 5,2), cioè la recinse munendola della protezione divina, affinché non fosse facilmente esposta agli assalti delle belve spirituali.
E al tempo dei frutti mandò i suoi poveri servi. E` giusto che abbia indicato il tempo dei frutti, non il raccolto, infatti dai Giudei non si ebbe alcun frutto, questa vigna non ha dato alcun raccolto, poiché di essa il Signore dice: "Attendevo che producesse uve, ma essa diede spine" (Is 5,2). Perciò i torchi traboccarono non di vino che rallegra, non di mosto spirituale, ma del sangue rosseggiante dei profeti. Del resto Geremia fu gettato in una cisterna (cf. Ger 38,6), di questa specie erano ormai i torchi dei Giudei, pieni non di vino ma di melma. E sebbene, come sembra, questa sia un`allusione generale ai profeti, tuttavia il passo ci permette di pensare che si tratti di quel ben noto Nabot (cf. 1Re 21,1-14), il quale fu lapidato: sebbene di lui non ci sia stata tramandata nessuna parola profetica, ci è stata però tramandata la sua storia profetica, poiché prenunziò col proprio sangue che molti sarebbero stati i martiri a favore di questa vigna. E chi è colui che viene colpito al capo? E` certamente Isaia, a cui una sega poté più facilmente tagliare in due le membra del corpo che non far vacillare la fede, o sminuir la costanza, o troncare il vigore dell`anima.
E ciò avvenne perché, quando ormai aveva designato tanti altri estranei, che i Giudei cacciarono senza onore e senza risultati, non essendo riusciti a cavarne nulla, per ultimo mandò anche il Figlio unigenito, e quei perfidi, mossi dalla bramosia di eliminarlo perché era l`erede, l`uccisero (cf. Lc 20,13ss) crocifiggendolo, lo respinsero rinnegandolo.
Quante cose, e quanto importanti, in così brevi tratti! Anzitutto questo: che la bontà è una dote di natura, e il più delle volte si fida di chi non lo merita; inoltre, che Cristo è venuto come estremo rimedio delle perversità; infine, che chi rinnega l`Erede, dispera del Creatore. E Cristo (cf. Eb 1,2) è al tempo stesso erede e testatore; erede, perché sopravvive alla propria morte e raccoglie nei progressi che facciamo direi come i frutti ereditari dei testamenti, ch`Egli stesso ha stabilito.
E` però opportuno che faccia domande agli interlocutori, affinché emettano da sé stessi la sentenza della propria condanna. E afferma che alla fine giungerà il padrone della vigna (cf. Lc 20,16), perché nel Figlio è anche presente la maestà del Padre, o anche perché negli ultimi tempi, più da vicino influirà dolcemente sugli affetti umani. Quindi coloro pronunciano contro sé stessi la sentenza, affermando che i cattivi devono andare in rovina e la vigna passare ad altri coloni ("ibid."). Consideriamo allora chi siano i coloni, e che cosa sia la vigna.
La vigna prefigura noi: il popolo di Dio, stabilito sulla radice della vite eterna (cf. Gv 15,1-6), sovrasta la terra e formando l`ornamento del suolo meschino, ora comincia a far sbocciare fiori splendenti come gemme, ora si riveste dei verdi germogli che l`avvolgono, ora accoglie su di sé un mite giogo (cf.Mt 11,29), quando è ormai cresciuto estendendo i suoi bracci ben cresciuti come tralci di una vite feconda. Il vignaiolo è senza alcun dubbio il Padre (cf. Gv 15,1) onnipotente, la vite è Cristo, e noi siamo i tralci (cf. Gv 15,5): ma se non portiamo frutto in Cristo veniamo recisi (cf. Gv 15,2) dalla falce del coltivatore eterno. Perciò è esatto che il popolo sia chiamato la vigna di Cristo, sia perché sulla sua fronte vien posto come ornamento il segno della croce, sia perché si raccoglie il suo frutto durante l`ultima stagione dell`anno, sia perché allo stesso modo che avviene per tutti i filari della vigna, così nella Chiesa di Dio uguale è la misura, e non vi è alcuna differenza tra poveri e ricchi, tra umili e potenti, tra schiavi e padroni (cf. Col 3,25; Ef 6,8s). Come la vite si sposa agli alberi, così il corpo si congiunge all`anima, e anche l`anima al corpo. Come il vigneto sta ritto quand`è legato insieme, e, se viene potato, non s`impoverisce ma diventa più rigoglioso, così la santa plebe quand`è legata è resa libera, quand`è umiliata si innalza, quand`è recisa riceve la corona. E, persino, come il tenero virgulto staccato dall`antico albero viene innestato nella fecondità di una nuova radice, così questo popolo santo, quando ha rimarginato i tagli dell`antico virgulto, si sviluppa perché è tenuto al sicuro dentro quel legno della croce come nel grembo di una madre affettuosa; e lo Spirito Santo, come se discendesse giù nelle buche profonde del terreno, riversandosi nel carcere di questo corpo, lava via il fetidume con la corrente dell`acqua che salva, e solleva le abitudini delle nostre membra all`altezza della disciplina celeste.
Questa è la vigna che il premuroso vignaiolo è solito zappare aggiogare insieme, potare; egli, sgombrando i pesanti mucchi di terra, ora espone al sole cocente, ora fa intridere alla pioggia le miserie nascoste del nostro corpo, e suole sbarazzare dagli sterpi il terreno coltivabile per evitare che le gemme siano guaste dai rovi, o l`ombra del fogliame lussureggiante sia troppo densa o lo sfoggio infecondo delle parole, aduggiando le virtù, impedisca che la caratteristica della sua natura giunga a maturazione. Ma guardiamoci bene dal temere qualsiasi danno a questa vigna, che il custode sempre desto del Salvatore ha circondato col muro della vita eterna contro tutte le lusinghe della malizia mondana.
Salve, vigna meritevole di un custode così grande: ti ha consacrato non il sangue del solo Nabot (cf. 1Re 21,13) ma quello di innumerevoli profeti, e anzi quello, tanto più prezioso, versato dal Signore. È bensì vero che colui, senza farsi atterrire dalle minacce di un re, non soffocò la costanza con la paura né, allettato da ricchissime ricompense, barattò il suo sentimento religioso ma, opponendosi al desiderio del tiranno, perché l`erba della malva non si seminasse nei suoi orticelli al posto delle viti recise, contenne col proprio sangue, non potendo fare altro, le fiamme preparate per le proprie viti; ma egli difendeva pur sempre una vigna (cf. 1Re 21,2) materiale; invece tu per noi sei stata piantata per l`eternità con lo sterminio di tanti martiri, e la croce degli apostoli, emulando la passione del Signore, ti ha diffusa fino ai confini del mondo. (Ambrogio, In Luc. 9, 23-30.33)

Il prezzo della nostra redenzione
Il Creatore dell`universo e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo tra gli uomini, la sua Verità, la sua Parola santa e incomprensibile, e la stabilì nei loro cuori. E lo fece non mandando - come si poteva pensare - qualche suo servo, o angelo, o principe preposto al governo sulla terra, o all`amministrazione in cielo, ma mandando lo stesso Artefice e Fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e le cui leggi misteriose sono fedelmente custodite da tutti gli elementi. Da lui, infatti, ebbe il sole la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna - quando splende nella notte - e le stelle - quando le fanno corteo nel suo viaggio, - da lui tutto fu stabilito, disposto, ordinato: il cielo e gli esseri celesti, la terra e le creature terrestri, il mare e gli animali marini, il fuoco, l`aria, l`abisso, quello che sta in alto, quello che è nel profondo e quello che sta nel mezzo (cf. 1Cor 15,27-28; Ef 1,22; Fil 3,21; Eb 2,8). Costui Iddio mandò!
Qualcuno potrebbe pensare: lo inviò per tiranneggiare o spaventare o colpire gli uomini. No davvero! Lo inviò con mitezza e con bontà come un re manda suo figlio (cf. Mt 21,37); lo inviò come Dio e come uomo fra gli uomini; e fece questo per salvare, per persuadere, non per violentare; a Dio non conviene la violenza! Lo inviò per chiamare, non per castigare, lo inviò per amare, non per giudicare. Lo invierà, sí, un giorno, a giudicare: e chi potrà allora sostenere la sua presenza? (cf. Ml 3,2). (Epist. ad Diogn. 7)

Dio non ha bisogno dell`uomo
Neppure all`inizio avvenne che Dio modellasse Adamo perché avesse bisogno dell`uomo, bensì per avere qualcuno in cui posare i suoi benefici. Poiché non solo prima di Adamo, ma prima di tutta la creazione, il Verbo glorificava il Padre, rimanendo in lui ed era glorificato dal Padre, come egli stesso dice: "Padre, glorificami con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse" (Gv 17,5). E non fu neppure perché avesse bisogno del nostro servizio che egli ordinò di seguirlo, bensì per procurare a noi stessi la salvezza. Infatti, seguire il Signore significa aver parte alla salvezza, così come seguire la luce è prender parte alla luce. Quando gli uomini sono nella luce, non sono essi che illuminano la luce e la fanno risplendere, ma sono illuminati e resi splendenti da essa: lungi dall`apportarle alcunché, beneficiano della luce e ne sono illuminati. Così avviene del servizio verso Dio: esso non apporta nulla a Dio, perché Dio non ha bisogno del servizio degli uomini; ma, a coloro che lo servono, Dio procura la vita, l`incorruttibilità e la gloria eterna. Egli accorda i suoi benefici a coloro che lo servono, perché lo servono, e a quelli che lo seguono, perché lo seguono; ma egli non riceve da loro nessun beneficio, poiché egli è perfetto e senza necessità. Se Dio sollecita il servizio degli uomini, è per poter, egli che è buono e misericordioso, accordare i propri benefici a coloro che perseverano nel suo servizio. Infatti, come Dio non ha bisogno di nulla, del pari l`uomo ha bisogno della comunione di Dio. Infatti la gloria dell`uomo sta nel perseverare nel servizio di Dio. Ecco perché il Signore diceva ai suoi discepoli: "Non siete voi che avete scelto me, ma io che ho scelto voi" (Gv 15,16), indicando con ciò che non erano essi che lo glorificavano seguendolo, bensì che, per aver seguito il Figlio di Dio, erano essi glorificati da lui. E ancora: "Voglio che là, dove sono io, siano anch`essi, perché vedano la mia gloria" (Gv 17,24): nessuna vanteria in questo, ma volontà di render partecipi i discepoli della sua gloria. E` di essi che parlava il profeta Isaia: "Dall`oriente adunerò la tua posterità e dall`occidente ti raccoglierò. Dirò all`aquilone: Restituiscili! e al vento di mezzogiorno: Non trattenerli! Aduna i miei figli dai paesi lontani e le mie figlie dalle estremità della terra quelli che portano il mio nome, poiché è per la mia gloria che ho preparato, che ho modellato e ho fatto" (Is 43,5-7). E tutto questo perché: "là dov`è il cadavere, ivi si raduneranno gli avvoltoi" (Mt 24,28), partecipando alla gloria del Signore che li ha modellati e preparati precisamente perché, stando con lui, partecipino della sua gloria. (Ireneo di Lione, Adv. Haer. IV, 14, 1)

Cari fratelli e sorelle!
Il Vangelo di questa domenica si chiude con un monito di Gesù, particolarmente severo, rivolto ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: “A voi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato ad un popolo che ne produca i frutti” (Mt 21,43). Sono parole che fanno pensare alla grande responsabilità di chi, in ogni epoca, è chiamato a lavorare nella vigna del Signore, specialmente con ruolo di autorità, e spingono a rinnovare la piena fedeltà a Cristo. Egli è “la pietra che i costruttori hanno scartato” (cfr Mt 21,42), perché l’hanno giudicato nemico della legge e pericoloso per l’ordine pubblico; ma Lui stesso, rifiutato e crocifisso, è risorto, diventando la “pietra d’angolo” su cui possono poggiare con assoluta sicurezza le fondamenta di ogni esistenza umana e del mondo intero. Di tale verità parla la parabola dei vignaioli infedeli, ai quali un uomo ha affidato la propria vigna, perché la coltivino e ne raccolgano i frutti. Il proprietario della vigna rappresenta Dio stesso, mentre la vigna simboleggia il suo popolo, come pure la vita che Egli ci dona affinché, con la sua grazia e il nostro impegno, operiamo il bene. Sant’Agostino commenta che “Dio ci coltiva come un campo per renderci migliori” (Sermo 87, 1, 2: PL 38, 531). Dio ha un progetto per i suoi amici, ma purtroppo la risposta dell’uomo è spesso orientata all’infedeltà, che si traduce in rifiuto. L’orgoglio e l’egoismo impediscono di riconoscere e di accogliere persino il dono più prezioso di Dio: il suo Figlio unigenito. Quando, infatti, “mandò loro il proprio figlio – scrive l’evangelista Matteo – … [i vignaioli] lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero” (Mt 21,37.39). Dio consegna se stesso nelle nostre mani, accetta di farsi mistero insondabile di debolezza e manifesta la sua onnipotenza nella fedeltà ad un disegno d’amore che, alla fine, prevede però anche la giusta punizione per i malvagi (cfr Mt 21,41).
Saldamente ancorati nella fede alla pietra angolare che è Cristo, rimaniamo in Lui come il tralcio che non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite. Solamente in Lui, per Lui e con Lui si edifica la Chiesa, popolo della nuova Alleanza. Ha scritto in proposito il Servo di Dio Papa Paolo VI: “Il primo frutto dell’approfondita coscienza della Chiesa su se stessa è la rinnovata scoperta del suo vitale rapporto con Cristo. Notissima cosa, ma fondamentale, indispensabile, ma non mai abbastanza conosciuta, meditata, celebrata” (Enc. Ecclesiam suam, 6 agosto 1964: AAS 56 [1964], 622). (Papa Benedetto XVI, Angelus del 2 ottobre 2011)
Fonte:http://figliedellachiesa.org

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