FIGLIE DELLA CHIESA,Lectio Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze (Mt 22,1-14)
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
Se consideri le nostre colpe, Signore,
chi potrà resistere?
Ma presso di te è il perdono,
o Dio di Israele. (Sal 130,3-4)
Colletta
Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia,
Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Oppure:
O Padre,
che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio,
donaci la sapienza del tuo Spirito,
perché possiamo testimoniare
qual è la speranza della nostra chiamata,
e nessun uomo
abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna
o a entrarvi senza l’abito nuziale.
PRIMA LETTURA (Is 25,6-10a)
Il Signore preparerà un banchetto, e asciugherà le lacrime su ogni volto.
Dal libro del profeta Isaìa
Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande,
un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto,
l’ignominia del suo popolo
farà scomparire da tutta la terra,
poiché il Signore ha parlato.
E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.
Questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza,
poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 22)
Rit: Abiterò per sempre nella casa del Signore.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia. Rit:
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza. Rit:
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca. Rit:
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni. Rit:
SECONDA LETTURA (Fil 4,12-14.19-20)
Tutto posso in colui che mi dà forza.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni.
Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù.
Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Canto al Vangelo (Ef 1,17-18)
Alleluia, alleluia.
Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia.
VANGELO (Mt 22,1-14)
Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Preghiera sulle offerte
Accogli, Signore, le nostre offerte e preghiere,
e fa’ che questo santo sacrificio,
espressione perfetta della nostra fede,
ci apra il passaggio alla gloria del cielo.
Per Cristo nostro Signore.
Antifona di comunione
I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla. (Sal 34,11)
Oppure:
Quando il Signore si manifesterà, saremo simili a lui,
perché lo vedremo così come egli è. (1Gv 3,2)
Oppure:
“Il regno dei cieli è simile a un re
che fece un banchetto di nozze per suo figlio”. (Mt 22,2)
Preghiera dopo la comunione
Padre santo e misericordioso,
che ci hai nutriti con il corpo e sangue del tuo Figlio,
per questa partecipazione al suo sacrificio
donaci di comunicare alla sua stessa vita.
Lectio
Le letture della liturgia odierna si ricollegano abbastanza direttamente a quelle della scorsa domenica: lì, nel cantico della vigna di Isaia e nella parabola dei vignaioli omicidi di Matteo si rinfacciava all’uomo la scarsa capacità di essere fedele alle chiamate di Dio e si profilava per questo il peggior castigo: l’attenzione di Dio si sarebbe scostata dal popolo di Israele e si sarebbe rivolta altrove. Nelle letture di oggi sentiamo la conferma di un destino magnifico per i giusti (Isaia), ma ancora una volta viene stigmatizzata la scarsa fedeltà dell’uomo a Dio ed annunciate le conseguenze di essa.
La prima lettura è tratta dalla cosiddetta “Grande Apocalisse di Isaia” è un testo che strutturalmente è contenuto nel I° Isaia, ma per le caratteristiche stilistiche viene abbastanza concordemente attribuito ad un autore diverso (secondo alcuni autori allo stesso DeuteroIsaia.)
Nel brano che abbiamo letto viene descritto il magnifico destino che spetta (ai soli giusti, a quel resto di Israele che potrà sfuggire alle distruzioni descritte nel testo subito prima): è un’immagine allettante del Ultimo Giorno, un banchetto eccezionale per la quantità e la qualità delle pietanze e bevande, ma soprattutto, un premio spirituale, quale l’illuminazione interiore, che spezzerà l’ignoranza umana e l’abolizione della morte e con essa di ogni lutto e dolore. E’ proprio il caso di restarne entusiasmati e di erompere in un canto di ringraziamento a questo Dio Misericordioso e Fedele.
La immensa fedeltà di Dio è il vero fondamento della fiducia piena ed affettuosa che permette all’uomo di vivere sicuro e tranquillo, come poeticamente ci ricorda in ogni suo passo il salmo responsoriale “Il Signore è il mio Pastore”.
E’ la stessa certezza che porta anche Paolo a dire, nella seconda lettura, dalla lettera ai Filippesi, “tutto posso in colui che mi dà forza”: solo la fede nella presenza del Signore gli permette di saper essere povero coi poveri e ricco coi ricchi (anche se poi si fa un dovere di riconoscere l’utilità degli aiuti ricevuti dagli amati Filippesi).
Nella parabola si riprende il tema di domenica scorsa; anche cronologicamente, le due parabole sono consecutive nel vangelo di Matteo, collocate negli ultimi giorni di attività di Gesù, prima della sua Passione e Morte in Gerusalemme. Il tema è quello della chiamata del Signore, non corrisposta dal popolo di Israele, ma qui, se possibile, i toni si colorano di maggiore tensione emotiva, perché qui il Signore viene colpito nella stessa sfera personale, le nozze del Figlio prediletto: quale affronto più grande verso un Re, ignorare la festa di matrimonio del Figlio!
Più o meno la stessa parabola viene raccontata anche da Luca, che, però la colloca in un periodo precedente dell’attività di Gesù, e pare soprattutto intento a discriminare le varie motivazioni addotte dagli invitati per rifiutare l’invito ed il tono emotivo è sicuramente inferiore; in Matteo, oltre a tutto, all’insensibilità degli invitati si aggiunge, come nella parabola dei vignaioli omicidi, la loro protervia e violenza!
C’è un altro importante elemento di dissociazione rispetto al racconto di Luca. In entrambe i casi gli invitati indisponibili sono sostituiti da altri raccogliticci, presi dai servi a caso, data l’urgenza del comando di riempire il palazzo del padrone; Matteo ci tiene ad aggiungere che fra essi ci sono sia buoni che cattivi, quasi a voler escludere completamente qualsiasi merito personale alla radice della nostra chiamata. Ma nel racconto di Matteo viene aggiunto un altro episodio imprevedibile e sconcertante: uno di questi nuovi invitati si aggira per il palazzo del Re senza indossare la veste nuziale e, per questo, viene subito cacciato in malo modo. Ma come pretendere che un poveraccio, pescato all’ultimo momento ad un crocicchio fosse fornito dell’abito nuziale? Una risposta sembrerebbe provenire dalle antiche usanze orientali (forse confermate anche da recenti scoperte archeologiche): ci sarebbe stata l’usanza, nelle case dei più ricchi, di donare a tutti gli invitati un abito da indossare per la festa; esserne privo era frutto di una propria trascuratezza, superficialità e scarso rispetto, perciò si giustificherebbe bene l’ira del Signore.
Una simile interpretazione potrebbe portarci, però, ad identificare il significato dell’abito nuziale in senso moralistico: l’abito richiesto sarebbe il comportamento etico, le nostre opere buone e ciò non mi sembra troppo in accordo con quanto, in generale, ci insegna il vangelo.
Una risposta migliore potrebbe provenire dalle parole di san Paolo in Gal.3,27 quando scrive “vi siete rivestiti di Cristo”. Entrando nella sala del banchetto di nozze, “vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo.” L’abito da cerimonia, che ci viene richiesto, è proprio questa capacità di rivestirsi di Cristo, di aprirsi totalmente e fedelmente all’opera dello Spirito Santo.
Non è che, per il solo fatto rituale dell’essere battezzati, i Cristiani della comunità di Matteo potessero automaticamente ritenersi certi di entrare nel Banchetto delle Nozze; e così è anche per noi, oggi: dobbiamo ogni giorno conquistare la speranza della salvezza, attraverso, la capacità di convertirci continuamente, di rinnovare ogni momento il SI fiducioso a Dio che ci chiama.
Appendice
Gli inviti di Dio
"Il regno dei cieli è simile a un re che fece le nozze per suo figlio" (Mt 22,2).
Dio Padre fece le nozze per Dio Figlio quando lo congiunse alla natura umana nel grembo della Vergine ... Mandò dunque i suoi servi perché invitassero gli amici a queste nozze. Li mandò una volta, e li mandò di nuovo perché fece diventare predicatori dell`incarnazione del Signore prima i profeti, poi gli apostoli. Due volte, dunque, mandò i servi a invitare, infatti, per mezzo dei profeti disse che ci sarebbe stata l`incarnazione dell`Unigenito, e poi per mezzo degli apostoli disse che essa era avvenuta. Ma siccome quelli che erano stati invitati per primi al banchetto di nozze non vollero venire, nel secondo invito si dice: Ecco, ho preparato il mio pranzo, i miei buoi e i miei animali ingrassati sono stati macellati, e tutto è pronto (Mt 22,4).
E (il Vangelo) continua: "Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari" (Mt 22,5). Andare nel proprio campo è darsi smodatamente alle fatiche terrene; andare ai propri affari è cercare con ogni cura guadagni mondani. Poiché chi è intento alle fatiche terrene e chi è dedito alle azioni di questo mondo finge di non pensare al mistero dell’incarnazione del Signore e di non vivere secondo esso, si rifiuta di venire alle nozze del re come uno che va al campo o agli affari. Spesso anche - e ciò è più grave - alcuni non solo respingono la grazia di colui che chiama, ma la perseguitano. Per questo (il Vangelo) soggiunge: "Altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re, venendo a sapere queste cose, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città (Mt 22,6-7). Uccise gli assassini, perché fece perire i persecutori. Diede alle fiamme la loro città, perché nella fiamma dell`eterna geenna è tormentata non solo la loro anima, ma anche la carne nella quale abitarono.
Ma questi che vede disprezzato il suo invito, non vedrà deserte le nozze del figlio suo. Egli manda a chiamare altri, perché anche se la parola di Dio fatica a trovare accoglienza presso alcuni, tuttavia troverà dove riposare. Per questo (il Vangelo) soggiunge "Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora alle uscite delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze" (Mt 22,8-9). Se nella Sacra Scrittura intendiamo «strade» come «opere», comprendiamo che «uscite delle strade» significano «mancanza di opere», poiché molte volte giungono facilmente a Dio coloro che non godono i favori della fortuna nelle opere terrene. E prosegue: Usciti nelle strade, i servi raccolsero quanti ne trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali (Mt 22,10).
Ecco che con la stessa qualità dei commensali è detto chiaramente che in queste nozze del re è raffigurata la Chiesa del tempo presente, nella quale si riuniscono insieme ai buoni anche i cattivi. Essa è composta da figli diversi; tutti infatti li genera alla fede, ma non tutti, con un cambiamento di vita, li conduce alla libertà della grazia spirituale, per l`impedimento posto dal peccato. Finché viviamo quaggiù, è necessario che ce ne andiamo mescolati per la via del secolo presente. Saremo separati quando saremo giunti. I soli buoni, infatti, saranno in cielo, e i soli cattivi saranno all`inferno. Ora questa vita che è posta fra il cielo e l`inferno, per il fatto che è in posizione intermedia riceve cittadini da entrambe le parti; tuttavia quelli che ora la santa Chiesa riceve promiscuamente, alla fine del mondo li dividerà. Se dunque siete buoni, mentre restate in questa vita, sopportate pazientemente i cattivi. Infatti chi non sopporta i cattivi, attesta a se stesso di non essere buono a motivo della sua impazienza...
Ma poiché, o fratelli, con la grazia di Dio, siete già entrati nella sala del convito nuziale, cioè nella santa Chiesa, guardate bene che, entrando, il re non abbia a rimproverare nulla nell`abito dell`anima vostra. Infatti bisogna pensare con un grande batticuore a ciò che segue subito dopo: "Il re entrò per vedere i commensali, e vide là un tale che non indossava l`abito nuziale" (Mt 22,11). Quale pensiamo, fratelli carissimi, che sia il significato della veste nuziale? Se diciamo che la veste nuziale significa il battesimo o la fede, chi mai è andato a queste nozze senza il battesimo e la fede? E` escluso infatti chi ancora non ha la fede. Cosa dunque dobbiamo intendere per la veste nuziale, se non la carità? Entra alle nozze, ma senza la veste nuziale, chi facendo parte della santa Chiesa ha la fede, ma non ha la carità. Giustamente si dice che la carità è la veste nuziale, perché il nostro Redentore era vestito di essa quando venne alle nozze per congiungere a sé la Chiesa. Fu per solo amore di Dio che il suo Unigenito unì a sé le anime degli eletti. Per questo Giovanni dice: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito per noi" (Gv 3,16). Pertanto, Colui che venne agli uomini per la carità, ci svela che questa stessa carità è la veste nuziale. Ognuno di voi che vive nella Chiesa e crede in Dio, è già entrato al banchetto nuziale; ma è venuto senza la veste nuziale se non custodisce la grazia della carità...
Chiunque, essendo commensale alle nozze, non ha questa (veste), sia pieno di ansia e di paura quando, all`arrivo del re, verrà gettato fuori. Ecco infatti come vien detto: "Il re entrò per vedere i commensali e vide là un tale che non indossava l`abito nuziale". Noi, fratelli carissimi, siamo quelli che sono commensali alle nozze del Verbo, avendo già la fede della Chiesa, nutrendoci al banchetto della Sacra Scrittura e godendo che la Chiesa sia unita con Dio. Considerate, vi prego, se siete venuti a queste nozze con la veste nuziale, esaminate attentamente i vostri pensieri. Soppesate i vostri cuori nei particolari, se non avete odio contro nessuno, se nessuna invidia vi infiamma contro la felicità altrui, se non vi studiate di danneggiare nessuno con occulta malizia.
Ecco che il re entra nella sala delle nozze e osserva la veste del nostro cuore, e a chi non trova rivestito di carità subito dice adirato: "Amico, come hai potuto entrare qui senz`abito nuziale?" (Mt 22,12). E` cosa degna di nota, fratelli carissimi, il fatto che chiama costui amico e tuttavia lo condanna, come se lo chiamasse amico e nemico allo stesso tempo: amico per la fede, nemico nelle opere. "Ed egli ammutolì (ibid.)", cioè - e non se ne può parlare senza dolore - nell`ultimo severo giudizio verrà a mancare ogni possibilità di scusa, perché Colui che rimprovera dall`esterno sarà anche voce della coscienza che accusa l`anima dall`interno...
Coloro pertanto che ora si lasciano spontaneamente legare dal vizio, allora saranno controvoglia legati dai tormenti. E` giusto poi dire che saranno gettati nelle tenebre esteriori. Noi chiamiamo tenebra interiore la cecità del cuore, e (chiamiamo) invece tenebra esteriore la notte eterna della dannazione. Ogni dannato dunque non viene mandato nelle tenebre interiori ma in quelle esteriori, poiché è gettato controvoglia nella notte della dannazione colui che volontariamente cade nella cecità del cuore. Si dice anche che là sarà pianto e stridor di denti, sì che stridano là i denti di coloro che qui godevano nella voracità, e piangano là gli occhi di coloro che qui si davano a concupiscenze illecite; e così saranno sottoposte a tormenti tutte quelle membra che qui servirono a qualche vizio.
Subito dopo che è stato espulso costui, nel quale è raffigurata tutta la schiera dei malvagi, viene una sentenza generale, che dice: "Molti sono chiamati, ma pochi eletti" (Mt 20,16). E` tremendo, fratelli carissimi, ciò che abbiamo ascoltato! Ecco che noi, chiamati per mezzo della fede, siamo già venuti alle nozze de] re celeste, crediamo e professiamo il mistero della sua incarnazione, ci nutriamo con il cibo del Verbo divino, ma il re deve ancora venire a giudicare. Sappiamo che siamo stati chiamati: non sappiamo però se saremo eletti. Sicché è necessario che tanto più ciascuno di noi si abbassi nell`umiltà in quanto non sa se sarà eletto. Alcuni infatti nemmeno iniziano a fare il bene, altri non perseverano affatto nel bene che avevano iniziato a fare. Uno è stato visto condurre quasi tutta la vita nel peccato, ma verso la fine di essa si converte dal suo peccato attraverso i lamenti di una rigorosa penitenza; un altro sembra condurre già una vita da eletto, e tuttavia verso la fine della sua esistenza gli capita di cadere nella nequizia dell`errore. Uno comincia bene e finisce meglio; un altro si dà alle male azioni fin da piccolo e finisce nelle medesime dopo essere diventato sempre peggiore. Tanto piú ciascuno deve temere con sollecitudine, quanto più ignora ciò che lo aspetta, poiché - bisogna dirlo spesso e non dimenticarselo mai - "molti sono chiamati, ma pochi eletti". (Gregorio Magno, Hom. 38, 3.5-7.9.11-14)
La veste nuziale
"Ed entrato il re a vedere i commensali, scorse un uomo che non era in abito da nozze e gli disse: «Amico, come sei entrato qua, senza avere l`abito da nozze?». Costui ammutolì" (Mt 22,11-12). Gl`invitati alle nozze, raccolti lungo le siepi e negli angoli, nelle piazze e nei luoghi più diversi, avevano riempito la sala del banchetto reale. Ma poi, venuto il re per vedere i commensali riuniti alla sua tavola, cioè, in un certo senso, pacificati nella sua fede (come nel giorno del giudizio verrà a vedere i convitati per distinguere i meriti di ciascuno), trovò uno che non indossava l`abito nuziale. In quest`uno son compresi tutti coloro che sono solidali nel compiere il male. La veste nuziale sono i precetti del Signore e le opere che si compiono nello spirito della Legge e del Vangelo. Essi sono l`abito dell`uomo nuovo. Se qualcuno che porta il nome di cristiano, nel momento del giudizio sarà trovato senza l`abito di nozze, cioè l`abito dell`uomo celeste, e indosserà invece l`abito macchiato, ossia l`abito dell`uomo vecchio, costui sarà immediatamente ripreso e gli verrà detto: «Amico, come sei entrato?». Lo chiama amico perché è uno degli invitati alle nozze, e rimprovera la sua sfrontatezza perché col suo abito immondo ha contaminato la purezza delle nozze. «Costui ammutolì», dice Gesù. In quel momento infatti non sarà più possibile pentirsi, né sarà possibile negare la colpa, in quanto gli angeli e il mondo stesso saranno testimoni del nostro peccato.
"Allora il re disse ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nel buio; ivi sarà pianto e stridor di denti»" (Mt 22,13). L`esser legato mani e piedi, il pianto, lo stridore di denti, son tutte cose che stanno a dimostrare la verità della risurrezione. Oppure, gli vengono legati le mani e i piedi perché desista dall`operare il male e dal correre a versare sangue. Nel pianto e nello stridor di denti si manifesta metaforicamente la gravità dei tormenti. (Girolamo, In Matth. III, 22, 8-11)
Cari fratelli e sorelle, buongiorno
nel Vangelo di questa domenica, Gesù ci parla della risposta che viene data all’invito di Dio - rappresentato da un re - a partecipare ad un banchetto di nozze (cfr Mt 22,1-14). L’invito ha tre caratteristiche: la gratuità, la larghezza, l’universalità. Gli invitati sono tanti, ma avviene qualcosa di sorprendente: nessuno dei prescelti accetta di prendere parte alla festa, dicono che hanno altro da fare; anzi alcuni mostrano indifferenza, estraneità, perfino fastidio. Dio è buono verso di noi, ci offre gratuitamente la sua amicizia, ci offre gratuitamente la sua gioia, la salvezza, ma tante volte non accogliamo i suoi doni, mettiamo al primo posto le nostre preoccupazioni materiali, i nostri interessi e anche quando il Signore ci chiama, tante volte sembra che ci dia fastidio.
Alcuni invitati addirittura maltrattano e uccidono i servi che recapitano l’invito. Ma, nonostante le mancate adesioni dei chiamati, il progetto di Dio non si interrompe. Di fronte al rifiuto dei primi invitati Egli non si scoraggia, non sospende la festa, ma ripropone l’invito allargandolo oltre ogni ragionevole limite e manda i suoi servi nelle piazze e ai crocicchi delle strade a radunare tutti quelli che trovano. Si tratta di gente qualunque, poveri, abbandonati e diseredati, addirittura buoni e cattivi – anche i cattivi sono invitati – senza distinzione. E la sala si riempie di “esclusi”. Il Vangelo, respinto da qualcuno, trova un’accoglienza inaspettata in tanti altri cuori.
La bontà di Dio non ha confini e non discrimina nessuno: per questo il banchetto dei doni del Signore è universale, per tutti. A tutti è data la possibilità di rispondere al suo invito, alla sua chiamata; nessuno ha il diritto di sentirsi privilegiato o di rivendicare un’esclusiva. Tutto questo ci induce a vincere l’abitudine di collocarci comodamente al centro, come facevano i capi dei sacerdoti e i farisei. Questo non si deve fare; noi dobbiamo aprirci alle periferie, riconoscendo che anche chi sta ai margini, addirittura colui che è rigettato e disprezzato dalla società è oggetto della generosità di Dio. Tutti siamo chiamati a non ridurre il Regno di Dio nei confini della “chiesetta” – la nostra “chiesetta piccoletta” – ma a dilatare la Chiesa alle dimensioni del Regno di Dio. Soltanto, c’è una condizione: indossare l’abito nuziale cioè testimoniare la carità verso Dio e verso il prossimo. (Papa Francesco, Angelus del 12 ottobre 2014)
Antifona d'ingresso
Se consideri le nostre colpe, Signore,
chi potrà resistere?
Ma presso di te è il perdono,
o Dio di Israele. (Sal 130,3-4)
Colletta
Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia,
Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Oppure:
O Padre,
che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio,
donaci la sapienza del tuo Spirito,
perché possiamo testimoniare
qual è la speranza della nostra chiamata,
e nessun uomo
abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna
o a entrarvi senza l’abito nuziale.
PRIMA LETTURA (Is 25,6-10a)
Il Signore preparerà un banchetto, e asciugherà le lacrime su ogni volto.
Dal libro del profeta Isaìa
Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande,
un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto,
l’ignominia del suo popolo
farà scomparire da tutta la terra,
poiché il Signore ha parlato.
E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.
Questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza,
poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 22)
Rit: Abiterò per sempre nella casa del Signore.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia. Rit:
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza. Rit:
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca. Rit:
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni. Rit:
SECONDA LETTURA (Fil 4,12-14.19-20)
Tutto posso in colui che mi dà forza.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni.
Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù.
Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Canto al Vangelo (Ef 1,17-18)
Alleluia, alleluia.
Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia.
VANGELO (Mt 22,1-14)
Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Preghiera sulle offerte
Accogli, Signore, le nostre offerte e preghiere,
e fa’ che questo santo sacrificio,
espressione perfetta della nostra fede,
ci apra il passaggio alla gloria del cielo.
Per Cristo nostro Signore.
Antifona di comunione
I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla. (Sal 34,11)
Oppure:
Quando il Signore si manifesterà, saremo simili a lui,
perché lo vedremo così come egli è. (1Gv 3,2)
Oppure:
“Il regno dei cieli è simile a un re
che fece un banchetto di nozze per suo figlio”. (Mt 22,2)
Preghiera dopo la comunione
Padre santo e misericordioso,
che ci hai nutriti con il corpo e sangue del tuo Figlio,
per questa partecipazione al suo sacrificio
donaci di comunicare alla sua stessa vita.
Lectio
Le letture della liturgia odierna si ricollegano abbastanza direttamente a quelle della scorsa domenica: lì, nel cantico della vigna di Isaia e nella parabola dei vignaioli omicidi di Matteo si rinfacciava all’uomo la scarsa capacità di essere fedele alle chiamate di Dio e si profilava per questo il peggior castigo: l’attenzione di Dio si sarebbe scostata dal popolo di Israele e si sarebbe rivolta altrove. Nelle letture di oggi sentiamo la conferma di un destino magnifico per i giusti (Isaia), ma ancora una volta viene stigmatizzata la scarsa fedeltà dell’uomo a Dio ed annunciate le conseguenze di essa.
La prima lettura è tratta dalla cosiddetta “Grande Apocalisse di Isaia” è un testo che strutturalmente è contenuto nel I° Isaia, ma per le caratteristiche stilistiche viene abbastanza concordemente attribuito ad un autore diverso (secondo alcuni autori allo stesso DeuteroIsaia.)
Nel brano che abbiamo letto viene descritto il magnifico destino che spetta (ai soli giusti, a quel resto di Israele che potrà sfuggire alle distruzioni descritte nel testo subito prima): è un’immagine allettante del Ultimo Giorno, un banchetto eccezionale per la quantità e la qualità delle pietanze e bevande, ma soprattutto, un premio spirituale, quale l’illuminazione interiore, che spezzerà l’ignoranza umana e l’abolizione della morte e con essa di ogni lutto e dolore. E’ proprio il caso di restarne entusiasmati e di erompere in un canto di ringraziamento a questo Dio Misericordioso e Fedele.
La immensa fedeltà di Dio è il vero fondamento della fiducia piena ed affettuosa che permette all’uomo di vivere sicuro e tranquillo, come poeticamente ci ricorda in ogni suo passo il salmo responsoriale “Il Signore è il mio Pastore”.
E’ la stessa certezza che porta anche Paolo a dire, nella seconda lettura, dalla lettera ai Filippesi, “tutto posso in colui che mi dà forza”: solo la fede nella presenza del Signore gli permette di saper essere povero coi poveri e ricco coi ricchi (anche se poi si fa un dovere di riconoscere l’utilità degli aiuti ricevuti dagli amati Filippesi).
Nella parabola si riprende il tema di domenica scorsa; anche cronologicamente, le due parabole sono consecutive nel vangelo di Matteo, collocate negli ultimi giorni di attività di Gesù, prima della sua Passione e Morte in Gerusalemme. Il tema è quello della chiamata del Signore, non corrisposta dal popolo di Israele, ma qui, se possibile, i toni si colorano di maggiore tensione emotiva, perché qui il Signore viene colpito nella stessa sfera personale, le nozze del Figlio prediletto: quale affronto più grande verso un Re, ignorare la festa di matrimonio del Figlio!
Più o meno la stessa parabola viene raccontata anche da Luca, che, però la colloca in un periodo precedente dell’attività di Gesù, e pare soprattutto intento a discriminare le varie motivazioni addotte dagli invitati per rifiutare l’invito ed il tono emotivo è sicuramente inferiore; in Matteo, oltre a tutto, all’insensibilità degli invitati si aggiunge, come nella parabola dei vignaioli omicidi, la loro protervia e violenza!
C’è un altro importante elemento di dissociazione rispetto al racconto di Luca. In entrambe i casi gli invitati indisponibili sono sostituiti da altri raccogliticci, presi dai servi a caso, data l’urgenza del comando di riempire il palazzo del padrone; Matteo ci tiene ad aggiungere che fra essi ci sono sia buoni che cattivi, quasi a voler escludere completamente qualsiasi merito personale alla radice della nostra chiamata. Ma nel racconto di Matteo viene aggiunto un altro episodio imprevedibile e sconcertante: uno di questi nuovi invitati si aggira per il palazzo del Re senza indossare la veste nuziale e, per questo, viene subito cacciato in malo modo. Ma come pretendere che un poveraccio, pescato all’ultimo momento ad un crocicchio fosse fornito dell’abito nuziale? Una risposta sembrerebbe provenire dalle antiche usanze orientali (forse confermate anche da recenti scoperte archeologiche): ci sarebbe stata l’usanza, nelle case dei più ricchi, di donare a tutti gli invitati un abito da indossare per la festa; esserne privo era frutto di una propria trascuratezza, superficialità e scarso rispetto, perciò si giustificherebbe bene l’ira del Signore.
Una simile interpretazione potrebbe portarci, però, ad identificare il significato dell’abito nuziale in senso moralistico: l’abito richiesto sarebbe il comportamento etico, le nostre opere buone e ciò non mi sembra troppo in accordo con quanto, in generale, ci insegna il vangelo.
Una risposta migliore potrebbe provenire dalle parole di san Paolo in Gal.3,27 quando scrive “vi siete rivestiti di Cristo”. Entrando nella sala del banchetto di nozze, “vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo.” L’abito da cerimonia, che ci viene richiesto, è proprio questa capacità di rivestirsi di Cristo, di aprirsi totalmente e fedelmente all’opera dello Spirito Santo.
Non è che, per il solo fatto rituale dell’essere battezzati, i Cristiani della comunità di Matteo potessero automaticamente ritenersi certi di entrare nel Banchetto delle Nozze; e così è anche per noi, oggi: dobbiamo ogni giorno conquistare la speranza della salvezza, attraverso, la capacità di convertirci continuamente, di rinnovare ogni momento il SI fiducioso a Dio che ci chiama.
Appendice
Gli inviti di Dio
"Il regno dei cieli è simile a un re che fece le nozze per suo figlio" (Mt 22,2).
Dio Padre fece le nozze per Dio Figlio quando lo congiunse alla natura umana nel grembo della Vergine ... Mandò dunque i suoi servi perché invitassero gli amici a queste nozze. Li mandò una volta, e li mandò di nuovo perché fece diventare predicatori dell`incarnazione del Signore prima i profeti, poi gli apostoli. Due volte, dunque, mandò i servi a invitare, infatti, per mezzo dei profeti disse che ci sarebbe stata l`incarnazione dell`Unigenito, e poi per mezzo degli apostoli disse che essa era avvenuta. Ma siccome quelli che erano stati invitati per primi al banchetto di nozze non vollero venire, nel secondo invito si dice: Ecco, ho preparato il mio pranzo, i miei buoi e i miei animali ingrassati sono stati macellati, e tutto è pronto (Mt 22,4).
E (il Vangelo) continua: "Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari" (Mt 22,5). Andare nel proprio campo è darsi smodatamente alle fatiche terrene; andare ai propri affari è cercare con ogni cura guadagni mondani. Poiché chi è intento alle fatiche terrene e chi è dedito alle azioni di questo mondo finge di non pensare al mistero dell’incarnazione del Signore e di non vivere secondo esso, si rifiuta di venire alle nozze del re come uno che va al campo o agli affari. Spesso anche - e ciò è più grave - alcuni non solo respingono la grazia di colui che chiama, ma la perseguitano. Per questo (il Vangelo) soggiunge: "Altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re, venendo a sapere queste cose, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città (Mt 22,6-7). Uccise gli assassini, perché fece perire i persecutori. Diede alle fiamme la loro città, perché nella fiamma dell`eterna geenna è tormentata non solo la loro anima, ma anche la carne nella quale abitarono.
Ma questi che vede disprezzato il suo invito, non vedrà deserte le nozze del figlio suo. Egli manda a chiamare altri, perché anche se la parola di Dio fatica a trovare accoglienza presso alcuni, tuttavia troverà dove riposare. Per questo (il Vangelo) soggiunge "Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora alle uscite delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze" (Mt 22,8-9). Se nella Sacra Scrittura intendiamo «strade» come «opere», comprendiamo che «uscite delle strade» significano «mancanza di opere», poiché molte volte giungono facilmente a Dio coloro che non godono i favori della fortuna nelle opere terrene. E prosegue: Usciti nelle strade, i servi raccolsero quanti ne trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali (Mt 22,10).
Ecco che con la stessa qualità dei commensali è detto chiaramente che in queste nozze del re è raffigurata la Chiesa del tempo presente, nella quale si riuniscono insieme ai buoni anche i cattivi. Essa è composta da figli diversi; tutti infatti li genera alla fede, ma non tutti, con un cambiamento di vita, li conduce alla libertà della grazia spirituale, per l`impedimento posto dal peccato. Finché viviamo quaggiù, è necessario che ce ne andiamo mescolati per la via del secolo presente. Saremo separati quando saremo giunti. I soli buoni, infatti, saranno in cielo, e i soli cattivi saranno all`inferno. Ora questa vita che è posta fra il cielo e l`inferno, per il fatto che è in posizione intermedia riceve cittadini da entrambe le parti; tuttavia quelli che ora la santa Chiesa riceve promiscuamente, alla fine del mondo li dividerà. Se dunque siete buoni, mentre restate in questa vita, sopportate pazientemente i cattivi. Infatti chi non sopporta i cattivi, attesta a se stesso di non essere buono a motivo della sua impazienza...
Ma poiché, o fratelli, con la grazia di Dio, siete già entrati nella sala del convito nuziale, cioè nella santa Chiesa, guardate bene che, entrando, il re non abbia a rimproverare nulla nell`abito dell`anima vostra. Infatti bisogna pensare con un grande batticuore a ciò che segue subito dopo: "Il re entrò per vedere i commensali, e vide là un tale che non indossava l`abito nuziale" (Mt 22,11). Quale pensiamo, fratelli carissimi, che sia il significato della veste nuziale? Se diciamo che la veste nuziale significa il battesimo o la fede, chi mai è andato a queste nozze senza il battesimo e la fede? E` escluso infatti chi ancora non ha la fede. Cosa dunque dobbiamo intendere per la veste nuziale, se non la carità? Entra alle nozze, ma senza la veste nuziale, chi facendo parte della santa Chiesa ha la fede, ma non ha la carità. Giustamente si dice che la carità è la veste nuziale, perché il nostro Redentore era vestito di essa quando venne alle nozze per congiungere a sé la Chiesa. Fu per solo amore di Dio che il suo Unigenito unì a sé le anime degli eletti. Per questo Giovanni dice: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito per noi" (Gv 3,16). Pertanto, Colui che venne agli uomini per la carità, ci svela che questa stessa carità è la veste nuziale. Ognuno di voi che vive nella Chiesa e crede in Dio, è già entrato al banchetto nuziale; ma è venuto senza la veste nuziale se non custodisce la grazia della carità...
Chiunque, essendo commensale alle nozze, non ha questa (veste), sia pieno di ansia e di paura quando, all`arrivo del re, verrà gettato fuori. Ecco infatti come vien detto: "Il re entrò per vedere i commensali e vide là un tale che non indossava l`abito nuziale". Noi, fratelli carissimi, siamo quelli che sono commensali alle nozze del Verbo, avendo già la fede della Chiesa, nutrendoci al banchetto della Sacra Scrittura e godendo che la Chiesa sia unita con Dio. Considerate, vi prego, se siete venuti a queste nozze con la veste nuziale, esaminate attentamente i vostri pensieri. Soppesate i vostri cuori nei particolari, se non avete odio contro nessuno, se nessuna invidia vi infiamma contro la felicità altrui, se non vi studiate di danneggiare nessuno con occulta malizia.
Ecco che il re entra nella sala delle nozze e osserva la veste del nostro cuore, e a chi non trova rivestito di carità subito dice adirato: "Amico, come hai potuto entrare qui senz`abito nuziale?" (Mt 22,12). E` cosa degna di nota, fratelli carissimi, il fatto che chiama costui amico e tuttavia lo condanna, come se lo chiamasse amico e nemico allo stesso tempo: amico per la fede, nemico nelle opere. "Ed egli ammutolì (ibid.)", cioè - e non se ne può parlare senza dolore - nell`ultimo severo giudizio verrà a mancare ogni possibilità di scusa, perché Colui che rimprovera dall`esterno sarà anche voce della coscienza che accusa l`anima dall`interno...
Coloro pertanto che ora si lasciano spontaneamente legare dal vizio, allora saranno controvoglia legati dai tormenti. E` giusto poi dire che saranno gettati nelle tenebre esteriori. Noi chiamiamo tenebra interiore la cecità del cuore, e (chiamiamo) invece tenebra esteriore la notte eterna della dannazione. Ogni dannato dunque non viene mandato nelle tenebre interiori ma in quelle esteriori, poiché è gettato controvoglia nella notte della dannazione colui che volontariamente cade nella cecità del cuore. Si dice anche che là sarà pianto e stridor di denti, sì che stridano là i denti di coloro che qui godevano nella voracità, e piangano là gli occhi di coloro che qui si davano a concupiscenze illecite; e così saranno sottoposte a tormenti tutte quelle membra che qui servirono a qualche vizio.
Subito dopo che è stato espulso costui, nel quale è raffigurata tutta la schiera dei malvagi, viene una sentenza generale, che dice: "Molti sono chiamati, ma pochi eletti" (Mt 20,16). E` tremendo, fratelli carissimi, ciò che abbiamo ascoltato! Ecco che noi, chiamati per mezzo della fede, siamo già venuti alle nozze de] re celeste, crediamo e professiamo il mistero della sua incarnazione, ci nutriamo con il cibo del Verbo divino, ma il re deve ancora venire a giudicare. Sappiamo che siamo stati chiamati: non sappiamo però se saremo eletti. Sicché è necessario che tanto più ciascuno di noi si abbassi nell`umiltà in quanto non sa se sarà eletto. Alcuni infatti nemmeno iniziano a fare il bene, altri non perseverano affatto nel bene che avevano iniziato a fare. Uno è stato visto condurre quasi tutta la vita nel peccato, ma verso la fine di essa si converte dal suo peccato attraverso i lamenti di una rigorosa penitenza; un altro sembra condurre già una vita da eletto, e tuttavia verso la fine della sua esistenza gli capita di cadere nella nequizia dell`errore. Uno comincia bene e finisce meglio; un altro si dà alle male azioni fin da piccolo e finisce nelle medesime dopo essere diventato sempre peggiore. Tanto piú ciascuno deve temere con sollecitudine, quanto più ignora ciò che lo aspetta, poiché - bisogna dirlo spesso e non dimenticarselo mai - "molti sono chiamati, ma pochi eletti". (Gregorio Magno, Hom. 38, 3.5-7.9.11-14)
La veste nuziale
"Ed entrato il re a vedere i commensali, scorse un uomo che non era in abito da nozze e gli disse: «Amico, come sei entrato qua, senza avere l`abito da nozze?». Costui ammutolì" (Mt 22,11-12). Gl`invitati alle nozze, raccolti lungo le siepi e negli angoli, nelle piazze e nei luoghi più diversi, avevano riempito la sala del banchetto reale. Ma poi, venuto il re per vedere i commensali riuniti alla sua tavola, cioè, in un certo senso, pacificati nella sua fede (come nel giorno del giudizio verrà a vedere i convitati per distinguere i meriti di ciascuno), trovò uno che non indossava l`abito nuziale. In quest`uno son compresi tutti coloro che sono solidali nel compiere il male. La veste nuziale sono i precetti del Signore e le opere che si compiono nello spirito della Legge e del Vangelo. Essi sono l`abito dell`uomo nuovo. Se qualcuno che porta il nome di cristiano, nel momento del giudizio sarà trovato senza l`abito di nozze, cioè l`abito dell`uomo celeste, e indosserà invece l`abito macchiato, ossia l`abito dell`uomo vecchio, costui sarà immediatamente ripreso e gli verrà detto: «Amico, come sei entrato?». Lo chiama amico perché è uno degli invitati alle nozze, e rimprovera la sua sfrontatezza perché col suo abito immondo ha contaminato la purezza delle nozze. «Costui ammutolì», dice Gesù. In quel momento infatti non sarà più possibile pentirsi, né sarà possibile negare la colpa, in quanto gli angeli e il mondo stesso saranno testimoni del nostro peccato.
"Allora il re disse ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nel buio; ivi sarà pianto e stridor di denti»" (Mt 22,13). L`esser legato mani e piedi, il pianto, lo stridore di denti, son tutte cose che stanno a dimostrare la verità della risurrezione. Oppure, gli vengono legati le mani e i piedi perché desista dall`operare il male e dal correre a versare sangue. Nel pianto e nello stridor di denti si manifesta metaforicamente la gravità dei tormenti. (Girolamo, In Matth. III, 22, 8-11)
Cari fratelli e sorelle, buongiorno
nel Vangelo di questa domenica, Gesù ci parla della risposta che viene data all’invito di Dio - rappresentato da un re - a partecipare ad un banchetto di nozze (cfr Mt 22,1-14). L’invito ha tre caratteristiche: la gratuità, la larghezza, l’universalità. Gli invitati sono tanti, ma avviene qualcosa di sorprendente: nessuno dei prescelti accetta di prendere parte alla festa, dicono che hanno altro da fare; anzi alcuni mostrano indifferenza, estraneità, perfino fastidio. Dio è buono verso di noi, ci offre gratuitamente la sua amicizia, ci offre gratuitamente la sua gioia, la salvezza, ma tante volte non accogliamo i suoi doni, mettiamo al primo posto le nostre preoccupazioni materiali, i nostri interessi e anche quando il Signore ci chiama, tante volte sembra che ci dia fastidio.
Alcuni invitati addirittura maltrattano e uccidono i servi che recapitano l’invito. Ma, nonostante le mancate adesioni dei chiamati, il progetto di Dio non si interrompe. Di fronte al rifiuto dei primi invitati Egli non si scoraggia, non sospende la festa, ma ripropone l’invito allargandolo oltre ogni ragionevole limite e manda i suoi servi nelle piazze e ai crocicchi delle strade a radunare tutti quelli che trovano. Si tratta di gente qualunque, poveri, abbandonati e diseredati, addirittura buoni e cattivi – anche i cattivi sono invitati – senza distinzione. E la sala si riempie di “esclusi”. Il Vangelo, respinto da qualcuno, trova un’accoglienza inaspettata in tanti altri cuori.
La bontà di Dio non ha confini e non discrimina nessuno: per questo il banchetto dei doni del Signore è universale, per tutti. A tutti è data la possibilità di rispondere al suo invito, alla sua chiamata; nessuno ha il diritto di sentirsi privilegiato o di rivendicare un’esclusiva. Tutto questo ci induce a vincere l’abitudine di collocarci comodamente al centro, come facevano i capi dei sacerdoti e i farisei. Questo non si deve fare; noi dobbiamo aprirci alle periferie, riconoscendo che anche chi sta ai margini, addirittura colui che è rigettato e disprezzato dalla società è oggetto della generosità di Dio. Tutti siamo chiamati a non ridurre il Regno di Dio nei confini della “chiesetta” – la nostra “chiesetta piccoletta” – ma a dilatare la Chiesa alle dimensioni del Regno di Dio. Soltanto, c’è una condizione: indossare l’abito nuziale cioè testimoniare la carità verso Dio e verso il prossimo. (Papa Francesco, Angelus del 12 ottobre 2014)
Fonte:http://figliedellachiesa.org
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