fr. Massimo Rossi"Tutti i Santi"Parlare di santità è difficile.

 Commento su Matteo 5,1-12
fr. Massimo Rossi  
Tutti i Santi (01/11/2017)
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Parlare di santità è difficile.
Cioè, è facile, ma si scade fatalmente nella retorica di maniera e/o nel devozionismo .
La questione, per niente secondaria, è parecchio delicata: purtroppo, ed è triste doverlo constatare,
la stragrande maggioranza dei fedeli - preti compresi - enfatizzano l' aspetto liturgico dei Santi,
ripeto, più devozionale, che autenticamente cultuale.
Collezionisti di santini a parte, che non hanno nulla, o quasi, di religioso, questa tradizione,
rappresenta per molti una vera e propria mania, e conduce spesso a porre la venerazione dei Santi in
alternativa, o, peggio, in conflitto, rispetto all'adorazione di Dio.
Si sente dire spesso: “ Io, a Messa non ci vado quasi mai, ma son tanto devoto/a di padre Pio! ”...
A p.Pio potete sostituire il santo, o la santa che preferite...
Consiglio santa Rita, la quale resiste ancora in testa alla classifica dei Santi più gettonati.
Parlare di santità è difficile.
Nella sua prima Lettera, l'apostolo Pietro cita il libro del Levitico, cap.19, v.2: “ Ad immagine del
Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto:
Voi sarete santi perché io sono santo. ” (1,15). Tanto il principe degli Apostoli, che l'autore del
terzo Libro dell'AT non pensavano alla condizione della santità ultraterrena... quella che
abitualmente si intende e si celebra ogni primo novembre.
Il Santorale , il libro dei Santi annoverati appunto nel calendario liturgico , fu inventato secoli dopo.
La santità secondo la Bibbia è una scelta di vita, di questa vita .
Dunque la santità non si raggiunge dopo la morte, ma si realizza qui, in terra.
Altro stereotipo da sfatare senza esitazione: essere santi significa non commettere peccati .
Se la santità è un traguardo realizzabile già nella vita presente - ed è così! - non saprei proprio
come fare a diventare santo, visto che sono un peccatore... Ecco perché la santità non si può
intendere come inerranza , cioè non commettere peccati .
Tuttavia la questione della relazione tra santità e peccato va spiegata; per evitare una conclusione
tanto affrettata quanto falsa: che, cioè, il peccato non influisca in alcun modo sulla santità.
Già nel Medioevo ci si poneva il quesito se si potesse diventare santi nonostante la consapevolezza
del proprio peccato: tra gli aforismi più famosi della storia della Chiesa ce n'è uno attribuito a
Lutero, ma verosimilmente tratto dagli scritti di sant'Agostino: “ Pecca fortiter, sed crede fortius! ”;
tradotto liberamente: pecca pure quanto vuoi, ma la tua fede sia più forte del (tuo) peccato .
L'affermazione del monaco di Wittenberg è volutamente paradossale: colui, colei che professa una
fede matura, adulta, è anche capace di imporsi sulle tentazioni, vincere le proprie fragilità e
rinunciare al peccato .
Proprio quest'ultima affermazione costituisce una delle domande contenute nella liturgia del
Battesimo. La professione di fede, conosciuta come “ CREDO ” può essere espressa in forma di
dialogo: il presbitero chiede ai fedeli: “ Rinunciate a Satana? ”; “ Rinunciate al peccato? ”; e i
fedeli rispondono: “ Rinuncio! ”; successivamente, il presidente della liturgia chiede: “ Credete in
Dio, Padre onnipotente...? ”; “ Credete in Cristo, suo dilettissimo Figlio...? ”; “ Credete nello
Spirito Santo...? ”; i fedeli rispondono: “ Credo! ”.
Ritorna la relazione tra peccato e fede: si rinuncia al peccato, perché si aderisce alla fede.
Non c'è nulla che possa convincermi del mio peccato, se non la fede! ed è proprio grazie alla fede,
che io, giorno dopo giorno, divento più forte contro gli assalti del male. ​
Vinco sempre?
Magari vincessi sempre le mie battaglie contro le tentazioni e (contro) il peccato!
Questa volta è san Giovanni a dirci una parola di consolazione, nella sua prima Lettera, al cap.3:
“ Qualunque cosa il vostro cuore venisse a condannarvi, ebbene, Dio è più grande del vostro
cuore. ”(cfr. 3,19-20).
Al posto del termine ‘ santità ', il Signore usa ‘ perfezione ': “ Siate perfetti, come è perfetto il Padre
vostro celeste! ”; la citazione è tratta dal capitolo 5 dl Vangelo di Matteo (43-48): il contesto è il
discorso della montagna - le Beatitudini , tanto per intenderci -; Gesù sta trattando il tema del
perdono delle offese, in particolare, l'amore per coloro che (ci) hanno fatto del male.
Peccato e perdono non possono stare separati . La perfezione, la santità, l'essere veri figli di Dio
sono tre modi di definire la dignità cristiana nella sua massima espressione, la quale consiste in
ultima analisi nel detestare il peccato riconosciuto e confessato; ma soprattutto nel perdonare le
offese ricevute.
‘ Perdono ' è il nome cristiano dell'amore .
Il santo, il perfetto è colui che perdona tutti, sempre .
Inevitabile la riflessione sui versetti che chiudono il capitolo 5 delle Beatitudini, in questa solennità
che ci ha presentato i primi versetti del capitolo.
E, tanto per battere il ferro finché è caldo, le Beatitudini altro non sono che i frutti della fede .
Al capitolo 6 del suo Vangelo, Giovanni ribadisce con forza questo principio cardine; alla domanda
degli ascoltatori: “ Che cosa dobbiamo fare? ”, Gesù risponde: “ Credere in Colui che Dio ha
mandato! ”(v.29).
Credere davvero, lasciare che la fede diventi l'unico criterio per discernere il bene dal male,
costituisce l'asso nella manica di ogni cristiano, o, come direbbe l'insigne teologo domenicano
fr.Timothy Radcliffe, la (nostra) specialità della casa .
E allora professiamo con convinzione, con decisione, con devozione la nostra fede dicendo:
“ Credo in un solo Dio...

Fonte:www.qumran2.net

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