FRA.Andrea Vaona, "monte delle meraviglie"
Domenica XXVIII del Tempo ordinario, anno A
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo
farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato.
E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.
Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza,
poiché la mano del Signore si poserà su questo monte» (Is 25,6-10)
Domenica XXVIII del Tempo ordinario, anno A - Nella prima parte del libro di Isaia (Is 1-39), subito dopo gli oracoli contro le nazioni (cc. 13-23) e prima della seconda raccolta di poemi su Israele e su Giuda (cc. 28-35), si trova una sezione tardiva e piuttosto complessa di oracoli chiamata «grande Apocalisse» (cc. 24-27) perché riguarda la fine del mondo e il giudizio finale. Al centro di questa raccolta si situa l’oracolo che preannunzia il banchetto degli ultimi tempi. Il testo si divide in tre parti: banchetto finale (v. 6); suoi scopi (vv. 7-8); risposta del popolo (vv. 9-10).
Il banchetto viene imbandito sulla montagna, che indica simbolicamente il luogo in cui Dio ha messo la sua dimora. Ma la caratteristica della visione di Isaia è che qui non sono presenti solo i rappresentanti di Israele, ma «tutte le nazioni»: l’alleanza escatologica non sarà più limitata a un solo popolo, ma si estenderà a tutta l’umanità, come era stata l’alleanza di Noè (cfr. Gen 9,9). Questo banchetto ricorda quello imbandito dalla Sapienza, al quale sono invitati tutti gli inesperti, senza differenza di religione o di nazionalità (cfr. Pr 9,1-6).
Ed è in questo contesto di gioia, di fratellanza universale, di gratuità da parte di Dio, che Dio si manifesta attraverso l’azione inaudita e impensabile: «Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre» (vv. 7-8).
La morte è il diaframma tra la creatura e il Creatore, steso dopo il primo “no” umano al progetto di vita e di bene pensato da Dio (Gen 3,9ss). La morte è il confine e l’abisso dell’esistenza dell’umanità. Si materializza in ogni “no” a Dio; solo lui ha la possibilità di “strappare il velo” e restituire all’umanità quel volto scoperto che è “imago Dei”, immagine di Dio (Gen 1,26), altrimenti mascherato dal velo della morte e della disperazione che evoca. Afferma san Paolo: «Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunziato tra voi, io, Silvano e Timoteo, non fu “sì” e “no”, ma in lui ci fu il “sì”. Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono “sì”. Per questo per mezzo di lui sale a Dio il nostro “amen”, per la sua gloria» (2Cor 1,19-20). Il «”sì” di Cristo» e «che è il Cristo» è la risposta finale e definitiva: Lui è colui che «strappa il velo che copriva la faccia di tutti i popoli». Lui ha dimostrato di “eliminare la morte per sempre”!
Al momento della sua morte in croce “il velo del tempio si squarciò” (Mt 27,51). Nel sepolcro resta un sudario (Gv 20,7). Il velo della morte cade dal volto di Gesù Cristo il Risorto. Ossia, è il Cristo vivente – vero Dio e vero uomo – che strappa questo velo dal volto dell’umanità a partire dal suo essere.
“In quel giorno” la risposta è/sarà corale e professione di fede: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».
Forse ogni vita quaggiù non è che viaggio/pellegrinaggio verso Quel monte.
Indirettamente Bibbia Francescana ci richiama il Trattato dei Miracoli di Tommaso da Celano, là dove narra di un particolare “svelamento” di Francesco, cui una mano gentile ed amica compie il pietoso gesto di sollevare il sudario dal volto di Francesco:
«Pertanto essa [Jacopa De' Settesoli], tutta madida di lacrime, tratta in disparte, viene di nascosto accompagnata presso la salma, e, ponendole tra le braccia il corpo dell’amico, il vicario esclama: «Ecco, stringi da morto colui che hai amato da vivo!». Ed essa, versando cocenti lacrime sopra quel corpo, raddoppia flebili richiami e singhiozzi, e ripetendo affettuosi abbracci e baci, solleva il velo per vederlo scopertamente. Ebbene? Contempla quel prezioso vaso, in cui era stato nascosto un tesoro più prezioso, adorno di cinque perle. Ammira quelle cesellature, degne dell’ammirazione di tutto il mondo, che la mano dell’Onnipotente aveva scolpito, e così d’un tratto, piena di insolita letizia, si rianima tutta alla vista dell’amico morto. Subito suggerisce che non si debba dissimulare e tener nascosto più a lungo un così inaudito miracolo, ma con una risoluzione molto saggia lo si mostri agli occhi di tutti. Accorrono perciò tutti a gara a tale spettacolo, e constatano come Dio non aveva veramente mai fatto cose sì grandi ad alcun’altra nazione e sono tutti ripieni di stupore» (FF 862).
Diceva ancora Tommaso da Celano nella Vita prima, commentando il Francesco nudo davanti al papà e al Vescovo:
«Ed eccolo ormai lanciarsi nudo contro il nemico nudo, e, deposte tutte le cose del mondo, ricordarsi solo della giustizia divina! Si addestra così al disprezzo della propria vita, abbandonando ogni cura di se stesso, per ottenere, nella sua povertà, la pace nel cammino infestato da insidie, e perché il solo velo della carne lo separi ormai dalla visione di Dio» (FF 345).
[nell’immagine, Cristo velato, di Giuseppe Sanmartino, 1753, particolare, Museo Cappella Sansevero – LINK -]
Fonte:http://bibbiafrancescana.org
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo
farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato.
E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.
Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza,
poiché la mano del Signore si poserà su questo monte» (Is 25,6-10)
Domenica XXVIII del Tempo ordinario, anno A - Nella prima parte del libro di Isaia (Is 1-39), subito dopo gli oracoli contro le nazioni (cc. 13-23) e prima della seconda raccolta di poemi su Israele e su Giuda (cc. 28-35), si trova una sezione tardiva e piuttosto complessa di oracoli chiamata «grande Apocalisse» (cc. 24-27) perché riguarda la fine del mondo e il giudizio finale. Al centro di questa raccolta si situa l’oracolo che preannunzia il banchetto degli ultimi tempi. Il testo si divide in tre parti: banchetto finale (v. 6); suoi scopi (vv. 7-8); risposta del popolo (vv. 9-10).
Il banchetto viene imbandito sulla montagna, che indica simbolicamente il luogo in cui Dio ha messo la sua dimora. Ma la caratteristica della visione di Isaia è che qui non sono presenti solo i rappresentanti di Israele, ma «tutte le nazioni»: l’alleanza escatologica non sarà più limitata a un solo popolo, ma si estenderà a tutta l’umanità, come era stata l’alleanza di Noè (cfr. Gen 9,9). Questo banchetto ricorda quello imbandito dalla Sapienza, al quale sono invitati tutti gli inesperti, senza differenza di religione o di nazionalità (cfr. Pr 9,1-6).
Ed è in questo contesto di gioia, di fratellanza universale, di gratuità da parte di Dio, che Dio si manifesta attraverso l’azione inaudita e impensabile: «Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre» (vv. 7-8).
La morte è il diaframma tra la creatura e il Creatore, steso dopo il primo “no” umano al progetto di vita e di bene pensato da Dio (Gen 3,9ss). La morte è il confine e l’abisso dell’esistenza dell’umanità. Si materializza in ogni “no” a Dio; solo lui ha la possibilità di “strappare il velo” e restituire all’umanità quel volto scoperto che è “imago Dei”, immagine di Dio (Gen 1,26), altrimenti mascherato dal velo della morte e della disperazione che evoca. Afferma san Paolo: «Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunziato tra voi, io, Silvano e Timoteo, non fu “sì” e “no”, ma in lui ci fu il “sì”. Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono “sì”. Per questo per mezzo di lui sale a Dio il nostro “amen”, per la sua gloria» (2Cor 1,19-20). Il «”sì” di Cristo» e «che è il Cristo» è la risposta finale e definitiva: Lui è colui che «strappa il velo che copriva la faccia di tutti i popoli». Lui ha dimostrato di “eliminare la morte per sempre”!
Al momento della sua morte in croce “il velo del tempio si squarciò” (Mt 27,51). Nel sepolcro resta un sudario (Gv 20,7). Il velo della morte cade dal volto di Gesù Cristo il Risorto. Ossia, è il Cristo vivente – vero Dio e vero uomo – che strappa questo velo dal volto dell’umanità a partire dal suo essere.
“In quel giorno” la risposta è/sarà corale e professione di fede: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».
Forse ogni vita quaggiù non è che viaggio/pellegrinaggio verso Quel monte.
Indirettamente Bibbia Francescana ci richiama il Trattato dei Miracoli di Tommaso da Celano, là dove narra di un particolare “svelamento” di Francesco, cui una mano gentile ed amica compie il pietoso gesto di sollevare il sudario dal volto di Francesco:
«Pertanto essa [Jacopa De' Settesoli], tutta madida di lacrime, tratta in disparte, viene di nascosto accompagnata presso la salma, e, ponendole tra le braccia il corpo dell’amico, il vicario esclama: «Ecco, stringi da morto colui che hai amato da vivo!». Ed essa, versando cocenti lacrime sopra quel corpo, raddoppia flebili richiami e singhiozzi, e ripetendo affettuosi abbracci e baci, solleva il velo per vederlo scopertamente. Ebbene? Contempla quel prezioso vaso, in cui era stato nascosto un tesoro più prezioso, adorno di cinque perle. Ammira quelle cesellature, degne dell’ammirazione di tutto il mondo, che la mano dell’Onnipotente aveva scolpito, e così d’un tratto, piena di insolita letizia, si rianima tutta alla vista dell’amico morto. Subito suggerisce che non si debba dissimulare e tener nascosto più a lungo un così inaudito miracolo, ma con una risoluzione molto saggia lo si mostri agli occhi di tutti. Accorrono perciò tutti a gara a tale spettacolo, e constatano come Dio non aveva veramente mai fatto cose sì grandi ad alcun’altra nazione e sono tutti ripieni di stupore» (FF 862).
Diceva ancora Tommaso da Celano nella Vita prima, commentando il Francesco nudo davanti al papà e al Vescovo:
«Ed eccolo ormai lanciarsi nudo contro il nemico nudo, e, deposte tutte le cose del mondo, ricordarsi solo della giustizia divina! Si addestra così al disprezzo della propria vita, abbandonando ogni cura di se stesso, per ottenere, nella sua povertà, la pace nel cammino infestato da insidie, e perché il solo velo della carne lo separi ormai dalla visione di Dio» (FF 345).
[nell’immagine, Cristo velato, di Giuseppe Sanmartino, 1753, particolare, Museo Cappella Sansevero – LINK -]
Fonte:http://bibbiafrancescana.org
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