padre Gian Franco Scarpitta "Con Cristo uve rigogliose"

 Con Cristo uve rigogliose
padre Gian Franco Scarpitta  
XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (08/10/2017)
  Visualizza Mt 21,33-43
Lavorare nella vigna del Signore è doveroso e necessario e non è mai troppo tardi quando ci si decide
a farlo, non importa se si è chiamati a mezzogiorno o all'ultima ora. Ciò che conta è impegnarsi con abnegazione e sacrificio, per costruire, edificare e portare frutto per se stessi e per gli altri. La vigna nella Bibbia rappresenta il popolo d'Israele, per estensione tutta la Chiesa, il popolo di Dio nel quale Dio manda a lavorare tutti e da tutti si aspetta che si rechino frutti a suo tempo. I principali braccianti agricoli sono i profeti, gli apostoli, gli inviati, ma anche i “vitigni” svolgono la loro parte: ciascuno nella Chiesa ha un ruolo peculiare che lo distingue da tutti gli altri, ciascuno ha dei doni che è chiamato a mettere a frutto. Dio provvede ad armare ciascuno perché nel suo lavoro possa dare il meglio di se stesso, perché nonostante le difficoltà, le crisi e le sconfitte possa comunque risaltare la sua costanza e la sua azione e affinché in qualsiasi forma, minima o eccellente, i frutti del lavoro possano risultare reali ed evidenti. Specialmente Isaia dedica una bellissima metafora alle premure che Dio mostra verso la sua piantagione: ad essa il buon Padrone provvede con tutti gli accorgimenti, anche rimuovendo gli ostacoli e le intemperie e scongiurando ogni impedimento affinché la vigna possa essere fruttuosa attraverso la crescita matura delle viti e anche dei singoli acini. E' inverosimile quindi che una vigna non porti frutto o produca grappoli amari e velenosi. Certamente di anno in anno un terreno coltivato a vigneti, complice il sole e la siccità, non apporterà lo stesso beneficio di frutti: può sempre capitare che una parte del prodotto si raccolga marcio o spappolato. Cionondimeno la vigna non manca mai di essere frugifera, specialmente in conseguenza delle continue bonifiche del terreno. Eppure Dio in Isaia lamenta che la vigna, a dispetto di tante premure del suo padrone, produce in senso apposto ad ogni legge di agronomia oppure non produce affatto. Che cosa sta succedendo? Evidentemente chi vi ha lavorato come mezzadro o come colono, non ha mirato al profitto della piantagione o alla copiosità della raccolta, ma ha sfruttato la vigna perseguendo i propri interessi e i propri vantaggi. Ha sfruttato il terreno per appropriarsi egli stesso dei suoi frutti, noncurante dei benefici che questo avrebbe potuto recare a terzi. Una sorta di grande irresponsabilità che non può passare inosservata. Chi sfrutta la vigna a proprio vantaggio è il profeta perverso, l'apostolo subdolo e ingannevole, il ministro usurpatore che approfitta della sua posizione per trarre vantaggio dal popolo di Dio.
Ma poiché tutti, chi in modo chi in un altro, siamo chiamati a svolgere ciascuno il proprio servizio nella chiesa (per l'appunto la vigna) questi può essere anche il battezzato, colui che vive il semplice stato di consacrazione cristiana, insomma il cristiano singolo che, dimentico di essere stato chiamato ad operare un servizio di missione e di carità, complice la superbia e il falso orgoglio, adopera i propri talenti non già per l'edificazione dell'intero Corpo, ma solamente allo scopo di fare emergere se stesso o di trarre un qualsiasi guadagno. E a sfruttare la vigna del Signore a proprio piacimento sono in tanti. Basti pensare non soltanto ai pastori che, lungi dal servire il proprio gregge pascono se stessi (Ez 34, 1), ma anche a tutti quei sedicenti cristiani impegnati nella vita parrocchiale che si appropriano di un ruolo o di un'incombenza e che in essa finiscono con lo spadroneggiare sugli altri; a tutti quei sedicenti “profeti” fondatori di presunti gruppi carismatici che con la loro estatica parola attraggono attorno a sé tanta gente sulla quale poi esercitano coercizioni psicologiche anche con finalità di lucro. Come pure a tanti operatori pastorali e catechisti che eludono la sorveglianza del pastore per creare gruppi e gruppuscoli isolati e indipendenti a scapito della comunità intera. O semplicemente quanti ricorrono ad espedienti fascinosi per trarre guadagno e prosperità economica. Se, nonostante la premura del Buon Padre, ci si adopera nella vigna fraintendendo la finalità oggettiva dei propri talenti come può un terreno apportare i dovuti frutti di bene per se stesso e per l'intera comunità? Chi tende in qualsiasi forma a torreggiare sulla massa anziché porsi seriamente al servizio del popolo di Dio, come non potrà rendere ottenebrata l'immagine della vigna che è la chiesa del Signore? Da parte anticlericale si obietta che le religioni anziché unire gli uomini li hanno sempre divisi, apportando sempre più confusione e conflittualità e determinate esperienze avallano tali posizioni perché omettono la necessaria testimonianza. Lo ripetiamo: non per sola colpa di apostoli, pastori e ministri, ma anche per l'irresponsabilità di ciascun membro della Chiesa. Le fazioni e le divisioni che serpeggiano all'interno delle singole comunità cristiane, dei gruppi, delle associazioni e dei movimenti non possono che creare un riverbero anche nell'opinione pubblica non credente e questa convincersi sempre più che non è conveniente credere. Ma ciò che deturpa l'aspetto della nostra “vigna” e che è all'origine di tutti i mali appena esposti è il peccato, l'ostinazione al male e alla perversione, che anche nei singoli atti rovina l'intero corpo della comunità. Nella misura in cui all'interno della chiesa ci si lascia avvincere dall'empietà e dalla cattiveria le uve non potranno essere che marce o addirittura non matureranno per niente.
Dio attende tuttavia con pazienza che la vigna apporti il suo frutto e non manca di provvedere alla continua bonifica della terra, nella fiduciosa speranza che prima o poi gli acini germoglino succosi e commestibili. La prerogativa di Dio è la misericordia, per la quale egli opera anche ciò che per noi è illogico e inconcepibile pur di recuperare un solo peccatore, di dare fiducia e di rinnovare il suo sostegno a chi lavora nella vigna. Come per esempio costruire una torre e creare lo spazio per un torchio, ma soprattutto inviare il proprio Figlio in pasto a vignaioli assassini perché finisca ucciso. Nella croce del suo Figlio Gesù Cristo, che è la “pietra scartata divenuta testata d'angolo”, Dio risolleva le sorti dell'uomo e dona un'ulteriore possibilità a ciascuno di produrre conveniente i propri frutti. Lo stesso Sangue di Cristo è infatti il luogo della redenzione e della salvezza, perché è appunto dal costato trafitto che si inaugura con l'Alleanza la Chiesa. Lo stesso Cristo risorto sarà per tutti “via, verità e vita”, criterio visibile di condotta secondo il volere dell'invisibile Dio. Sarà Pastore, Porta delle pecore e sentiero che conduce ai nuovi liti definitivi e soprattutto sarà egli stesso la Vite di cui noi siamo i tralci. Di più: Cristo è il vino nuovo, il frutto della nuova vite che apporta la gioia nella realizzazione di un nuovo criterio di vita. Egli stesso entra nel bel mezzo della vigna e seppur proprietario indomito assume il ruolo dell'ultimo operaio sottomesso e umiliato per poi essere innalzato per sempre. Questa volta nessuno potrà mancare di recare frutto, soprattutto in forza del vincolo sacramentale di unione e di comunione che ci innesta a lui, che è il battesimo. Perché la vigna intera sia copiosa.

Fonte:http://www.qumran2.net

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