Don Marco Ceccarelli,"La vigilanza."

I Domenica di Avvento, anno “B” – 3 Dicembre 2017
I Lettura: Is 63,16-17.19; 64,2-7
II Lettura: 1Cor 1,3-9
Vangelo: Mc 13,33-37
- Testi di riferimento: Sal 144,5; Is 45,8; 56,10; 63,15; Ez 3,17-21; Mc 1,10; 14,30.34.37-38.72; Lc
12,35-40; 21,34-36; Gv 1,51; 10,3; At 1,7; 20,29-31; Rm 13,11-12; 1Cor 16,13; Ef 5,14; 6,18; Col
4,2; 1Ts 5,1-8; 1Pt 1,5.9.13; 4,7; 5,8-9; 2Pt 2,20-22; Ap 3,2-3.20; 16,15
1. Il tempo di Avvento.
- La salvezza. Comincia con questa domenica il tempo di Avvento e il nuovo anno liturgico. Se

l’elemento distintivo dell’Avvento è da un lato la venuta di Cristo, d’altro lato, dal lato del cristiano,
è l’attesa della salvezza. Il cristiano, anche se ha già ricevuto la salvezza, continua ad attenderla. Infatti,
è «nella speranza che siamo stati salvati» (Rm 8,24). L’avvento perciò ricorda ai cristiani che
essi non possono considerarsi al sicuro finché la salvezza, già realizzata da Cristo attraverso
l’evento pasquale, non si sarà compiuta per loro definitivamente con l’ingresso nel regno celeste. La
parola chiave di tutto l’Avvento è appunto “salvezza”. Attendiamo Cristo che viene; e Cristo non
viene se non per salvare. Per quanti interventi di Dio possiamo avere sperimentato, per quante volte
Cristo possa averci salvato, rimane sempre l’attesa di una salvezza più perfetta e definitiva (1Pt
1,5.9). Occorre perciò sentirsi sempre bisognosi di essere salvati; un bisogno che la Chiesa esprime
con il Maranathà, “vieni Signore”. Non basta essere già stati salvati da peccati anche profondi e
gravi, e poi sedersi tranquillamente e “dormire”, cioè pensare che ormai siamo a posto per sempre e
quindi ci si può rilassare e fare quello che ci pare. Anche ciò che abbiamo ricevuto si può perdere e
la nostra condizione può diventare peggiore di quella precedente (2Pt 2,20; Mt 12,45). Per questo
dopo essere stati salvati il combattimento sta tutto nel “rimanere svegli”, nel non assopirsi, nel non
rilassarsi, perché il demonio continua a ronzarci attorno, come un leone ruggente, per cercare di divorarci
(1Pt 5,8-9).
- La vigilanza. Così la tematica specifica della prima domenica di Avvento, anche se le letture cambiano
secondo l’anno liturgico, è sempre quella della vigilanza. Occorre vigilare, stare svegli, perché
si sta aspettando qualcosa di importante. Questo è vero, ovviamente, non solo per il periodo delle
quattro settimane di Avvento, ma per tutta l’esistenza del cristiano. Ciò a cui l’Avvento esorta
non vale soltanto per il periodo dell’Avvento, ma per tutta la vita.
2. Prima lettura. In questo brano si esprime molto bene la consapevolezza che la salvezza può venire,
e deve essere attesa, soltanto da Dio. Ogni salvezza umana è fallace. L’Israele dell’Antico Testamento
si è sempre trovato soggetto alla tentazione di rivolgersi a realtà umane per trovare salvezza;
e i profeti lo hanno continuamente richiamato a cercarla invece in Jahvè. Di fatto, anche dopo
che si è sperimentato il soccorso divino non si smette di ricorrere di nuovo a salvezze umane. La
prima lettura esprime dunque questa consapevolezza che soltanto Dio può veramente soddisfare
l’anelito profondo di redenzione che c’è nell’uomo. Il grande grido di Is 63,19 è il grido dell’Avvento:
«Se Tu squarciassi i cieli e scendessi!». È, possiamo dire, il Maranathà dell’Antico Testamento.
Dio ha ascoltato questo grido inviando dal cielo il suo unigenito Figlio. E tuttavia finché
siamo nella carne non possiamo fare a meno di continuare a gridare: Maranathà, vieni Signore Gesù,
sapendo che «la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti» (Rm 13,11), e
che non siamo ancora giunti alla meta (Fil 3,12).
3. La vigilanza e l’agire. Chissà perché si è voluto vedere nella vigilanza cristiana un disimpegno
dall’attività. La vigilanza, come anche la sobrietà (vedi testi di riferimento), è una condizione necessaria
per l’attività. L’attesa della salvezza, della meta celeste, non implica in alcun modo una
passività. Al contrario, Cristo dice di vegliare e allo stesso tempo affida a ciascuno “la sua opera”
(Mc 13,34). Il vigilare coincide con l’adempimento di un’opera. Non un’opera qualsiasi, ma quella
che ci ha affidato il Signore. Nella Chiesa ciascuno ha una sua opera da compiere, un talento da far
fruttare secondo le proprie capacità (Mt 25,15). Farsi trovare addormentati significa essere venuti
meno all’opera affidataci. E in effetti è il dormiente che è privo di attività e non chi è sveglio. Allo
stesso modo sono gli ebbri, e non i sobri, che non sono in grado di lavorare.
4. La meta. Quello dell’Avvento è anche, nonostante il colore viola, un tempo carico di gioia.
L’attesa del cristiano non è segnata dall’inquietudine. È invece contraddistinta dalla certezza che
stiamo andando verso una meta felice, quella dell’incontro con Cristo, dell’ingresso nel suo regno
eterno. Come dice san Paolo, il cristiano “corre, ma non come chi è senza meta, combatte, ma non
come chi batte l’aria” (1Cor 9,26). A differenza di chi è senza speranza e si agita per non vedere che
davanti a sé sta la morte che si avvicina inesorabile giorno dopo giorno, il cristiano corre, opera, vive
intensamente, ma sapendo che davanti a sé ha una meta. E perciò tutto quello che fa riceve senso
e la giusta prospettiva da quella meta verso cui sta andando. L’Avvento ci chiama a vivere «lieti
nella speranza, pazienti nella tribolazione, assidui nella preghiera» (Rm 12,12).
5. Il Vangelo.
- L’immagine del portiere serve a sottolineare l’atteggiamento di vigilanza. Il compito del portiere
era quello di riconoscere chi poteva entrare e chi no. L’errore di discernimento da parte del portiere
avrebbe causato un disastro per gli abitanti della città. Gesù sta parlando ai quattro apostoli principali
(cfr. Mc 13,3). La vigilanza è richiesta innanzitutto ai leader della comunità. Ma anche a ciascun
membro (13,35). Per svolgere questo compito occorre essere ben svegli. Bisogna essere in
grado di distinguere, in situazioni in cui non è facile farlo (come nella notte), chi veramente è il padrone
di casa; in altri termini, chi veramente porta la salvezza, ed essere pronti ad accoglierlo. Ora,
se da un lato di per sé quello del portiere è solo uno dei vari compiti affidati ai servi (v. 34), d’altro
lato Cristo dice che questo atteggiamento del portiere deve essere di tutti (v. 37). Tutti dobbiamo
saper riconoscere da dove viene la vera salvezza e accoglierla. Di contro occorre essere in grado di
riconoscere e di bloccare l’accesso a coloro che sono come lupi vestiti da pecore, che sembrano portatori
di salvezza, ma in realtà ci derubano di essa (Gv 10,1-8). Questo vale innanzitutto al livello
dei pensieri. Come insegnavano gli antichi padri, occorre vigilare sui pensieri che si affacciano alla
nostra mente per saper riconoscere la loro vera natura e bloccare quelli nocivi.
- Il problema sorge dal fatto che la realtà che ci circonda, il mondo in cui viviamo, presenta altri tipi
di salvezza, presenta altri messia (Mc 13,5-8.21-23). Per questo occorre “stare attenti” (13,23) per
non essere ingannati (13,5). La tribolazione che accompagna gli ultimi tempi, vale a dire il tempo
della salvezza inaugurata da Cristo con la sua prima venuta, si deve al fatto che il mondo rifiuta di
riconoscere in lui il salvatore, per presentare altri tipi di salvezza. Il mondo si oppone a Cristo, perché
vuole implementare una salvezza umana. I poteri umani combattono Cristo e si combattono fra
di loro (13,8) perché ognuno vuole presentarsi come il salvatore.
- Vigilate! Il senso è quello di “vegliare ininterrottamente”; non bisogna mai farsi prendere dal sonno.
Lo stare svegli implica una lotta contro la “carne” che tende a rilassarsi, ad assopirsi, ad addormentarsi.
È una lotta contro gli “spiriti del male” (Ef 6,12) che vogliono derubarci della salvezza facendoci
addormentare, somministrandoci dei sonniferi che ci costringono al torpore e a vivere alienati
nel sonno del peccato o dei desideri del mondo, come se da essi venisse la salvezza. Addormentarsi
un attimo può essere fatale, per due motivi: 1) Non si può mai dare per scontato di essere in
salvo; se ci si addormenta possiamo farci cogliere alla sprovvista dal nemico e farci portare via tutto
(vv. 37-38). 2) Non possiamo prenderci una pausa, pensando che sicuramente durante questa pausa
Cristo non verrà. Cristo viene come un ladro, cioè quando non sappiamo, improvvisamente, in un
kairos (v. 33), un momento determinato che noi non conosciamo. Così è il tempo della salvezza,
che certamente viene (Ab 2,3), ma non sappiamo quando. Per questo occorre stare sempre pronti
per non rimanere esclusi dalla salvezza.

Fonte:www.donmarcoceccarelli.it

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