DON PaoloScquizzato,"Ci s’illumina solo illuminando gli altri"

OMELIA 32a Domenica Tempo Ordinario. Anno A
«Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro
allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora». (Mt 25, 1-13)

La vita è una continua ‘uscita’ da sé, dal proprio egoismo, dal proprio bozzolo in cui siamo avviluppati. Per questo si può trasformare in incontro.
Siamo tutti in viaggio verso lo Sposo, nostro compimento ultimo, sia che lo si sappia (vergini sagge), o meno (vergini stolte) e tutti con le nostre grosse lampade, le nostre vite, le nostre storie, alcune inzuppate d’amore, altre meno, alcune per nulla.
Alla fine ci addormenteremo tutti, quando la morte ci coglierà rivelando finalmente il valore di ciascuno.
Le ‘vergini stolte’ son coloro la cui vita è cresciuta solo in quantità, addizionando anni su anni, ma non giungendo mai alla luce di sé, perché ci s’illumina solo illuminando gli altri. Si giunge al compimento di sé attraverso l’amore riversato sulle creature,  unica possibilità per entrare nella vita per sempre.
Si entra nella Vita da vivi.
Le ‘vergini stolte’ si accorgono solo alla fine della propria avventura biologica, di avere un corpo inconsistente, fatto di polvere, incapace di scavalcare la morte. Si sono presentate all’appuntamento con la morte da ‘morte’. Ed ora è troppo tardi.
Se non hai mai illuminato nessuno ti spegni anche tu.
Dovrebbero andare a recuperare – comprare – ora un po’ di quell’olio che potrebbe illuminarle, ma l’amore si acquisisce in tempi molto lunghi, nel corso di una vita, e soprattutto nessuno può amare al posto nostro.
Questa nostra vita ci è data per recuperare quell’olio – vivere l’amore – in grado di farci capaci per l’eternità, di formarci nel qui ed ora quei polmoni che ci permetteranno di respirare l’aria dell’eternità.

Ora queste ‘vergini stolte’ invocano, chiamano, reclamano. Ma la vita ha un termine. I giochi son fatti. E il Signore dirà: «Tu eri sempre con me, a invocarmi come ‘Signore, Signore’, ma intanto non mi hai riconosciuto quando avevo fame, quando ero assetato, nudo, profugo, ammalato e in carcere… In questo modo ti sei chiuso da te la porta. Non ti sei costruito capace di continuare la vita, e ora non sei nulla, sei irriconoscibile, tanto che non ti riconosco. Non ti conosco perché tu non mi hai mai riconosciuto nell’altro».
Aprire la porta all’umanità che reclama solo un po’ di felicità, è aprire le porte a Cristo che ci viene incontro per salvarci.
Sono i poveri a salvarci, a riempire le nostre lampade, le nostre vite, a renderci ‘immortali’, illuminandoci per farci superare il buio della morte e vivere per sempre.

Fonte:www.paoloscquizzato.it/

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