padre Gian Franco Scarpitta "Convincerci del vero Dio con il Battista"

Convincerci del vero Dio con il Battista
padre Gian Franco Scarpitta  
III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (17/12/2017)
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Ancora una volta due personaggi ci si pongono alla nostra attenzione, ciascuno con i suoi appropriati
riferimenti: l'autore anonimo del cap 61 del libro di Isaia, definito Isaia (Non il profeta originale) e Giovanni Battista. Il primo dei due parla quando il popolo d'Israele è stato affrancato dall'asservimento subito a Babilonia, proclamandosi proclamatore della giustizia, della pace, della liberazione definitiva e soprattutto preannunciando un tempo di misericordia del Signore. La prospettiva futura delineata dal profeta è esaltante e rincuora gli animi di tutti, raggiunge il vasto popolo degli Israeliti e lo supera, poiché la salvezza è comunque rivolta a tutte le nazioni. A tutti è promesso un Salvatore e un Re universale, Unto per apportare la giustizia e la pace a tutti i popoli, nel quale tutti si riconosceranno. Il Messia è il corrispondente ebraico del Cristo, il cui termine significa appunto Unto: Gesù Cristo sarà il Salvatore Unto da Dio. Egli è la verità assoluta che entra nella storia, la Parola di Dio che era sin dal principio e viene a vivere in mezzo a noi. Letteralmente “a porre la tenda in mezzo a noi” (Gv 1, 14). Tuttavia il Messia non precipita improvvisamente dall'alto, ma vuole predisporre gli animi di tutti al suo arrivo. Ecco che allora, nella scena evangelica del prologo del quarto Vangelo, emerge improvvisamente un uomo, un soggetto avente un'identità e un nome: Giovanni. In Luca la sua nascita viene preannunciata con la visita dell'angelo Gabriele a Maria e lo si intravede esultare nel grembo di Elisabetta all'arrivo della Vergine a casa di questa (Lc 1, 48 - 50); nel quarto evangelo la sua figura si impone invece immediatamente dopo la proclamazione dell'eternità del Verbo, della sua consustanzialità con Dio Padre e dell'incarnazione: “E venne un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni”. Etimologicamente il nome vuol dire: “Dio ha avuto misericordia”, anche per aver dato ad Elisabetta questo figlio in tarda età, ma soprattutto perché in lui si rivela la misericordia divina definitiva di cui parlava il succitato libro del profeta Isaia: Dio infatti ama gli uomini e attraverso di lui li predispone al messaggio della lieta novella del Messia. Giovanni infatti parlando di se stesso preferisce esprimersi nella forma negativa affermando ciò che non è: non è lui il Messia, non è lui la Luce e nemmeno uno dei profeti redivivi. Solo quando viene messo alle strette decide di qualificarsi come “testimone” che brilla di luce riflessa, dovendo lui attestare la presenza di Chi è più grande di lui. Viene insomma ad introdurre la parola del Cristo, a spianare la strada alla sua ventura predicazione, a predisporre gli animi alla verità. E nel fare questo predica nel “deserto”, proclama l'avvento della verità, orienta tutti all'attesa della salvezza definitiva con la sua eloquenza e con la sua testimonianza di vita austera e penitente con la quale convince tutti che è utile solo ciò che essenziale e che il superfluo va aborrito. Non soltanto in ordine al possesso e alla ricchezza, ma anche in attinenza al peccato: questo è tanto inutile quanto dannoso. Giovanni invita tutti di conseguenza al pentimento dei propri peccati e alla volontà di ravvedimento e per ciò stesso amministra un battesimo che è solamente un dato esteriore (immersione nell'acqua) attestante l'avvenuta conversione di ciascuno. Chi si convince dei propri peccati provandone dolore si accosta alla riva del Giordano dove lui battezza, confessa i propri peccati e viene immerso nell'acqua a significare che adesso vuol cambiare vita. E che si è scrollato di dosso tutti i gravami che gli erano di impedimento all'ascolto della ventura Buona Novella. Ora è pronto ad assimilare ogni parola del Verbo fatto uomo. Giovanni insomma dimostra che la misericordia del Signore è immensa, al punto da non limitarsi all'evento già unico e irripetibile dell'incarnazione del suo Figlio, ma da predisporci anche alla sua venuta. Condurci infatti verso il Messia dimentichi dei nostri peccati non può essere infatti che Amore di Dio. Se non si sgombra il terreno dai sassi non si può spianare una strada e se non si erigono ponti fra le varie montagne sarà un sogno l'autostrada. Giovanni con la sua attività dipana la via e la rende percorribile e per questo meriterà la singolare esaltazione di Gesù, che lo definirà “grande fra i nati di donna”.
Questo personaggio che ci parla “nel deserto” ci infonde quindi il senso di Dio, non soddisfacendo le nostre pretese singolari di divinità illusorie e paganeggianti; non approvando l'idolatria latente a cui siamo inconsapevolmente costretti dalla moda e dalla propaganda; non legittimando le nostre chimere e il fascino effimero del culto esagerato di noi stessi, né tantomeno lasciando che coltiviamo la presunta risorsa della violenza e del guadagno facile e delle ingiustizie quali espedienti di religiosità conclamata. Piuttosto ci convince del vero Dio, ossia dell'Altro da noi, dell'Ineffabile Creatore che tuttavia si fa per noi. Del Dio eterno e infinto, che entra nello spazio e nel tempo; del Grande Signore che diventerà uomo e per di più Bambino indifeso. Ma prima di tutto ci rende consapevoli della fallacia e della vanità di tutto ciò che si oppone al vero Dio.

Fonte:www.qumran2.net

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