FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,14-20)

III Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso

Cantate al Signore un canto nuovo,

cantate al Signore da tutta la terra;
splendore e maestà dinanzi a lui,
potenza e bellezza nel suo santuario. (Sal 96,1.6)

Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
guida i nostri atti secondo la tua volontà,
perché nel nome del tuo diletto Figlio
portiamo frutti generosi di opere buone.

Oppure:
O Padre, che nel tuo Figlio
ci hai dato la pienezza della tua parola e del tuo dono,
fa’ che sentiamo l’urgenza di convertirci a te
e di aderire con tutta l’anima al Vangelo,
perché la nostra vita
annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani
l’unico Salvatore, Gesù Cristo.

PRIMA LETTURA (Gio 3,1-5.10)
I Niniviti si convertirono dalla loro condotta malvagia.
Dal libro del profeta Giona

Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore.
Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta».
I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli.
Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 24)

Rit: Fammi conoscere, Signore, le tue vie.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza. Rit:

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore. Rit:

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via. Rit: 

SECONDA LETTURA (1Cor 7,29-31)
Passa la figura di questo mondo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

Canto al Vangelo (Mc 1, 15)
Alleluia, alleluia.
Il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete nel Vangelo.
Alleluia.

VANGELO (Mc 1,14-20)
Convertitevi e credete al Vangelo.
+ Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Preghiera sulle offerte
Accogli i nostri doni, Padre misericordioso,
e consacrali con la potenza del tuo Spirito,
perché diventino per noi sacramento di salvezza.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona di comunione
Guardate al Signore e sarete raggianti,
e il vostro volto non sarà confuso. (Sal 34,6)

Oppure:
“Io sono la luce del mondo”,
dice il Signore; “chi segue me,
non cammina nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita”. (Gv 8,12)

Oppure:
“Il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete al Vangelo”. (Mc 1,15)
Preghiera dopo la comunione
O Dio, che in questi santi misteri
ci hai nutriti col corpo e sangue del tuo Figlio,
fa’ che ci rallegriamo sempre del tuo dono,
sorgente inesauribile di vita nuova.

Lectio
Dopo i racconti del battesimo di Gesù e delle tentazioni, dove Gesù è proclamato da Dio il suo Figlio prediletto e dove egli ha operato la scelta di fondo rispetto a seducenti scorciatoie per vivere la sua missione di Messia, ecco la proclamazione della “buona notizia”: la vicinanza definitiva del regno di Dio in Gesù Cristo. Di fronte al fatto che il Regno di Dio viene, si impone la decisione dell’uomo: accogliere o rifiutare la persona stessa di Gesù. È proprio da questa identificazione che la parola euanghèlion passerà ad indicare, nel primo cristianesimo, la buona notizia di Gesù Cristo, non solo come soggetto dell’annuncio, ma anche come suo oggetto. Egli è il Regno di Dio in mezzo a noi.
Nella prima lettura, l’invito di Dio rivolto a Giona chiede non la condivisione di un’idea, di un progetto, ma di lasciarsi guidare da una parola che coinvolge e trasforma la vita, proveniente da Colui che è fedele e che non viene meno alle sue promesse. Giona è il credente in fuga di fronte a una chiamata che ha dell’assurdo per la logica umana: predicare conversione e pentimento a Ninive, capitale dell’impero assiro. Come potranno convertirsi i niniviti? In realtà la conversione dei niniviti dovrà essere preceduta dalla conversione dell’inviato.

v.15: È descritto il tempo: è finito il tempo delle profezie, adesso inizia qualcosa di nuovo. Gesù trasmette la notizia di qualcosa che è già stato fatto: “il tempo è compiuto”; è opera di Dio e non dell’uomo. All’uomo viene chiesta una risposta coerente: conversione e fede sono la risposta dell’uomo. Dio ha deciso di venire a regnare e questa venuta è vicina; cambiamo dunque orientamento alla nostra vita. Tutta la vita di Gesù si può leggere a partire di lì.
Il Regno di Dio è vicino, cioè è a portata di mano, è a portata dell’esperienza dell’uomo. Cosa significa che Dio viene a regnare? Nella storia di Israele Dio ha esercitato un potere di salvezza: il potere che esercita Dio è un potere che rende l’uomo libero. La sovranità di Dio è liberante. Dio rende l’uomo integro e completo. Ma questa sovranità si manifesta sempre e ovunque? In realtà, nella vita dell’uomo si manifestano altre sovranità (politiche, psicologiche, economiche…). Il vangelo dice che il diritto regale di sovranità posseduto da Dio è vicino; il che non vuol dire che verrà tra poco tempo, ma significa che lo possiamo sperimentare e vivere, lo possiamo toccare con mano. Questa è l’esperienza propria dei santi. Nei santi l’impulso all’autodifesa, la tendenza a vivere, a escludere ciò che è minaccia è stato superato dall’impulso dell’amore, dal desiderio di far vivere: questo è il Regno di Dio. Su quell’uomo, in quel momento, non ha governato la natura, ma ha regnato Dio; la volontà di Dio si è presentata come volontà sovrana. Questo è il Regno di Dio: obbedire a Dio, lasciare che Dio regni nelle nostre decisioni. Dio esercita una sovranità sul cuore dell’uomo quando questo è fiducioso e obbediente e l’uomo fa passare Dio nel suo comportamento.
La conversione è fondamentalmente la risposta a un evento, a quella lieta notizia di Dio che ha deciso di venire a regnare. In Gesù ci è apparso l’amore di Dio verso di noi, verso l’uomo, ogni uomo. La conversione è la conseguenza della vicinanza del Regno e del compimento del tempo e corrisponde all’atteggiamento di Gesù che, con abbandono completo, attende tutto da Dio. Conversione, dunque, non è un parziale cambiamento, ma un vero e proprio rovesciamento, un passaggio dall’egoismo all’amore, dalla difesa dei miei privilegi alla solidarietà più radicale. È un cambiamento che non si può contenere nelle vecchie strutture: le rompe. Le vecchie strutture sono state create per servire un altro tipo di Dio e per un’altra visione dell’uomo. L’accento non è messo sul mutamento delle qualità o delle azioni dell’uomo, ma su quel suo orientamento globale del suo rapporto con Dio. L’invito è a fare esperienza di Dio. Orientare di nuovo la propria esistenza si manifesta concretamente nell’adesione a Gesù, lasciando ciò che costituisce la vita di sempre, le reti, la barca, la famiglia stessa, per camminare dietro a Gesù: legarsi più strettamente a Lui per partecipare alla sua vita stessa. Il discepolo di Gesù deve essere pronto a prendere su di sé tutte le conseguenze, fino a portare la croce con il suo maestro e a perdere la vita per amore di Lui. Nella chiesa la sequela di Cristo e il rapporto discepolo maestro va esteso a tutti i fedeli. Coloro che professano il cristianesimo devono seguire le orme del loro Signore.

v.17: La chiamata dei primi discepoli vuole essere un esempio concreto di conversione, ed è semplicemente la conversione necessaria per essere cristiani. La sequela ha sempre il suo inizio nello sguardo che elegge e nella chiamata di Gesù. Gesù non incontra l’uomo in una sfera particolarmente religiosa, ma là dove costui veramente vive, nella sua vita di tutti i giorni. La chiamata di Gesù, efficace come la parola creatrice di Dio, crea la sequela e quel che sarà del chiamato sarà opera di Gesù. Così si realizza l’evento della grazia. La sequela è dunque un nuovo agire e un nuovo pensare che sgorga dall’evento della grazia.

v.18: Il discepolo è colui per il quale l’assoluto dell’uomo è il Regno di Dio. Il Regno di Dio è così importante da farlo diventare l’assoluto. Dove il Regno non diventa l’assoluto, il discepolato non scatta. Il Regno dunque fa irruzione nella vita dell’uomo e chiede una sottomissione totale. Il Regno di Dio deve diventare l’assoluto, cioè viene messo al di sopra di ogni cosa. Questo Regno di Dio si intreccia concretamente nella vita dell’uomo con Gesù. La storia si esprime come una realizzazione progressiva del Regno di Dio, cioè come vittoria progressiva dalle potenze mondane che rendono schiavo l’uomo. L’ultima potenza ad essere annientata sarà la morte.
È il Cristo Risorto che opera questo: scioglie l’uomo da tutte le schiavitù. Quando questo è compiuto, Cristo conduce tutta l’umanità nella sottomissione al Padre. Siamo invitati a collocare la sovranità di Dio nella nostra vita come quell’assoluto che dà valore a tutte le scelte dell’uomo. Siamo chiamati a vedere chi e che cosa comanda nella nostra vita. Non è strano che ci siano ancora tante motivazioni mondane, ma ci è chiesto di orientare la nostra vita a Dio. Quando questo avviene c’è il discepolato. Questo non vuole dire che il discepolo non faccia dei peccati, però avrà il Regno come criterio ultimo della propria vita. Quando l’uomo è totalmente nel Regno di Dio, lì può essere totalmente se stesso. È con il Regno di Cristo che il Regno di Dio concretamente si esercita nella vita degli uomini. Appartenere al Regno significa essere in una sintonia docile con il Signore. Il Regno è concretamente dato in Gesù: l’adesione a Gesù assume i caratteri di una scelta totale e definitiva. Il discepolo dice a Gesù: tu sei la salvezza, tu sei l’Alleanza. Il mistero del Regno diventa concreto quando l’uomo incontra concretamente Gesù. Quando il rapporto con Gesù è riconosciuto come assoluto ed è una scelta definitiva di vita, tutto il resto è relativo. Non si dice con questo che il resto non conta niente: conta la famiglia, il lavoro, l’impegno sociale …
Ma di fronte a queste cose il discepolo deve diventare libero. Libero significa che il discepolo non riesce a essere totalmente in queste cose. Il discepolo può essere totalmente solo in Gesù. In Gesù deve mettere tutto se stesso, nelle altre cose no. C’è un discepolato quando una persona percepisce e vive che il suo assoluto è Gesù Cristo. Il resto è sperimentato con gioia, ma con libertà. In Gesù c’è un nuovo centro di attrazione e dà ai discepoli un comando: venite dietro a me. Questo è il Regno di Dio che attira: è calamita più forte di tutti gli altri legami. Spinge la persona verso un nuovo punto di riferimento: la persona di Gesù. Discepolato è fidarsi completamente del Signore senza perdere tempo in discussioni e problematizzazioni. L’affidamento a Gesù deve diventare completo e totale. Come i discepoli si affidano a Gesù, Gesù si prende la responsabilità di loro: dire ‘venite dietro di me’ vuol dire che io vi sto davanti. Vivendo questo rapporto con Gesù si conosce la verità, perché la verità è Gesù stesso. Il discepolo non cerca Gesù per le parole che dice, ma per incontrare Gesù stesso. Il cuore del cristianesimo sta nel rapporto unico e decisivo con la persona di Gesù, il rapporto con la sua umanità. Il discepolo è colui che vive la logica della croce: in essa scopre il volto di Dio. Il discepolo, allora, come Gesù, è un consegnato e un condannato a morte e si incammina con il legno verso il patibolo. Deve portare questo legno per tutta la vita, fino al supplizio. Solo in questo modo può partecipare con Gesù.

v.20: La loro vita non viene rovinata, ma viene dilatata, ingrandita, arricchita. Questo è il significato di una vocazione. Il nostro piccolo frammento di vita assume delle dimensioni molto più grandi perché viene rapportato a Dio e ai nostri fratelli.
Bisogna “lasciare” per andare dietro al Signore; non per il gusto di lasciare, ma per il gusto di andare dietro a lui. Perché è chiaro che se si sta attaccati alle reti non si può andare molto lontano dal lago. Abbandonare le reti vuol dire la capacità di rischiare, non sull’ignoto, ma sul vangelo e su Gesù Cristo.

Appendice
“Subito”, dice Marco: la vera fede non conosce esitazioni: subito ode, subito crede, subito segue e subito fa diventare pescatore. E subito, dice Marco, “abbandonate le reti”. Credo che con le reti essi abbiano abbandonato le passioni del mondo. “E lo seguirono”: essi non avrebbero infatti potuto seguire Gesù se si fossero portati dietro le reti, cioè i vizi terreni. […] La stessa parola del Signore aveva l’efficacia di un atto: qualunque cosa egli dicesse, la realizzava. […] Egli chiamò e subito essi lo seguirono (Girolamo, Comment. in Marc., 1).

Voi, giovani della Chiesa, con i vostri servizi sforzatevi di coprire tutti i servizi con sollecitudine; applicatevi ai vostri lavori con grande cura, perché durante tutto il vostro tempo possiate sovvenire e ai vostri e agli altrui bisogni, per non sovraccaricare i pastori della Chiesa di Dio. Perché anche noi, pur dedicandoci alla parola del Vangelo, non trascuriamo tuttavia i lavori accessori; in effetti, fra di noi alcuni sono pescatori, altri fabbricatori di tende, altri coltivatori; così che mai stiamo oziosi. Lavorate, dunque, senza posa; perché l’ozio è un vizio incurabile. In effetti, il Signore Dio nostro odia gli oziosi; nessuno dei fedeli di Dio deve dunque essere ozioso (Costituzioni apostoliche, II, 63, 1-6).

Con Gesù si compie il capovolgimento della predicazione profetica. I profeti, nel passato, predicavano il futuro. Gesù predica che il futuro è ormai qui, è presente: è la possibilità concreta offerta “ora” all’uomo. Questo capovolgimento è la radice di ogni novità rivoluzionaria, e si esprime nella coscienza che è giunto il momento; non attendete, non tentennate, non affannatevi più in vane ricerche: quel che sperate è ora una realtà a portata di mano (AA.VV., Una comunità legge il Vangelo di Marco, 1).

Nuova evangelizzazione significa annunciare qualche cosa che riguarda gli uomini, la salvezza di Dio per gli uomini d’oggi, per la gente che abbiamo davanti. Per potere annunciare qualcosa che riguarda gli uomini di oggi, bisogna avere un punto di aggancio, bisogna che ci sia un qualche punto di passaggio attraverso cui la Parola del Vangelo arrivi a significare qualcosa per gli ascoltatori. Altrimenti possiamo fare dei grandi annunci, anche belli, ma la gente li sente come distanti, come cose che non la riguardano: bello, tutto quello che riguarda Gesù di Nazareth! È una cosa grande e bella, ma che cosa ha a che fare con la mia vita? (...) Per annunciare il Vangelo ci vuole un aggancio. Un aggancio significa qualche cosa che susciti una domanda, un interrogativo, il perché di una spiegazione. Si può trovare un aggancio nei miracoli: se qualcuno fa dei miracoli dopo può annunciare il Vangelo, ma c’è un aggancio fondamentale che è la vita della comunità cristiana. (...) Posso annunciare Gesù Cristo, se Gesù Cristo è rilevante, cioè se la fede in Gesù Cristo ha cambiato un pezzettino di mondo, un angolino solo, mica tanto, mi basta un angolino. Se quell’angolino lì è davvero cambiato a motivo di Gesù Cristo, io posso dire che Gesù Cristo è un risorto, è un vivente, è capace di lavorare, è capace di agire, è capace di cambiare le cose, è capace di procurare, di creare delle situazioni diverse, nuove. Insomma, l’annuncio del Vangelo fa riferimento alla comunità cristiana come pezzo di mondo trasformato dall’incontro con Cristo e la sua Parola. Per questo è fondamentale che l’annuncio del Vangelo vada insieme con la crescita della comunità cristiana, cioè con la trasformazione di quel materiale concreto di cui è fatta la comunità cristiana, trasformazione per la forza della Parola di Dio e dello Spirito Santo, cioè per la presenza di Gesù. Non posso annunciare il Vangelo fuori se non ho alle spalle una comunità cambiata dal Vangelo. S’intende: una comunità cambiata dal Vangelo non può non annunciare il Vangelo al di fuori, non può non diventare missionaria. Quando una comunità tiene il Vangelo per se stessa lo deforma, lo irrigidisce, gli fa perdere la sua lucentezza e la sua forza (L. Monari, Sulla via di Gesù pp. 69-71).

Cosa ci spinge a seguire il primo che passa? Non era forse questo, Gesù? Sarebbe sciocco sottovalutare come sia comune tra gli uomini il seguire qualche miraggio, qualche promessa, spesso qualche illusione offerta dai tanti “primi che passano”. Quale è allora la promessa di Gesù, che cosa lo rende differente dagli altri? “Vi farò pescatori di uomini”, prenderò quello che siete ora e ne farò qualcosa di rinnovato, esalterò quello che sapete di voi stessi rivelandovi la vostra verità agli occhi del Padre. Forse per comprendere questa strana promessa le parole di san Paolo ai Corinzi possono essere di aiuto, il suo invito a compiere ogni cosa come se non fosse tale, come se non fosse quello che ci appare. Non ci invita a percorrere una dimensione parallela, di sogno, avulsa dalla realtà. Ci chiama piuttosto a rileggere le nostre azioni con uno sguardo differente, grazie a Lui ormai svincolato dalle concezioni comuni e proiettato al superamento della “scena di questo mondo”, della figura transitoria delle cose della terra. Ma ecco una cosa che sembra distinguere ulteriormente la proposta di Cristo: la questione non è quella di imporre al mondo una “scena” differente, alternativa, contrapposta, ma togliere i veli che limitano la visuale umana alla superficie delle cose. È un rifiuto dell’ipocrisia, uno schiaffo ad ogni idolatria, uno stimolo a riconoscere sempre la superiore dignità dell’uomo rispetto alle cose di cui fa uso (Gruppo O.P.G.).

Cari fratelli e sorelle buongiorno,
il Vangelo di oggi ci presenta l’inizio della predicazione di Gesù in Galilea. San Marco sottolinea che Gesù cominciò a predicare «dopo che Giovanni [il Battista] fu arrestato» (1,14). Proprio nel momento in cui la voce profetica del Battezzatore, che annunciava la venuta del Regno di Dio, viene messa a tacere da Erode, Gesù inizia a percorrere le strade della sua terra per portare a tutti, specialmente ai poveri, «il Vangelo di Dio» (ibid.). L’annuncio di Gesù è simile a quello di Giovanni, con la differenza sostanziale che Gesù non indica più un altro che deve venire: Gesù è Lui stesso il compimento delle promesse; è Lui stesso la “buona notizia” da credere, da accogliere e da comunicare agli uomini e alle donne di tutti i tempi, affinché anch’essi affidino a Lui la loro esistenza. Gesù Cristo in persona è la Parola vivente e operante nella storia: chi lo ascolta e segue entra nel Regno di Dio.
Gesù è il compimento delle promesse divine perché è Colui che dona all’uomo lo Spirito Santo, l’“acqua viva” che disseta il nostro cuore inquieto, assetato di vita, di amore, di libertà, di pace: assetato di Dio. Quante volte sentiamo, o abbiamo sentito il nostro cuore assetato! Lo ha rivelato Egli stesso alla donna samaritana, incontrata presso il pozzo di Giacobbe, alla quale disse: «Dammi da bere» (Gv 4,7). Proprio queste parole di Cristo, rivolte alla Samaritana, hanno costituito il tema dell’annuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che oggi si conclude. Questa sera, con i fedeli della diocesi di Roma e con i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, ci riuniremo nella Basilica di San Paolo fuori le mura per pregare intensamente il Signore, affinché rafforzi il nostro impegno per la piena unità di tutti i cristiani. E’ una cosa brutta che i cristiani siano divisi! Gesù ci vuole uniti: un solo corpo. I nostri peccati, la storia, ci hanno divisi e per questo dobbiamo pregare tanto perché sia lo stesso Spirito Santo ad unirci di nuovo.
Dio, facendosi uomo, ha fatto propria la nostra sete, non solo dell’acqua materiale, ma soprattutto la sete di una vita piena, di una vita libera dalla schiavitù del male e della morte. Nello stesso tempo, con la sua incarnazione Dio ha posto la sua sete – perché anche Dio ha sete - nel cuore di un uomo: Gesù di Nazaret. Dio ha sete di noi, dei nostri cuori, del nostro amore, e ha messo questa sete nel cuore di Gesù. Dunque, nel cuore di Cristo si incontrano la sete umana e la sete divina. E il desiderio dell’unità dei suoi discepoli appartiene a questa sete. Lo troviamo espresso nella preghiera elevata al Padre prima della Passione: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Quello che voleva Gesù: l’unità di tutti! Il diavolo - lo sappiamo - è il padre delle divisioni, è uno che sempre divide, che sempre fa guerre, fa tanto male.
Che questa sete di Gesù diventi sempre più anche la nostra sete! Continuiamo, pertanto, a pregare e ad impegnarci per la piena unità dei discepoli di Cristo, nella certezza che Egli stesso è al nostro fianco e ci sostiene con la forza del suo Spirito affinché tale meta si avvicini. E affidiamo questa nostra preghiera alla materna intercessione di Maria Vergine, Madre di Cristo, Madre della Chiesa, perché Lei ci unisca tutti come una buona madre. (Papa Francesco, Angelus del 25 gennaio 2015)

Fonte:http://figliedellachiesa.org

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