FIGLIE DELLA CHIESA, Videro dove dimorava e rimasero con lui (Gv 1,35-42)
II Domenica del Tempo Ordinario
Anno B
Antifona d'ingresso
Tutta la terra ti adori, o Dio, e inneggi a te:
inneggi al tuo nome, o Altissimo.
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che governi il cielo e la terra,
ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo
e dona ai nostri giorni la tua pace.
Oppure:
O Dio, che riveli i segni della tua presenza
nella Chiesa, nella liturgia e nei fratelli,
fa’ che non lasciamo cadere a vuoto
nessuna tua parola,
per riconoscere il tuo progetto di salvezza
e divenire apostoli e profeti del tuo regno.
PRIMA LETTURA (1Sam 3,3-10.19)
Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.
Dal primo libro di Samuèle
In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio.
Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire.
Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.
Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuèle andò a dormire al suo posto.
Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuéle, Samuéle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».
Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.
SALMO RESPONSORIALE (Sal 39)
Rit: Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio. Rit:
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo». Rit:
«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo». Rit:
Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai. Rit:
SECONDA LETTURA (1Cor 6,13-15.17-20)
I vostri corpi sono membra di Cristo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo.
Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
Canto al Vangelo (Gv 1,41.17b)
Alleluia, alleluia.
«Abbiamo trovato il Messia»:
la grazia e la verità vennero per mezzo di lui.
Alleluia.
VANGELO (Gv 1,35-42)
Videro dove dimorava e rimasero con lui.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Preghiera sulle offerte
Concedi a noi tuoi fedeli, Signore,
di partecipare degnamente ai santi misteri
perché, ogni volta che celebriamo
questo memoriale del sacrificio del tuo Figlio,
si compie l’opera della nostra redenzione.
Antifona di comunione
Dinanzi a me hai preparato una mensa
e il mio calice trabocca. (Sal 23,5)
Oppure:
Abbiamo conosciuto l’amore che Dio ha per noi
e vi abbiamo creduto. (1Gv 4,16)
Oppure:
Giovanni Battista vide Gesù e disse:
“Ecco l’Agnello di Dio!”.
E i discepoli seguirono Gesù. (Gv 1,36-37)
Preghiera dopo la comunione
Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore,
perché nutriti con l’unico pane di vita
formiamo un cuor solo e un’anima sola.
Lectio
Il ciclo ordinario delle domeniche inizia con un racconto di vocazione. Dopo aver contemplato nel tempo natalizio il significato dell’apparizione e della presenza di Gesù nella nostra storia, ci viene proposto di deciderci a stare con lui e a camminare con lui. La liturgia propone il brano con cui Giovanni nel suo vangelo dà inizio all’azione diretta di Gesù: la chiamata dei primi discepoli. A differenza di quanto presentano i sinottici, nell’episodio riferito nel quarto vangelo la chiamata non è suscitata da un incontro diretto con Gesù. È fortemente marcata invece la strategia della mediazione: prima è Giovanni Battista che indirizza a lui due dei suoi discepoli; poi è uno di questi due, Andrea, che coinvolge suo fratello Simone. Il senso della vocazione non è solo un andare dietro a Gesù, ma è anche un portare gli altri a Gesù.
La pagina del vangelo è preparata dal testo della prima lettura che racconta la chiamata del giovane Samuele. È significativo che la voce di Dio venga ripetutamente interpretata come la voce di un uomo, di Eli: Dio entra così delicatamente nella vita di Samuele da poter essere confuso con un uomo. Dio si presenta nella vita dell’uomo come suo interlocutore che chiama per nome e al quale si risponde col “tu”. Così la risposta di Samuele: “Parla, perché il tuo servo ti ascolta” va intesa come un riconoscimento della sovranità di Dio del quale l’uomo è a servizio, ma va intesa anche come affermazione del proprio valore e della propria dignità che si esprimono nella missione. Acquista dunque un significato stupendo la vita di un profeta che trasmette la parola di Dio; ma acquista un valore solido la vita di ogni uomo che riceve da Dio una vocazione e una missione.
v.36: È la testimonianza di Giovanni: lui vede qualche cosa che gli occhi di carne non riescono a distinguere, vede quello che lo Spirito gli ha permesso di comprendere nella persona di Gesù, e ne rende testimonianza. Dice il vangelo di Giovanni: «Gesù passava». Da dove veniva? Dove stava andando? Chi era quell’uomo? Tutto questo è avvolto nel mistero; sembra che il passaggio di Gesù esprima un’esperienza costante nella vita della Chiesa. Cioè, non solo è passato in quel giorno là accanto a Giovanni il Battista, ma è colui che passa in mezzo all’esistenza degli uomini: ‘Si è fatto carne, è venuto ad abitare in mezzo a noi’, è colui che passa accanto a noi. Bisogna imparare a riconoscerlo. Di Gesù Giovanni dice: «è l’agnello di Dio», viene da Dio e lo rivela: «è l’agnello», sta andando al sacrificio; il cammino della sua vita è quello dell’Agnello pasquale che deve essere sacrificato per la salvezza del popolo.
v.37: Era necessario anche questo: è scritto di Giovanni che deve diminuire perché Gesù possa crescere. Giovanni è solo la voce, è Gesù la Parola; la voce deve scomparire perché la Parola rimanga, ed è proprio questo ciò che il Vangelo annunzia. I due discepoli lasciano Giovanni e incominciano il loro cammino dietro al Signore. Il Vangelo, quando dice: «sentendolo parlare così, seguirono Gesù» si riferisce a una sequela materiale: vanno dietro a Gesù, mettono i piedi dove ci sono le orme di Gesù. Dunque, questi due discepoli incominciano a seguire Gesù. È l’inizio di un cammino, del cammino del discepolato che porterà dove Gesù è, ma deve attraversare tutta l’esperienza e la vita dei discepoli.
v.38: Nel vangelo di san Giovanni sono le prime parole di Gesù, e sono parole significative; sono rivolte ai due discepoli, ma sono rivolte a tutti i lettori del quarto Vangelo, sono rivolte a noi perché ci interroghiamo nel nostro cuore e ci chiediamo se c’è un autentico desiderio di ricerca. Perché si può cercare Gesù in tanti modi. Detto in altri termini, ci possiamo chiedere: che cosa cerchi? I doni di Gesù? Se cerchi i doni di Gesù devi fare un passo ulteriore. Non sono i doni di Gesù che dobbiamo cercare, ma Gesù in persona, lui stesso; infatti conta più Lui, che non quello che lui ci può donare. «Che cosa cercate?». È quella domanda che il giorno di Pasqua Gesù risorto, ancora non riconosciuto, porrà a Maria di Magdala; quando Maria di Magdala è al sepolcro ed è ansiosa perché il corpo del Signore non c’è più. Gesù l’interroga così: «Donna (…) chi cerchi?» (Gv 20, 15). È proprio questa la domanda importante del Vangelo, ed è quella che dobbiamo interiorizzare; bisogna che il nostro cuore sia alla ricerca di qualche cosa, anzi alla ricerca di Qualcuno.
v.38: È bello che questi due discepoli interrogati dal Signore rispondono così: «Rabbi» (che significa maestro), dove abiti?» (Gv 1, 38b). Che è come dire: non cerchiamo niente, vogliamo Te. Vogliamo sapere qual è il luogo dove la Tua presenza si compie. Perché c’è un luogo misterioso nel mondo dove il Cielo ha incontrato la terra, dove l’immortalità ha incontrato la fragilità della condizione umana, dove la grazia di Dio ha incontrato il peccato. Bisogna trovare questo luogo: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Dove, «in mezzo a noi»?
v.39: Cosa vuole dire venire a Gesù? Muoversi verso il luogo dove l’umanità di Gesù è presente. Ma vuole dire di più: compiere un cammino di fede e di fiducia in Lui. “Venite”, è l’invito nel Libro dell’Antico Testamento della Sapienza, che chiama gli uomini ad andare da Lei per potersi abbeverare della Sapienza, che permette di vivere bene, di realizzare la giustizia e quindi anche la gioia (Sap 1, 1-2). Ebbene, Gesù è questa presenza della Sapienza che ci invita ad accogliere i suoi doni, il suo amore. E «vedrete» vuole dire: vediamo l’umanità di Gesù. Ma vuole dire: vediamo la presenza di Dio nell’umanità. Dirà Gesù a Filippo: «Chi vede me ha visto il Padre» (Gv 14, 9); chi vede l’uomo Gesù di Nazaret può vedere in lui il mistero e la santità di Dio.
In italiano abbiamo ascoltato diverse espressioni: “Dove abiti… videro dove abitava… si fermarono presso di lui”. In realtà in greco è lo stesso verbo, il verbo che afferma la comunione degli uomini con il Signore. Quel verbo che si trova frequentemente nel cap. 15, 1-17 del vangelo di Giovanni, dove Gesù presenta se stesso come la vera vite e noi come i tralci. I tralci vivono della vita che viene dal tronco dell’albero della vite. Dunque, per vivere i tralci devono rimanere nella vite. Se il loro rapporto con la vite s’interrompe, se sono tagliati, evidentemente i tralci non servono più a niente, sono solo da bruciare, sono legno inutile. Ebbene, la vita del credente è questo: un rimanere in Gesù. C’è un luogo dove Gesù abita, e quel luogo è l’abitazione del discepolo. Diventare discepoli vuole dire imparare ad andare in quel luogo e ad abitarci, a rimanervi in modo stabile, permanente; dove c’è il Signore lì c’è la nostra dimora, lì c’è la nostra casa.
Era circa l’ora decima. «L’ora decima», non un’ora qualsiasi, ma quella della perfezione, del compimento (cfr. Gv 19, 28). Hanno trovato Gesù, si sono fermati con lui, non c’è altro da fare o da cercare, c’è solo da vivere in pienezza quell’incontro.
v.41: L’esperienza di fede diventa inevitabilmente testimonianza. La fede non si trasmette attraverso dei libri, perché non è il risultato di un ragionamento e di un approfondimento teorico. La fede si trasmette dall’uno all’altro, attraverso la testimonianza con il fratello, con l’amico… perché è comunicare un’esperienza di pienezza e di gioia che si è fatta nell’incontro con il Signore.
Appendice
Come pecora fu condotto al macello per essere immolato (cf Is 53,7), e tuttavia egli non era una pecora; e come un agnello senza voce, e tuttavia egli non era un agnello. In effetti il simbolo è passato ed è stata trovata la verità. Invero al posto dell’agnello è venuto Dio e al posto della pecora un uomo, e nell’uomo Cristo che contiene tutto. Così dunque, l’immolazione dell’agnello, il rito della Pasqua e la lettera della Legge sono terminati in Cristo Gesù, in vista del quale tutto accadde nella Legge antica. Partorito come Figlio, è condotto come agnello, è immolato come capretto, è sepolto come uomo, egli risuscita come Dio, essendo per natura Dio e uomo. Lui che è tutto: legge in quanto giudica, Verbo in quanto insegna, grazia in quanto salva, Padre in quanto genera, Figlio in quanto è generato, agnello in quanto soffre, uomo in quanto è sepolto, Dio in quanto è risuscitato. Questo è Gesù, il Cristo. A lui la gloria nei secoli. Amen (Melitone di Sardi, Sulla Pasqua).
«Ecco l’Agnello di Dio» (Gv 1,36). Questa formula del Battista resterà per sempre come la «testimonianza» resa a Gesù. Sempre con essa il sacerdote, nella liturgia della Messa, rinnovando il gesto di Giovanni indica Gesù presente nell’eucaristia alla fede dei credenti. Come agnello di Dio, Giovanni [l’evangelista] indica Gesù sulla croce quando gli applica le parole dell’Esodo sull’agnello pasquale: «Non gli sarà spezzato nessun osso» (Gv 19,26). Ed è ancora nella figura dell’agnello di Dio che tutta l’Apocalisse mostra Gesù che ci svela e ci scioglie il mistero del destino dell’uomo, spezzando i sigilli che lo racchiudevano. Designando Gesù come l’agnello che prende su di sé il peccato del mondo, Giovanni si riferiva evidentemente all’agnello immolato al tempo dell’uscita dall’Egitto. L’ira di Dio avrebbe dovuto colpire tutta l’umanità peccatrice, perché Dio è il Dio santo. Ma poiché Dio è il Dio d’amore, il Figlio suo prende il posto dell’uomo peccatore per portare sopra di sé il peso dell’ira; in tal modo tutti coloro che avranno fede in lui e saranno segnati con il suo sangue al battesimo, verranno risparmiati. È così che l’agnello di Dio prende su di sé il peccato del mondo. È così che la passione di Gesù riunisce e concilia misteriosamente questi due aspetti di Dio, senza i quali Dio non sarebbe Dio: la sua infinita santità e la sua infinita misericordia. È così che l’agnello di Dio rivela e risolve il mistero dell’uomo nella sua duplice dimensione di miseria e di grandezza (J. Daniélou, Giovanni Battista, testimone dell’agnello, 135).
Il simbolo dell’Agnello non esprime in primo luogo ciò che a noi può costare la nostra Pasqua verso Dio, ma ciò attraverso il quale Dio decide di passare per venire fino a noi (G. Martelet, Libera risposta a uno scandalo, 203-4).
Badiamo di essere miti al pari dell’agnello divino, senza armi per attaccare, senza armi per difenderci, lasciandoci assalire, tosare, sgozzare senza resistere e senza una parola di lamento (C. de Foucauld, Opere spirituali 199-200).
Per diventare discepoli di Gesù ci vogliono tre cose: cercare Gesù, farne esperienza diretta, darne testimonianza (G. Benedetti, Il Vangelo della festa, 369).
Fissare lo sguardo. Prima di parlare con qualcuno, prima di dire qualcosa di lui, prima di chiedergli qualsiasi cosa, tenere lo sguardo fisso su di lui. Del resto, quando cerchiamo qualcuno perché ci faccia un qualche servizio, nemmeno alziamo gli occhi verso di lui; in altri casi l’unico sguardo con cui scrutiamo o siamo scrutati è quello che mette gli uomini su due piani differenti, dall’alto in basso o viceversa, e comunque da posizioni nelle quali non è possibile indagare nel profondo lo sguardo altrui. Negli occhi di Gesù, invece, gli apostoli trovano un’autorevolezza senza pari, trovano un uomo di cui desiderano conoscere la dimora, trovano colui che per tre anni e poi per tutto il resto della loro vita li porterà con sé per mostrare loro ogni giorno dove abita e quel è la sua vera casa, trovano colui il cui sguardo è un invito irrinunciabile ad essere costantemente curiosi di Dio, trovano uno dal quale è accettabile addirittura che di punto in bianco ti cambi il nome. Negli occhi degli apostoli, Gesù riconosce la verità di ogni uomo, riconosce la strada che conduce ciascuno alla conoscenza della volontà del Padre, riconosce l’intima grandezza della dignità di ognuno, quella dignità che fa gridare a san Paolo “Glorificate Dio nel vostro corpo!”, quel valore così profondo dell’umanità e della corporeità stessa che la rendono luogo della venuta di Gesù, dimora sacra e preferita di Dio, del suo Spirito, del suo Figlio. Gesù riconosce al nostro corpo una connessione stretta al corpo di Dio stesso, una dimensione di appartenenza diretta a Dio; e se pensiamo che queste sono le parole di un uomo che ha considerato possibile il farsi inchiodare su una croce, forse sarà difficile trovare scappatoie rispetto alle nostre paure e miserie spirituali (Gruppo O.P.G.).
Cari fratelli e sorelle!
Nelle Letture bibliche di questa domenica – la seconda del Tempo Ordinario – emerge il tema della vocazione: nel Vangelo è la chiamata dei primi discepoli da parte di Gesù; nella prima Lettura è la chiamata del profeta Samuele. In entrambi i racconti risalta l’importanza della figura che svolge il ruolo di mediatore, aiutando le persone chiamate a riconoscere la voce di Dio e a seguirla. Nel caso di Samuele, si tratta di Eli, sacerdote del tempio di Silo, dove era custodita anticamente l’arca dell’alleanza, prima di essere trasportata a Gerusalemme. Una notte Samuele, che era ancora un ragazzo e fin da piccolo viveva al servizio del tempio, per tre volte di seguito si sentì chiamare nel sonno e corse da Eli. Ma non era lui a chiamarlo. Alla terza volta Eli capì, e disse a Samuele: Se ti chiamerà ancora, rispondi: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Sam 3,9). Così avvenne, e da allora in poi Samuele imparò a riconoscere le parole di Dio e divenne il suo fedele profeta. Nel caso dei discepoli di Gesù, la figura mediatrice è quella di Giovanni Battista. In effetti, Giovanni aveva una vasta cerchia di discepoli, e tra questi vi erano anche le due coppie di fratelli Simone e Andrea, Giovanni e Giacomo, pescatori della Galilea. Proprio a due di questi il Battista indicò Gesù, il giorno dopo il suo battesimo nel fiume Giordano. Lo indicò loro dicendo: “Ecco l’agnello di Dio!” (Gv 1,36), che equivaleva a dire: Ecco il Messia. E quei due seguirono Gesù, rimasero a lungo con Lui e si convinsero che era veramente il Cristo. Subito lo dissero agli altri, e così si formò il primo nucleo di quello che sarebbe diventato il collegio degli Apostoli.
Alla luce di questi due testi, vorrei sottolineare il ruolo decisivo della guida spirituale nel cammino di fede e, in particolare, nella risposta alla vocazione di speciale consacrazione per il servizio di Dio e del suo popolo. Già la stessa fede cristiana, di per sé, presuppone l’annuncio e la testimonianza: infatti essa consiste nell’adesione alla buona notizia che Gesù di Nazaret è morto e risorto, che è Dio. E così anche la chiamata a seguire Gesù più da vicino, rinunciando a formare una propria famiglia per dedicarsi alla grande famiglia della Chiesa, passa normalmente attraverso la testimonianza e la proposta di un “fratello maggiore”, di solito un sacerdote. Questo senza dimenticare il ruolo fondamentale dei genitori, che con la loro fede genuina e gioiosa e il loro amore coniugale mostrano ai figli che è bello ed è possibile costruire tutta la vita sull’amore di Dio.
Cari amici, preghiamo la Vergine Maria per tutti gli educatori, specialmente i sacerdoti e i genitori, perché abbiano piena consapevolezza dell’importanza del loro ruolo spirituale, per favorire nei giovani, oltre alla crescita umana, la risposta alla chiamata di Dio, a dire: “Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta”. (Papa Benedetto XVI, Angelus del 15 gennaio 2012)
Fonte:http://figliedellachiesa.org/
Anno B
Antifona d'ingresso
Tutta la terra ti adori, o Dio, e inneggi a te:
inneggi al tuo nome, o Altissimo.
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che governi il cielo e la terra,
ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo
e dona ai nostri giorni la tua pace.
Oppure:
O Dio, che riveli i segni della tua presenza
nella Chiesa, nella liturgia e nei fratelli,
fa’ che non lasciamo cadere a vuoto
nessuna tua parola,
per riconoscere il tuo progetto di salvezza
e divenire apostoli e profeti del tuo regno.
PRIMA LETTURA (1Sam 3,3-10.19)
Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.
Dal primo libro di Samuèle
In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio.
Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire.
Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.
Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuèle andò a dormire al suo posto.
Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuéle, Samuéle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».
Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.
SALMO RESPONSORIALE (Sal 39)
Rit: Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio. Rit:
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo». Rit:
«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo». Rit:
Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai. Rit:
SECONDA LETTURA (1Cor 6,13-15.17-20)
I vostri corpi sono membra di Cristo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo.
Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
Canto al Vangelo (Gv 1,41.17b)
Alleluia, alleluia.
«Abbiamo trovato il Messia»:
la grazia e la verità vennero per mezzo di lui.
Alleluia.
VANGELO (Gv 1,35-42)
Videro dove dimorava e rimasero con lui.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Preghiera sulle offerte
Concedi a noi tuoi fedeli, Signore,
di partecipare degnamente ai santi misteri
perché, ogni volta che celebriamo
questo memoriale del sacrificio del tuo Figlio,
si compie l’opera della nostra redenzione.
Antifona di comunione
Dinanzi a me hai preparato una mensa
e il mio calice trabocca. (Sal 23,5)
Oppure:
Abbiamo conosciuto l’amore che Dio ha per noi
e vi abbiamo creduto. (1Gv 4,16)
Oppure:
Giovanni Battista vide Gesù e disse:
“Ecco l’Agnello di Dio!”.
E i discepoli seguirono Gesù. (Gv 1,36-37)
Preghiera dopo la comunione
Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore,
perché nutriti con l’unico pane di vita
formiamo un cuor solo e un’anima sola.
Lectio
Il ciclo ordinario delle domeniche inizia con un racconto di vocazione. Dopo aver contemplato nel tempo natalizio il significato dell’apparizione e della presenza di Gesù nella nostra storia, ci viene proposto di deciderci a stare con lui e a camminare con lui. La liturgia propone il brano con cui Giovanni nel suo vangelo dà inizio all’azione diretta di Gesù: la chiamata dei primi discepoli. A differenza di quanto presentano i sinottici, nell’episodio riferito nel quarto vangelo la chiamata non è suscitata da un incontro diretto con Gesù. È fortemente marcata invece la strategia della mediazione: prima è Giovanni Battista che indirizza a lui due dei suoi discepoli; poi è uno di questi due, Andrea, che coinvolge suo fratello Simone. Il senso della vocazione non è solo un andare dietro a Gesù, ma è anche un portare gli altri a Gesù.
La pagina del vangelo è preparata dal testo della prima lettura che racconta la chiamata del giovane Samuele. È significativo che la voce di Dio venga ripetutamente interpretata come la voce di un uomo, di Eli: Dio entra così delicatamente nella vita di Samuele da poter essere confuso con un uomo. Dio si presenta nella vita dell’uomo come suo interlocutore che chiama per nome e al quale si risponde col “tu”. Così la risposta di Samuele: “Parla, perché il tuo servo ti ascolta” va intesa come un riconoscimento della sovranità di Dio del quale l’uomo è a servizio, ma va intesa anche come affermazione del proprio valore e della propria dignità che si esprimono nella missione. Acquista dunque un significato stupendo la vita di un profeta che trasmette la parola di Dio; ma acquista un valore solido la vita di ogni uomo che riceve da Dio una vocazione e una missione.
v.36: È la testimonianza di Giovanni: lui vede qualche cosa che gli occhi di carne non riescono a distinguere, vede quello che lo Spirito gli ha permesso di comprendere nella persona di Gesù, e ne rende testimonianza. Dice il vangelo di Giovanni: «Gesù passava». Da dove veniva? Dove stava andando? Chi era quell’uomo? Tutto questo è avvolto nel mistero; sembra che il passaggio di Gesù esprima un’esperienza costante nella vita della Chiesa. Cioè, non solo è passato in quel giorno là accanto a Giovanni il Battista, ma è colui che passa in mezzo all’esistenza degli uomini: ‘Si è fatto carne, è venuto ad abitare in mezzo a noi’, è colui che passa accanto a noi. Bisogna imparare a riconoscerlo. Di Gesù Giovanni dice: «è l’agnello di Dio», viene da Dio e lo rivela: «è l’agnello», sta andando al sacrificio; il cammino della sua vita è quello dell’Agnello pasquale che deve essere sacrificato per la salvezza del popolo.
v.37: Era necessario anche questo: è scritto di Giovanni che deve diminuire perché Gesù possa crescere. Giovanni è solo la voce, è Gesù la Parola; la voce deve scomparire perché la Parola rimanga, ed è proprio questo ciò che il Vangelo annunzia. I due discepoli lasciano Giovanni e incominciano il loro cammino dietro al Signore. Il Vangelo, quando dice: «sentendolo parlare così, seguirono Gesù» si riferisce a una sequela materiale: vanno dietro a Gesù, mettono i piedi dove ci sono le orme di Gesù. Dunque, questi due discepoli incominciano a seguire Gesù. È l’inizio di un cammino, del cammino del discepolato che porterà dove Gesù è, ma deve attraversare tutta l’esperienza e la vita dei discepoli.
v.38: Nel vangelo di san Giovanni sono le prime parole di Gesù, e sono parole significative; sono rivolte ai due discepoli, ma sono rivolte a tutti i lettori del quarto Vangelo, sono rivolte a noi perché ci interroghiamo nel nostro cuore e ci chiediamo se c’è un autentico desiderio di ricerca. Perché si può cercare Gesù in tanti modi. Detto in altri termini, ci possiamo chiedere: che cosa cerchi? I doni di Gesù? Se cerchi i doni di Gesù devi fare un passo ulteriore. Non sono i doni di Gesù che dobbiamo cercare, ma Gesù in persona, lui stesso; infatti conta più Lui, che non quello che lui ci può donare. «Che cosa cercate?». È quella domanda che il giorno di Pasqua Gesù risorto, ancora non riconosciuto, porrà a Maria di Magdala; quando Maria di Magdala è al sepolcro ed è ansiosa perché il corpo del Signore non c’è più. Gesù l’interroga così: «Donna (…) chi cerchi?» (Gv 20, 15). È proprio questa la domanda importante del Vangelo, ed è quella che dobbiamo interiorizzare; bisogna che il nostro cuore sia alla ricerca di qualche cosa, anzi alla ricerca di Qualcuno.
v.38: È bello che questi due discepoli interrogati dal Signore rispondono così: «Rabbi» (che significa maestro), dove abiti?» (Gv 1, 38b). Che è come dire: non cerchiamo niente, vogliamo Te. Vogliamo sapere qual è il luogo dove la Tua presenza si compie. Perché c’è un luogo misterioso nel mondo dove il Cielo ha incontrato la terra, dove l’immortalità ha incontrato la fragilità della condizione umana, dove la grazia di Dio ha incontrato il peccato. Bisogna trovare questo luogo: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Dove, «in mezzo a noi»?
v.39: Cosa vuole dire venire a Gesù? Muoversi verso il luogo dove l’umanità di Gesù è presente. Ma vuole dire di più: compiere un cammino di fede e di fiducia in Lui. “Venite”, è l’invito nel Libro dell’Antico Testamento della Sapienza, che chiama gli uomini ad andare da Lei per potersi abbeverare della Sapienza, che permette di vivere bene, di realizzare la giustizia e quindi anche la gioia (Sap 1, 1-2). Ebbene, Gesù è questa presenza della Sapienza che ci invita ad accogliere i suoi doni, il suo amore. E «vedrete» vuole dire: vediamo l’umanità di Gesù. Ma vuole dire: vediamo la presenza di Dio nell’umanità. Dirà Gesù a Filippo: «Chi vede me ha visto il Padre» (Gv 14, 9); chi vede l’uomo Gesù di Nazaret può vedere in lui il mistero e la santità di Dio.
In italiano abbiamo ascoltato diverse espressioni: “Dove abiti… videro dove abitava… si fermarono presso di lui”. In realtà in greco è lo stesso verbo, il verbo che afferma la comunione degli uomini con il Signore. Quel verbo che si trova frequentemente nel cap. 15, 1-17 del vangelo di Giovanni, dove Gesù presenta se stesso come la vera vite e noi come i tralci. I tralci vivono della vita che viene dal tronco dell’albero della vite. Dunque, per vivere i tralci devono rimanere nella vite. Se il loro rapporto con la vite s’interrompe, se sono tagliati, evidentemente i tralci non servono più a niente, sono solo da bruciare, sono legno inutile. Ebbene, la vita del credente è questo: un rimanere in Gesù. C’è un luogo dove Gesù abita, e quel luogo è l’abitazione del discepolo. Diventare discepoli vuole dire imparare ad andare in quel luogo e ad abitarci, a rimanervi in modo stabile, permanente; dove c’è il Signore lì c’è la nostra dimora, lì c’è la nostra casa.
Era circa l’ora decima. «L’ora decima», non un’ora qualsiasi, ma quella della perfezione, del compimento (cfr. Gv 19, 28). Hanno trovato Gesù, si sono fermati con lui, non c’è altro da fare o da cercare, c’è solo da vivere in pienezza quell’incontro.
v.41: L’esperienza di fede diventa inevitabilmente testimonianza. La fede non si trasmette attraverso dei libri, perché non è il risultato di un ragionamento e di un approfondimento teorico. La fede si trasmette dall’uno all’altro, attraverso la testimonianza con il fratello, con l’amico… perché è comunicare un’esperienza di pienezza e di gioia che si è fatta nell’incontro con il Signore.
Appendice
Come pecora fu condotto al macello per essere immolato (cf Is 53,7), e tuttavia egli non era una pecora; e come un agnello senza voce, e tuttavia egli non era un agnello. In effetti il simbolo è passato ed è stata trovata la verità. Invero al posto dell’agnello è venuto Dio e al posto della pecora un uomo, e nell’uomo Cristo che contiene tutto. Così dunque, l’immolazione dell’agnello, il rito della Pasqua e la lettera della Legge sono terminati in Cristo Gesù, in vista del quale tutto accadde nella Legge antica. Partorito come Figlio, è condotto come agnello, è immolato come capretto, è sepolto come uomo, egli risuscita come Dio, essendo per natura Dio e uomo. Lui che è tutto: legge in quanto giudica, Verbo in quanto insegna, grazia in quanto salva, Padre in quanto genera, Figlio in quanto è generato, agnello in quanto soffre, uomo in quanto è sepolto, Dio in quanto è risuscitato. Questo è Gesù, il Cristo. A lui la gloria nei secoli. Amen (Melitone di Sardi, Sulla Pasqua).
«Ecco l’Agnello di Dio» (Gv 1,36). Questa formula del Battista resterà per sempre come la «testimonianza» resa a Gesù. Sempre con essa il sacerdote, nella liturgia della Messa, rinnovando il gesto di Giovanni indica Gesù presente nell’eucaristia alla fede dei credenti. Come agnello di Dio, Giovanni [l’evangelista] indica Gesù sulla croce quando gli applica le parole dell’Esodo sull’agnello pasquale: «Non gli sarà spezzato nessun osso» (Gv 19,26). Ed è ancora nella figura dell’agnello di Dio che tutta l’Apocalisse mostra Gesù che ci svela e ci scioglie il mistero del destino dell’uomo, spezzando i sigilli che lo racchiudevano. Designando Gesù come l’agnello che prende su di sé il peccato del mondo, Giovanni si riferiva evidentemente all’agnello immolato al tempo dell’uscita dall’Egitto. L’ira di Dio avrebbe dovuto colpire tutta l’umanità peccatrice, perché Dio è il Dio santo. Ma poiché Dio è il Dio d’amore, il Figlio suo prende il posto dell’uomo peccatore per portare sopra di sé il peso dell’ira; in tal modo tutti coloro che avranno fede in lui e saranno segnati con il suo sangue al battesimo, verranno risparmiati. È così che l’agnello di Dio prende su di sé il peccato del mondo. È così che la passione di Gesù riunisce e concilia misteriosamente questi due aspetti di Dio, senza i quali Dio non sarebbe Dio: la sua infinita santità e la sua infinita misericordia. È così che l’agnello di Dio rivela e risolve il mistero dell’uomo nella sua duplice dimensione di miseria e di grandezza (J. Daniélou, Giovanni Battista, testimone dell’agnello, 135).
Il simbolo dell’Agnello non esprime in primo luogo ciò che a noi può costare la nostra Pasqua verso Dio, ma ciò attraverso il quale Dio decide di passare per venire fino a noi (G. Martelet, Libera risposta a uno scandalo, 203-4).
Badiamo di essere miti al pari dell’agnello divino, senza armi per attaccare, senza armi per difenderci, lasciandoci assalire, tosare, sgozzare senza resistere e senza una parola di lamento (C. de Foucauld, Opere spirituali 199-200).
Per diventare discepoli di Gesù ci vogliono tre cose: cercare Gesù, farne esperienza diretta, darne testimonianza (G. Benedetti, Il Vangelo della festa, 369).
Fissare lo sguardo. Prima di parlare con qualcuno, prima di dire qualcosa di lui, prima di chiedergli qualsiasi cosa, tenere lo sguardo fisso su di lui. Del resto, quando cerchiamo qualcuno perché ci faccia un qualche servizio, nemmeno alziamo gli occhi verso di lui; in altri casi l’unico sguardo con cui scrutiamo o siamo scrutati è quello che mette gli uomini su due piani differenti, dall’alto in basso o viceversa, e comunque da posizioni nelle quali non è possibile indagare nel profondo lo sguardo altrui. Negli occhi di Gesù, invece, gli apostoli trovano un’autorevolezza senza pari, trovano un uomo di cui desiderano conoscere la dimora, trovano colui che per tre anni e poi per tutto il resto della loro vita li porterà con sé per mostrare loro ogni giorno dove abita e quel è la sua vera casa, trovano colui il cui sguardo è un invito irrinunciabile ad essere costantemente curiosi di Dio, trovano uno dal quale è accettabile addirittura che di punto in bianco ti cambi il nome. Negli occhi degli apostoli, Gesù riconosce la verità di ogni uomo, riconosce la strada che conduce ciascuno alla conoscenza della volontà del Padre, riconosce l’intima grandezza della dignità di ognuno, quella dignità che fa gridare a san Paolo “Glorificate Dio nel vostro corpo!”, quel valore così profondo dell’umanità e della corporeità stessa che la rendono luogo della venuta di Gesù, dimora sacra e preferita di Dio, del suo Spirito, del suo Figlio. Gesù riconosce al nostro corpo una connessione stretta al corpo di Dio stesso, una dimensione di appartenenza diretta a Dio; e se pensiamo che queste sono le parole di un uomo che ha considerato possibile il farsi inchiodare su una croce, forse sarà difficile trovare scappatoie rispetto alle nostre paure e miserie spirituali (Gruppo O.P.G.).
Cari fratelli e sorelle!
Nelle Letture bibliche di questa domenica – la seconda del Tempo Ordinario – emerge il tema della vocazione: nel Vangelo è la chiamata dei primi discepoli da parte di Gesù; nella prima Lettura è la chiamata del profeta Samuele. In entrambi i racconti risalta l’importanza della figura che svolge il ruolo di mediatore, aiutando le persone chiamate a riconoscere la voce di Dio e a seguirla. Nel caso di Samuele, si tratta di Eli, sacerdote del tempio di Silo, dove era custodita anticamente l’arca dell’alleanza, prima di essere trasportata a Gerusalemme. Una notte Samuele, che era ancora un ragazzo e fin da piccolo viveva al servizio del tempio, per tre volte di seguito si sentì chiamare nel sonno e corse da Eli. Ma non era lui a chiamarlo. Alla terza volta Eli capì, e disse a Samuele: Se ti chiamerà ancora, rispondi: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Sam 3,9). Così avvenne, e da allora in poi Samuele imparò a riconoscere le parole di Dio e divenne il suo fedele profeta. Nel caso dei discepoli di Gesù, la figura mediatrice è quella di Giovanni Battista. In effetti, Giovanni aveva una vasta cerchia di discepoli, e tra questi vi erano anche le due coppie di fratelli Simone e Andrea, Giovanni e Giacomo, pescatori della Galilea. Proprio a due di questi il Battista indicò Gesù, il giorno dopo il suo battesimo nel fiume Giordano. Lo indicò loro dicendo: “Ecco l’agnello di Dio!” (Gv 1,36), che equivaleva a dire: Ecco il Messia. E quei due seguirono Gesù, rimasero a lungo con Lui e si convinsero che era veramente il Cristo. Subito lo dissero agli altri, e così si formò il primo nucleo di quello che sarebbe diventato il collegio degli Apostoli.
Alla luce di questi due testi, vorrei sottolineare il ruolo decisivo della guida spirituale nel cammino di fede e, in particolare, nella risposta alla vocazione di speciale consacrazione per il servizio di Dio e del suo popolo. Già la stessa fede cristiana, di per sé, presuppone l’annuncio e la testimonianza: infatti essa consiste nell’adesione alla buona notizia che Gesù di Nazaret è morto e risorto, che è Dio. E così anche la chiamata a seguire Gesù più da vicino, rinunciando a formare una propria famiglia per dedicarsi alla grande famiglia della Chiesa, passa normalmente attraverso la testimonianza e la proposta di un “fratello maggiore”, di solito un sacerdote. Questo senza dimenticare il ruolo fondamentale dei genitori, che con la loro fede genuina e gioiosa e il loro amore coniugale mostrano ai figli che è bello ed è possibile costruire tutta la vita sull’amore di Dio.
Cari amici, preghiamo la Vergine Maria per tutti gli educatori, specialmente i sacerdoti e i genitori, perché abbiano piena consapevolezza dell’importanza del loro ruolo spirituale, per favorire nei giovani, oltre alla crescita umana, la risposta alla chiamata di Dio, a dire: “Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta”. (Papa Benedetto XVI, Angelus del 15 gennaio 2012)
Fonte:http://figliedellachiesa.org/
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