MONASTERO DI RUVIANO, "PASQUA DI RISURREZIONE"

Michail Nesterov (1862-1942): Al sepolcro vuoto (1889)
PASQUA DI RISURREZIONE

Veglia

Gen 1,1-2,2; Gen 22,1-18; Es 14,15-15,1; Is 54,5-14;Is 55,1-11; Bar 3,9-15.32-4,4;

Ez 36,16-28; Rm 6,3-11; Mc 16, 1-8

Messa del giorno

At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4 (opp.1Cor5,6b-8); Gv 20,1-9 (sera Lc 24,13-35)



È la Pasqua del Signore!

È la Pasqua del Signore Gesù e di tutto il creato!

È la pasqua di ognuno di noi, piccoli frammenti che passano nel grande fiume della storia …

La Pasqua, culmine e cuore di tutta la fede cristiana, è l’irrompere dell’eterno nel fluire della storia, nei suoi infiniti ruscelli di vite, di storie, di dolori, di conquiste, di miserie, di grandezze, di bellezze, di iniquità, di rimpianti, di vite vissute fino in fondo, di vite mai vissute, di “sì” che hanno prodotto vita e di “no” che hanno portato morte, di “sì” che ci hanno perduti e di “no” che ci hanno preservato e salvato … nel fluire della storia che è fatta di grandi movimenti di popoli e di idee e di piccoli movimenti che contengono però tutto l’universo vasto e “piccolo” di ogni uomo che è passato su questa terra. La Risurrezione di Gesù porta in questo fiume bellissimo e terribile, effimero ma mai da disprezzare o dimenticare, il presente eterno di Dio! Cristo Risorto è eterno presente: Vi precede in Galilea! Così dice il giovane seduto sulla destra vestito di veste bianca, nel racconto di Marco!

Precede … sì, anticipa nell’eterno ogni uomo. Nulla è perduto di quel fluire e scorrere che poteva sembrare insensato e solo effimero! Il Crocefisso è risorto! Ha vinto la morte e l’ha vinta con la sola arma che è capace di immobilizzarla, renderla mansueta, renderla “altro”: l’amore capace di perdersi!

Le tre donne che Marco pone in iscena all’alba del primo giorno della settimana, andate a compiere dei riti funebri incompleti, andate a venerare un cadavere, si incontrano con l’inaudito: una tomba vuota, un giovane misterioso che dice parole che non hanno senso per quel fiume incessante della storia, per quei fatti che si accumulano e che riempiono i giorni. L’inaudito: È risorto!

Queste donne, che Marco ci mostra al sepolcro in quel mattino di Pasqua, sono il volto di ogni discepolo di Cristo di tutti i secoli che verranno: uomini e donne che, incamminati su vie che conducono alla morte e alla certezza sensata di una tomba, vengono ribaltati da una parola veramente folle: Il Crocefisso è risorto! Non è qui! Uomini e donne che, tra quel cammino al buio e con il buio in cuore ed una vita nuova fatta di speranza e di luce, hanno travato un annunzio di vita che ha acceso quell’elemento straordinario e incredibile che è la fede.

La parola dell’annunzio fa scattare la fede che non ha altro appoggio che la parola stessa dell’annunzio! Guai a chi volesse prove della Risurrezione del Crocefisso … la “prova” è Gesù stesso!

Nell’evangelo di Luca in modo particolare (ma anche qui nel racconto di Marco questo elemento c’è: Vi precede in Galilea, lì lo vedrete come vi ha detto!) alle donne andate al sepolcro viene detto: Ricordatevi di Gesù! (cfr Lc 24,6). Se ci si ricorda di Gesù, di chi fosse, del suo vivere, del suo parlare, del suo amore, si “comprende” che un uomo così non poteva restare nella tomba, che la morte non poteva tenerlo! Ecco l’unico accesso alla risurrezione: Gesù stesso!

Solo la memoria di Lui, solo la parola di Lui che affiora al cuore, solo la memoria di questo assieme alla memoria delle promesse della Scrittura, ci possono far accedere alla Risurrezione nella fede. Quando avviene questo ingresso nella fede subito si trasforma in incontro con Lui e allora non si torna più indietro, allora la risurrezione non è solo una notizia ma diviene vita, diviene ingresso dell’eterno nel fluire dei giorni.

Questo però con tutte le lotte e senza nessuna pretesa di “mari tranquilli”! Nella storia i mari sono spesso agitati e torbidi; nella mia storia affiorano fanghiglie e rimpianti che tali non

dovrebbero essere … Marco, infatti, con la sua teologia, ci fa intravedere il convivere dell’annunzio della Risurrezione con le paure che ci abitano.

Oggi sappiamo bene che l’Evangelo di Marco si concludeva proprio con l’ultimo versetto che si legge in questa notte pasquale (il versetto 8); il seguito fu aggiunto da una mano ignota - ma ispirata - in un secondo momento; dopo l’annunzio del giovane biancovestito, Marco scrive: Ed esse (le donne, naturalmente), uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e stupore. E non dissero niente a nessuno perché avevano paura. Strano finale! Pare che la corsa dell’Evangelo si sia fermata lì … le evangelizzatrici hanno paura e tacciono … che ne sarà di quell’annunzio? Perché timore, paura e non gioia? Perché silenzio e non grido di annunzio? Dobbiamo dire, in primo luogo, che certo si tratta di un artificio letterario: Marco ci tiene a sottolineare questo silenzio dopo ogni opera di Gesù … è il cosiddetto segreto messianico che qui porta fino all’estremo “segno” di Gesù che è la Risurrezione. Il significato di questo silenzio è un invito al lettore dell’Evangelo che deve dare una risposta personale agli eventi che l’Evangelo narra … qui è come se Marco portasse il lettore dinanzi alla tomba vuota e gli dicesse: Vedi? Hai ascoltato l’annunzio del giovane messaggero di Dio? Che dici? Accedi alla fede?

Poi però dobbiamo dire ancora una cosa: quel silenzio e quella paura delle donne ci mettono davanti un aspetto importante della fede e del suo sorgere nel cuore: l’essere davanti a Dio e alla sua azione misteriosa ma reale non può che generare timore. E’ il timore di tutti gli uomini della Bibbia toccati dalla presenza di Dio.

L’annunzio pasquale è sì gioioso ma è anche temibile, è temibile perché ci afferra la vita e la capovolge, perché ci apre sentieri di senso ma anche di lotte con un mondo ostile e che ci abita. Dire sì al kerygma della Pasqua di Gesù è dire sì a tutto un mondo nuovo che deve far morire sempre più il mondo vecchio nel quale siamo ben adusi a vivere. La paura delle donne in quell’alba pasquale ci mostra, in fondo, la paura di chi sa che dire sì alla Pasqua è chiudersi alle spalle e per sempre il Mar Rosso e le sicurezze dell’Egitto … di chi sa che dire sì alla Pasqua è dire sì alla vita ma è dire prima sì al Crocefisso! E il Crocefisso che è risorto! Notiamo che in nessuno degli Evangeli si dice semplicemente che Gesù è Risorto, ma sempre: Gesù, il Crocefisso, è risorto!

Chi è Colui al quale il Padre ha detto il suo amen con il risuscitarlo dai morti? È il Crocefisso, uno che ha dato la vita e l’ha data in modo tale da apparire per il mondo un fallito! Chi è Colui a cui diciamo il nostro amen nella fede pasquale? È il Crocefisso che ci chiede di “fare questo in memoria di Lui” … ci chiede di seguirlo su quella stessa via di perdita di sé! Fede pasquale è fede liberante e gioiosa ma fede costosa! L’ “Alleluia” non si canta a basso prezzo!

Come non avere timore?

Assumiamoci questo timore, così non faremo della Risurrezione un trito “lieto fine” ma l’inizio di una storia meravigliosa che ci coinvolge, che ci afferra, che ci costa; una storia di eterno nella storia che scorre ma che chiede alla storia, alla mia storia di pagare il prezzo di quel canto di libertà …



P. Fabrizio Cristarella Orestano

Fonte:www.monasterodiruviano.it

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