FRA.Andrea Vaona, "tomba, strada, casa, strada…"

tomba, strada, casa, strada…
III Domenica di Pasqua, anno B 

Prosegue l’offerta scritturistica ricca e coinvolgente della Scrittura nella Liturgia pasquale, per approfondire gli episodi della manifestazione del Risorto. O, meglio, la multiforme possibilità di incontrare il Risorto, oppure di come il Risorto scelga di visitare le nostre vite e storie.

Il brano di questa 3′ domenica prosegue direttamente e in modo concitato l’intenso incontro del Risorto con i discepoli di Emmaus (di cui abbiamo già parlato in due occasioni: “Nostro compagno Cleopa” e “Da viandanti a Pellegrino“). Luca presenta una sequenza di tre scene nel quadro di una sola giornata: alla tomba l’annunzio alle donne (24,1-12); sulla strada di Emmaus l’apparizione di Gesù a due discepoli delusi (24,13-35); infine in casa l’apparizione di Gesù agli undici apostoli ed ai loro compagni (24,36-49). Il capitolo si chiude con la separazione di Gesù e dei discepoli e prepara il seguito del racconto negli Atti degli Apostoli (24,50-53), ossia un ritorno sulla strada.

La Parola e lo spezzare del pane mettono i due discepoli pellegrini in comunione con quelli di Gerusalemme. La loro esperienza si confronta ed entra in dialogo anzi in comunione con quella di Simone e degli altri, che ora verrà descritta. Anche Paolo, che incontrò il Risorto sulla via da Gerusalemme a Damasco, tornerà «a Gerusalemme a consultare Cefa», per non trovarsi «nel rischio di correre o di aver corso invano» (Gal 1,18; 2,2). Ogni credente è chiamato a verificare la propria esperienza su quella dei primi, e a unirsi ad essa. Quando essi lo videro, fu anche per tutti gli altri, che, attraverso la loro testimonianza, crederanno, lo riconosceranno e lo ameranno pur senza vederlo (Gv 20,29; 1Pt 1,8; 1Gv 1,1-4).

Con la sua narrazione, però, Luca sembra introdurre con forza un tema affascinante: è nel narrare-testimoniare il proprio incontro con il Risorto da parte dei due discepoli che il Risorto si fa presente nel gruppo degli increduli. E’ una categoria missionaria di tutto rispetto e spessore: l’invito del Risorto ad andare ad annunciarlo in ogni dove, trova il conforto che questa testimonianza pur così umana e fragile è la premessa per l’incontro con il Risorto da parte degli increduli o ignavi. E in fondo la Storia della Chiesa diventa la verifica corretta di questa dinamica da circa duemila anni.

Inoltre, il Risorto, non è un Dio disumanizzato. E’ certamente in una dimensione misteriosa (appare in un luogo chiuso senza bussare alla porta…), ma è “toccabile”, ha i segni inequivocabili della passione: è vero che il Crocifisso è risorto. Ma il vero mistero è che il Risorto è il Crocifisso. Questo è quanto vogliono chiarire i Vangeli, e quanto i discepoli sono da sempre portati a ignorare, o dimenticare… Il Risorto esprime il suo desiderio di riprendere una relazione interrotta bruscamente dalla violenza e dal tradimento: e per questo sceglie di farsi mendicante di cibo e di tempo con i suoi amici. Gesù sazia la sua fame e nello stesso tempo sazia la fame di verità dei suoi amici. E la loro mente si apre… “all’intelligenza delle Scritture” (come diceva la precedente traduzione CEI).

Tommaso da Celano non teme di attribuire questa attitudine a frate Antonio di Padova quando narra il prodigioso fatto accaduto ad Arles, in Provenza, in occasione di una predicazione di Antonio ai frati: san Francesco appare e benedice il gruppo di confratelli.

«Frate Giovanni da Firenze, eletto da san Francesco ministro dei minori in Provenza, aveva raccolto i suoi frati a capitolo. Il Signore Iddio gli concesse, nella sua bontà, la grazia di parlare con tanto zelo da conquistare tutti a un ascolto benevolo e attento. Era presente tra loro un frate sacerdote, di nome Monaldo, illustre per fama e più per la vita virtuosa fondata sull’umiltà, corroborata dalla preghiera frequente e difesa dallo scudo della pazienza; e anche frate Antonio, al quale Iddio diede l’intelligenza delle sacre Scritture e il dono di predicare Cristo al mondo intero con parole più dolci del miele. Ora, mentre Antonio predicava ai frati con fervore e devozione grandissima sul tema: «Gesù Nazareno, re dei giudei», il detto frate Monaldo, guardando verso la porta della sala dove erano tutti radunati, vide il beato Francesco sollevato in alto, con le braccia distese a forma di croce, in atto di benedire i fratelli. E tutti i presenti sembravano essi stessi investiti dalla consolazione dello Spirito Santo, e ripieni di gaudio salutare trovarono assai credibile il racconto dell’apparizione e della presenza del gloriosissimo padre» (Vita prima, 48 : FF 407).

Sempre sant’Antonio, nei suoi Sermoni, usa un’immagine allegorica distante dalla nostra sensibilità ma non per questo meno affascinante: «Infatti Luca scrive: “Poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: Avete qui qualche cosa da mangiare? Allora essi gli offrirono una porzione di pesce arrostito [...]. Il pesce arrostito è figura del nostro Mediatore che subì la passione, fu preso con il laccio della morte nelle acque del genere umano, e arrostito, per così dire, nel tempo della passione; [...]. Quelli che quaggiù vengono, per così dire, arrostiti dalla tribolazione, saranno saziati lassù della vera dolcezza» (Sermone per la Resurrezione del Signore, 2).

Fonte:http://bibbiafrancescana.org

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