MONASTERO MARANGO, "In ogni uomo vive l'unicità della Trinità"
In ogni uomo vive l'unicità della Trinità
Briciole dalla mensa - SS. Trinità (anno B) - 27 maggio 2018
LETTURE Dt 4,32-34.39-40 Sal 32 Rm 8,14-17 Mt 28,16-20
COMMENTO
La parola di Dio di questa festa ci presenta la Trinità innanzitutto nel suo essere un unico Dio. Mosé (prima Lettura) dice: «Il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro». È unico perché nessuno agisce come Lui: nella creazione («Dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra»), nella rivelazione («Un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco»), nella elezione («Ha mai tentato un Dio di andare a scegliersi una nazione con prove, segni, prodigi»), nella liberazione («Ti ha fatto uscire dall'Egitto»). Dio è veramente unico nel prendersi cura dell'uomo che soffre, perché lo ama.
Quello che il Signore compie in me, in noi, nella Chiesa è lo stesso grande e pluriforme atto che compie in ogni uomo: crearlo, rivelarsi a lui, chiamarlo e liberarlo. Dio è unico perché ciò che compie in ogni uomo è unico. Ogni persona è un singolarissimo miracolo, per tutto ciò che Dio, suo Padre, compie in essa. Credere nell'unico Dio non significa, allora, aderire tutti a una sola religione: significa, invece, riconoscere il valore e la preziosità di ogni uomo o donna sulla terra, per i quali Dio ha fatto tutto ciò che solo Dio può fare e, forse, anche di più, qualcosa che supera Dio stesso, se è vero che ognuno è fatto secondo la figura del suo Figlio, il quale è la sua estasi, la sua uscita da se stesso, che avviene nello Spirito Santo. In ogni uomo vive l'unicità di tutta la Trinità.
Perciò non crediamo in Dio se non promuoviamo l'uomo. Sul tema dell'immigrazione capita di sentire, nei luoghi pubblici, frasi critiche come questa: «Qui si accolgono cani e porci...». L'egoismo porta oggi ad un tale disprezzo delle persone! Inumanità e ateismo sono le parole con le quali possiamo definire un atteggiamento, purtroppo molto diffuso, come quello espresso da tali frasi. Ma, dall'altro lato, ci sono, nella nostra quotidianità, una miriadi di piccoli ma bellissimi esempi di carità: questi salvano il mondo e ci fanno scoprire la presenza della Trinità fra noi.
Per ben quattro volte, nel breve brano della seconda Lettura, si afferma che noi siamo «i figli di Dio»: perché siamo «guidati dallo Spirito», perché «lo Spirito ci rende figli adottivi», perché ancora lo Spirito «testimonia fortemente al nostro spirito che siamo figli di Dio», e perché, essendo figli, «siamo anche eredi di Dio con Cristo». Dio ci chiama a una tale pienezza di relazione con Lui da chiamarci suoi figli. Chiamati a far parte della sua famiglia. Ogni vera famiglia non si chiude su se stessa, ma si supera generando altra vita. Così è anche la "famiglia" di Dio che è la Trinità: la nostra origine sta nel "fare famiglia", nel suo essere relazione, da parte di Dio. Ma tutto ciò sarebbe assolutamente non attingibile e non sperimentabile, da parte nostra, se non ci fosse lo Spirito Santo che ce lo rende vivibile. Lo Spirito è la vita di Dio che diviene vita in noi. Sperimentare allora lo Spirito non significa cercare fuori di noi qualche esperienza o dimensione particolare, "spirituale". Se lo Spirito è vita in noi, ci deve risultare connaturale sentirci e viverci come figli di Dio. Senza lo Spirito ogni essere muore, con lo Spirito noi proviamo, nella nostra umanità, che cosa vuol dire essere figli. A noi è richiesto solo la docilità e la consegna all'opera dello Spirito in noi. Allora potremo gridare: «Abba! Padre!». È come il grido del bimbo che nasce: stupore e bellezza di scoprirsi unici e dotati di una propria vita. E scoprire lo stupore di un Dio che in noi prova la gioia di essere Padre.
Ma essere figli ci rende anche partecipi della stessa eredità di Cristo, il Figlio. Paolo poi dice che c'è una condizione: «Se prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria». Cristo si è unito a noi attraverso il dono della sua vita nel dramma storico della sua passione e risurrezione. Gesù ha scelto liberamente di non percorrere la strada del potere (religioso, politico, economico: vedi le tentazioni), ha invece preso la via esigente dello spendersi per gli altri facendosi servo. Così non ha sperperato l'eredità del Padre (come ha fatto il "figlio prodigo"), ma l’ha custodita offrendo la sua unica e preziosa vita per gli uomini, soprattutto per quelli che non lo amavano e non lo riconoscevano. A noi è chiesto di porsi alla sua sequela, nelle situazioni normali di tutti i giorni, così da essere figli come lo è stato il Figlio. Così, guidati dallo Spirito, seguendo Gesù Cristo e sperimentando di essere figli del Padre possiamo rendere presente la Trinità nel mondo e nella storia.
La missione della Chiesa (Vangelo) consiste nel «fare discepoli tutti popoli», attraverso il battesimo nella Trinità. Non si tratta solo del gesto liturgico: significa introdurre gli uomini nella relazione con Dio Padre, per mezzo del Figlio Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Qualsiasi dimensione si viva o gesto si compia deve essere nello spirito della bellissima frase di Pietro negli Atti degli Apostoli: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!» (At 3,6). È necessario che la Chiesa si spogli di ogni sua ricchezza (non solo economica) per possedere veramente e solamente Cristo: allora potrà comunicare agli uomini la vita che viene dalla Trinità e che apre strade all’uomo povero e impotente.
Gesù indica poi ai discepoli in quale percorso essi dovranno accompagnare coloro che saranno così immersi nella S. Trinità: «Insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato». Il nucleo di ciò che il Signore ha comandato va individuato al cuore del discorso della montagna (Mt 5-7): «Amate i vostri nemici affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44s). Vivere un amore senza limiti e senza confini: difficile ma bellissimo compito. Avere un amore così grande è sì molto esigente, ma credo che non possa esistere esperienza più alta della propria umanità: scoprirsi capaci di un tale amore. Allora potremo cambiare una parola della formula del battesimo: «Nell'amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».
Alberto Vianello
Fonte:www.monasteromarango.it/
Briciole dalla mensa - SS. Trinità (anno B) - 27 maggio 2018
LETTURE Dt 4,32-34.39-40 Sal 32 Rm 8,14-17 Mt 28,16-20
COMMENTO
La parola di Dio di questa festa ci presenta la Trinità innanzitutto nel suo essere un unico Dio. Mosé (prima Lettura) dice: «Il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro». È unico perché nessuno agisce come Lui: nella creazione («Dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra»), nella rivelazione («Un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco»), nella elezione («Ha mai tentato un Dio di andare a scegliersi una nazione con prove, segni, prodigi»), nella liberazione («Ti ha fatto uscire dall'Egitto»). Dio è veramente unico nel prendersi cura dell'uomo che soffre, perché lo ama.
Quello che il Signore compie in me, in noi, nella Chiesa è lo stesso grande e pluriforme atto che compie in ogni uomo: crearlo, rivelarsi a lui, chiamarlo e liberarlo. Dio è unico perché ciò che compie in ogni uomo è unico. Ogni persona è un singolarissimo miracolo, per tutto ciò che Dio, suo Padre, compie in essa. Credere nell'unico Dio non significa, allora, aderire tutti a una sola religione: significa, invece, riconoscere il valore e la preziosità di ogni uomo o donna sulla terra, per i quali Dio ha fatto tutto ciò che solo Dio può fare e, forse, anche di più, qualcosa che supera Dio stesso, se è vero che ognuno è fatto secondo la figura del suo Figlio, il quale è la sua estasi, la sua uscita da se stesso, che avviene nello Spirito Santo. In ogni uomo vive l'unicità di tutta la Trinità.
Perciò non crediamo in Dio se non promuoviamo l'uomo. Sul tema dell'immigrazione capita di sentire, nei luoghi pubblici, frasi critiche come questa: «Qui si accolgono cani e porci...». L'egoismo porta oggi ad un tale disprezzo delle persone! Inumanità e ateismo sono le parole con le quali possiamo definire un atteggiamento, purtroppo molto diffuso, come quello espresso da tali frasi. Ma, dall'altro lato, ci sono, nella nostra quotidianità, una miriadi di piccoli ma bellissimi esempi di carità: questi salvano il mondo e ci fanno scoprire la presenza della Trinità fra noi.
Per ben quattro volte, nel breve brano della seconda Lettura, si afferma che noi siamo «i figli di Dio»: perché siamo «guidati dallo Spirito», perché «lo Spirito ci rende figli adottivi», perché ancora lo Spirito «testimonia fortemente al nostro spirito che siamo figli di Dio», e perché, essendo figli, «siamo anche eredi di Dio con Cristo». Dio ci chiama a una tale pienezza di relazione con Lui da chiamarci suoi figli. Chiamati a far parte della sua famiglia. Ogni vera famiglia non si chiude su se stessa, ma si supera generando altra vita. Così è anche la "famiglia" di Dio che è la Trinità: la nostra origine sta nel "fare famiglia", nel suo essere relazione, da parte di Dio. Ma tutto ciò sarebbe assolutamente non attingibile e non sperimentabile, da parte nostra, se non ci fosse lo Spirito Santo che ce lo rende vivibile. Lo Spirito è la vita di Dio che diviene vita in noi. Sperimentare allora lo Spirito non significa cercare fuori di noi qualche esperienza o dimensione particolare, "spirituale". Se lo Spirito è vita in noi, ci deve risultare connaturale sentirci e viverci come figli di Dio. Senza lo Spirito ogni essere muore, con lo Spirito noi proviamo, nella nostra umanità, che cosa vuol dire essere figli. A noi è richiesto solo la docilità e la consegna all'opera dello Spirito in noi. Allora potremo gridare: «Abba! Padre!». È come il grido del bimbo che nasce: stupore e bellezza di scoprirsi unici e dotati di una propria vita. E scoprire lo stupore di un Dio che in noi prova la gioia di essere Padre.
Ma essere figli ci rende anche partecipi della stessa eredità di Cristo, il Figlio. Paolo poi dice che c'è una condizione: «Se prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria». Cristo si è unito a noi attraverso il dono della sua vita nel dramma storico della sua passione e risurrezione. Gesù ha scelto liberamente di non percorrere la strada del potere (religioso, politico, economico: vedi le tentazioni), ha invece preso la via esigente dello spendersi per gli altri facendosi servo. Così non ha sperperato l'eredità del Padre (come ha fatto il "figlio prodigo"), ma l’ha custodita offrendo la sua unica e preziosa vita per gli uomini, soprattutto per quelli che non lo amavano e non lo riconoscevano. A noi è chiesto di porsi alla sua sequela, nelle situazioni normali di tutti i giorni, così da essere figli come lo è stato il Figlio. Così, guidati dallo Spirito, seguendo Gesù Cristo e sperimentando di essere figli del Padre possiamo rendere presente la Trinità nel mondo e nella storia.
La missione della Chiesa (Vangelo) consiste nel «fare discepoli tutti popoli», attraverso il battesimo nella Trinità. Non si tratta solo del gesto liturgico: significa introdurre gli uomini nella relazione con Dio Padre, per mezzo del Figlio Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Qualsiasi dimensione si viva o gesto si compia deve essere nello spirito della bellissima frase di Pietro negli Atti degli Apostoli: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!» (At 3,6). È necessario che la Chiesa si spogli di ogni sua ricchezza (non solo economica) per possedere veramente e solamente Cristo: allora potrà comunicare agli uomini la vita che viene dalla Trinità e che apre strade all’uomo povero e impotente.
Gesù indica poi ai discepoli in quale percorso essi dovranno accompagnare coloro che saranno così immersi nella S. Trinità: «Insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato». Il nucleo di ciò che il Signore ha comandato va individuato al cuore del discorso della montagna (Mt 5-7): «Amate i vostri nemici affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44s). Vivere un amore senza limiti e senza confini: difficile ma bellissimo compito. Avere un amore così grande è sì molto esigente, ma credo che non possa esistere esperienza più alta della propria umanità: scoprirsi capaci di un tale amore. Allora potremo cambiare una parola della formula del battesimo: «Nell'amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».
Alberto Vianello
Fonte:www.monasteromarango.it/
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