don Luciano Cantini, "Chiamati per nome"

Chiamati per nome
don Luciano Cantini  
Natività di S. Giovanni Battista (Messa del Giorno) (24/06/2018)


  Visualizza Lc 1,57-66.80
Diede alla luce un figlio
Il racconto che Luca ci trasmette dell'annuncio e della nascita del Battista andrebbero letti in parallelo con gli stessi racconti che riguardano Gesù, non è il susseguirsi cronologico quanto il loro significato teologico che dovremmo considerare.
All'annuncio a Zaccaria (Lc 1,5-25) fa eco quello a Maria (Lc 1,26-38), alla nascita di Giovanni (Lc 1,57-66) corrisponde la nascita e la circoncisione di Gesù (Lc 2,1-21), col cantico di Zaccaria (Lc 1,67-80) risuona quello di Simeone (Lc 2,29-32): il sole sorge dall'alto è luce per rivelarti alle genti; di Giovanni si dice che cresceva e si fortificava nello spirito (Lc 1,80) mentre di Gesù: cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era su di lui (Lc 2,40); meraviglia, stupore, timore sono suscitati nella gente in entrambi gli avvenimenti (Lc 1,65-66 e 2,18-19).
Giovanni è Precursore dapprima della sua nascita; quanto è avvenuto nel tempio a Zaccaria è già annuncio della venuta del Signore, Dio ha posto fine alla nostra sterilità ci ha reso fecondi, ci conduce al battesimo al Giordano (Lc 3, 21-22) in cui è manifestato lo Spirito e ricevuto la conferma del Padre: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Il nostro itinerario di fede ha bisogno di confrontarsi con il Battista, passare attraverso il deserto in un impegno di conversione per il perdono dei peccati (Lc 3,3), per scoprire il senso di appartenenza alla famiglia umana e la necessità della comunione: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3,11).

Otto giorni dopo
Il racconto della imposizione del nome è molto singolare, e per alcuni aspetti buffo, tanto da suscitare riflessioni anche al nostro tempo: la dinamica tra tradizione e novità, la condizione femminile, la relazione con i portatori di disabilità.
Volevano chiamarlo con il nome di suo padre per seguire la logica del tradizionalismo, del “si è fatto sempre così”, per mantenere le cose come sono, come se la storia non camminasse, come se la Promessa e ogni Benedizione rimanessero cristallizzate nel passato, come se nella storia Dio non avesse offerto prospettive e speranze. Il tradizionalismo è la negazione dell'azione di Dio nel tempo, mentre il fare memoria chiede di ritornare sempre alle radici con grande rispetto per trovarvi stimoli e indicazioni per camminare avanti, crescere e rinnovarci. Rinnovarci è accogliere ogni giorno il dono di Dio che ogni giorno ci accompagna. Volevano portare Elisabetta e Zaccaria a trattare quella nascita come un evento qualsiasi senza riconoscere in esso la presenza decisiva del Signore.
Con lo stile deciso e delicato che ci sta trasmettendo Papa Francesco bisogna resistere a tutto ciò che vuole fare della Chiesa, e del clero in particolare, una combriccola di gente che, tradendo Cristo ed il Vangelo, sostituisce l'uno e l'altro con le proprie fisime, ammantandole di sacralità falsa. (Nunzio Galantino 23.12.14)
Ma sua madre intervenne per dare il nome al bambino che non viene presa in considerazione, anzi contestata. La tradizione prevedeva che il padre del bambino desse il nome al figlio seguendo la consuetudine della «discendenza». Il figlio è proprietà del padre, suo è il seme, la donna ha solo una funzione strumentale. Anche se la storia e la scienza ci hanno portato a capire altro ancora c'è molto da fare nel mondo perché il genio femminile sia rispettato e valorizzato.
Allora domandavano con cenni a suo padre, cosa strana visto che è scritto che divenne muto e non sordo. Purtroppo, è assai difficile comportarsi normalmente con chi ha delle disabilità, come se un deficit rendesse tutto il suo essere incapace, fino a negare la possibilità di intendere e di volere.

«Giovanni è il suo nome».
Il nome indica la persona, il suo unico ed irripetibile valore. Noi non “ci chiamiamo”, “siamo chiamati” dagli altri, siamo il frutto di una relazione, di cui il nome è espressione. Il figlio di Elisabetta e Zaccaria non porta il nome del padre nella carne, ma di chi lo ha generato in forza della Promessa: «Giovanni», che significa «Dio fa grazia» o «Dio fa misericordia». Ogni nome deriva da Dio: solo in Lui l'uomo comprende il valore della esistenza che ha ricevuto.
Dio chiama ciascuno per nome, amandoci singolarmente, nella concretezza della nostra storia.... E implica una risposta personale, non presa a prestito, con un “copia e incolla”. La vita cristiana infatti è intessuta di una serie di chiamate e di risposte: Dio continua a pronunciare il nostro nome nel corso degli anni, facendo risuonare in mille modi la sua chiamata a diventare conformi al suo Figlio Gesù. (Francesco, 18 aprile 2018)

Fonte:www.qumran2.net

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