don Marco Pedron, "Vuoi seguirmi"
don Marco Pedron
XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Visualizza Mc 6,7-13
Il vangelo di oggi ci presenta Gesù che manda i Dodici a fare ciò che lui stesso ha fatto. Il centro del loro andare è predicare il vangelo e guarire gli ammalati. Dà loro anche delle istruzioni semplici su come essere. Ma facciamo un passo indietro e partiamo dall'inizio.
Dopo un po' che Gesù predicava e guariva, raccolse attorno a sé un movimento di persone. Cosa facevano queste persone? Lo seguivano, lo accompagnavano nei suoi viaggi, stavano con lui, lo aiutavano (di un minimo di organizzazione c'era bisogno) e anche loro lo ascoltavano e imparavano da lui.
Non saranno sempre un esempio di fedeltà: alcuni lo tradiranno, alcuni lo lasceranno, alcuni lo rifiuteranno, altri avranno momenti di crisi profonda e di sbandamento, ma questi furono catturati, presi dalla passione di questo uomo che rivoluzionerà la loro vita.
A volte ci vien detto: "Tu parli di Dio e poi ti comporti così?". Vero, chi segue Dio è rapito da Lui. Ma non dobbiamo farci mettere in scacco dall'idea di "perfezione": non fu così neanche per i discepoli di Gesù. Non furono perfetti, anzi; faticarono a credere, sbagliarono e dubitarono.
Ma perché questa gente seguiva Gesù? Alcuni erano spinti dalla curiosità: "Ma chi è questo qui, di cui si sente così tanto parlare?". Altri erano spinti dal dolore: "Sto male, sono ammalato e Lui mi può guarire", ed erano i più numerosi. Altri lo seguirono ma non abbandonarono le loro case: gli offrivano aiuto e ospitalità quand'era in zona. Alcuni, infine, lo accompagnavano nella sua vita itinerante. Noi conosciamo i Dodici apostoli (6,7), ma il gruppo era certamente più grande ed era composto sia da donne che da uomini.
Ma chi seguiva Gesù? Erano gli strati più poveri, gente semplice, ignorante, contadini, pescatori, gente senza rilievo sociale, donne e mendicanti. In genere quasi tutti erano gente lontana dall'Alleanza, cioè gente impura, gente che non rispetta le regole religiose del tempo, eretica, "lontana".
Gesù li vede come "pecore senza pastore" (6,34) e dice: "Voi che nessuno vi vuole, venite da me!". Gesù non accoglieva i puri e i santi: accoglieva quelli che nessuno voleva, quelli giudicati, quelli non in regola, quelli impuri, quelli esclusi, gli ultimi. Non vi fa pensare?
La chiesa non è (non dovrebbe) essere l'elite, la casta della brava gente, di quelli puri e santi: la chiesa è la famiglia di quelli che soffrono, di quelli che nessuno vuole e che qui trovano rifugio, accoglienza e amore.
Ma perché seguivano Gesù? Lo seguivano perché Gesù dava loro una speranza e un motivo per esserci e per vivere.
"Nessuno ti vuole?". "Io sì!". "Non vali per nessuno?". "Per me sì!". "Tutti dicono che sei così, che rimarrai così e non si può fare più niente?". "Io ti dico: non è vero! Alzati, cammina, prendi il tuo lettuccio e vivi la vita e la tua strada con le tue gambe; guarisci; apriti; vieni fuori; torna a vivere; tu puoi tornare ad amare; tu non sei morto". E vedevano che se la gente credeva alle sue parole veramente succedeva così.
Fra un gruppo di discepoli più ampio, ad un certo punto Gesù ne sceglie Dodici (6,7). Chi sono questi Dodici? Sono quasi tutti galilei; diversi di loro sono pescatori e quasi tutti sono persone semplici, a volte perfino poco colte; non vi sono scribi e non vi sono sacerdoti. Alcuni come Giacomo e Giovanni appartenevano ad un livello sociale alto (avevano barca e garzoni 1,20) altri, invece, come Pietro e Andrea erano pescatori poveri, avevano cioè solo una rete con cui pescavano dalla sponda in acque non molto profonde (1,16). Alcuni erano sposati (Pietro), altri no; alcuni avevano abbandonato la famiglia, altri no (Giacomo e Giovanni vengono con la madre Salome; Giacomo il minore e Ioses con la loro madre Maria).
Cosa ci fa capire questo? Che Gesù non ha categorie sociali preferite o speciali, né ricchi né poveri, né acculturati né ignoranti, né di destra o di sinistra: Gesù sceglie e lo possono seguire solo persone disponibili, aperte nel cuore, persone che si lasciano mettere in gioco e sconvolgere.
E' per questo che persone che vivono dentro a contesti fortemente strutturati fanno e faranno sempre fatica a seguire Gesù. E' per questo che non vi sono personaggi del potere religioso o politico che lo seguono. Perché quando sei dentro ad un sistema, è il sistema che ti dirige, che decide per te e che ti dice cosa scegliere e cosa no. Perché quando sei dentro ad un sistema sei accettato e riconosciuto da tutti quelli che ne fanno parte, e soddisfa il tuo bisogno di appartenenza, di famiglia, di essere parte di qualche clan, gruppo o branco. Rifiutare un sistema non è tanto difficile per il fatto di cambiare, ma per il fatto che perdi "una casa", che sei buttato fuori, che diventi solo, errante, escluso. E per accettare questa condizione ci vuole una forza grande nell'animo: bisogna cioè accettare di essere grandi senza "genitori".
Poiché rifiutavano il sistema patriarcale e del maschio dominante, ad esempio, vennero chiamati come eunuchi (Mt 19,12): agli occhi della società apparivano come "mezzi uomini, castrati, femminucce", senza l'onore maschile vincolato al ruolo sessuale e patriarcale. Fu difficile accettare questa derisione sociale; fu difficile rifiutare un sistema che da secoli vigeva (il maschio che domina, che non prova emozioni, che è più della donna, ecc.) e cambiare mentalità.
Per questo chi vive in contesti fortemente strutturati troverà difficile seguire Gesù: perché Gesù è radicale. Non si può seguirlo un po' Gesù: o tutto o niente. E' come dire: "Sono un po' incinta!". O lo sei o non lo sei! Gesù è un'esperienza totale, che rovescia tutti i piani della tua esistenza. Per questo i "ricchi" di idee, di tradizioni secolari o familiari, di soldi, di consuetudini, di precomprensioni, non possono seguirlo. Perché lui viene e spazza via tutto ciò che non c'entra. E non è facile lasciar andare, soprattutto quando hai fatto di tradizioni, pensieri o idee la base, le "gambe" della tua vita.
Come fu il loro stare assieme, la loro convivenza? Noi abbiamo avuto a volte un'immagine idilliaca ma non reale perché non dev'essere stato sempre semplice.
Simone il cananeo (chiamato così per il suo zelo per la Torah) dovette stare assieme con Levi, esattore delle tasse e odiato avversario. Un po' come se oggi un palestinese dovesse stare assieme ad un ebreo.
Giacomo e Giovanni venivano chiamati "boanerghes" (figli del tuono) per via del carattere: due peperini che speravano di ottenere prestigio e posizione seguendo Gesù. Un giorno vogliono bruciare un villaggio perché non sono stati accolti (Lc 9,52-56) e un'altra volta chiedono di stare alla destra e alla sinistra di Gesù nel suo regno (10,35-40).
Pietro probabilmente veniva chiamato così anche per via del suo carattere duro, di coccio, testardo.
Allora: una motivazione forte e profonda supera ogni diversità di cultura, di ceto sociale, di status, di pelle, di carattere o quant'altro. Erano diversi ma la motivazione (seguire il Maestro) era più forte di ogni diversità.
Ma perché Dodici? A cosa si riferiva il numero dodici? Dodici erano le tribù di Israele prima delle deportazioni (721 a.C. quella degli Assiri, 587 a.C. quella dei Babilonesi).
Gesù, allora, vuole costruire un nuovo Israele, un nuovo popolo, un nuovo regno. Anche gli ebrei aspettavano la restaurazione del regno politico di Davide e di Salomone, ma il regno di Gesù non è politico, materiale. Gesù pensa ad un regno del cuore e dell'anima, dove le persone guariscono e si liberano dai nemici interni (Mt 10,7-8).
Sarà sempre così: il regno di Dio non è fuori di te ma dentro di te. La grande liberazione deve avvenire in te. Tu ti devi liberare dai tuoi demoni, dai tuoi tiranni, dai tuoi nemici interni, per poterlo seguire. E chi non vuole guardarsi dentro e non vuole conoscersi e non vuole incontrare gli abitanti scomodi del proprio cuore non potrà mai seguire il Gesù del Vangelo che manda i suoi apostoli "a scacciare i demoni" (3,15).
Ma cosa chiedeva Gesù a chi lo seguiva? Gesù chiedeva due cose: la prima, di lasciare la propria casa (1,20), cioè ogni legame precedente e ogni attaccamento.
Innanzitutto osserviamo che nessuno dei suoi familiari lo seguì. I suoi paesani lo rifiutarono (6,1-6). I suoi parenti tentarono di prenderlo per impedirgli di parlare e di agire, considerandolo "pazzo" (3,20-21); per questo Gesù se ne dovette andare via dal suo paese e trasferirsi sulle rive del lago di Galilea, a Cafarnao. I suoi fratelli non credevano in lui (Gv 7,5). Solamente dopo la sua morte, sua madre e i suoi fratelli si unirono ai discepoli (At 1,14).
La casa (e a quel tempo molto di più di oggi) era il rifugio affettivo: rompere con quelli di casa era una gravissima offesa per la famiglia e un disonore per tutti. Ma Gesù chiede proprio questo: di lasciare la casa fisica e la casa mentale (i modelli, le idee, le credenze della famiglia, i genitori affettivi e interni). Gesù stesso dice di sé: "Le volpi hanno le tane e gli uccelli del cielo i nidi, ma quest'uomo non ha dove posare capo" (Lc 9,58).
La terra, la barca, era il mezzo di sussistenza per vivere, la cosa più desiderata e ricercata: Gesù chiede di lasciarla. Gesù chiede di lasciare la famiglia (non c'era disonore più grande che essere rifiutati da quelli della propria famiglia!).
E Gesù sa bene cosa accadrà: "Non pensiate che io sia venuto a portare pace sulla terra, bensì la spada. Sì, sono venuto a mettere il padre contro il figlio e il figlio contro il padre, la madre contro la figlia e la figlia contro la madre, la suocera contro la nuora e la nuora contro la suocera" (Lc 12,51-53). Cioè: per Gesù la famiglia non è la cosa più importante. Vi è qualcosa di più importante: il regno di Dio, "chi non odia suo padre e sua madre, suo figlio e sua figlia, non può essere mio discepolo" (Lc 14,26).
Se l'approvazione dei tuoi genitori, del tuo capo, dei tuoi parrocchiani o delle persone che ami è più importante della libertà, della verità e del seguire la tua strada, allora non puoi seguire Gesù.
Gesù lo dice chiaramente: "Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto al regno di Dio" (Lc 9,62). Se vuoi seguire la tua direzione non puoi seguire quella di altri. Preparati quindi a deluderli, ad essere rifiutato perché non secondo le loro aspettative. Dev'essere così!
Un altro giorno c'era un uomo che gli chiedeva, prima di seguirlo, di andare a seppellire suo padre. Seppellire il padre era l'obbligo più importante e più sacro per un figlio: gli onori funebri, presieduti dal figlio, costituivano il momento solenne in cui l'autorità del padre e il suo controllo sulla famiglia passavano all'erede. Ma Gesù duramente gli dirà: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va' ad annunciare il regno di Dio" (Lc 9,59). Il primo dovere di ogni figlio era il rispetto e l'obbedienza al proprio padre. Ma Gesù va contro questa regola.
Per Gesù il valore primo è la coscienza, il Dio dentro di te, il seguire la propria strada. E viene prima di tutto: della famiglia, delle regole religiose e di ogni autorità.
Gesù è un sovversivo per ogni istituzione perché Gesù vuole che i suoi discepoli siano liberi, che non debbano rendere conto a nessuno se non che a Dio e che non si inchinino a nessuno se non che a Dio. Sei libero, vivi da uomo libero. Inchinati solo a Dio e a nessun altro.
La nuova casa non è più il legame di sangue, di parentela, ma di cuore e di anima: "Questi sono mio padre, mia madre, mia sorella e mio fratello: chi compie la volontà di Dio" (3,35) e non più la madre e i fratelli che erano venuti per trovarlo e che lo cercavano.
La seconda, la decisione: quando nel vangelo Gesù chiama, chiama. Gesù non dà spiegazioni sul perché chiama e non informa su cosa accadrà o sul dove andrà. Dice solamente una parola: "Seguimi!". Cioè: c'è qualcosa che ti attrae, che "ti prende", che ti attira, che ti fa innamorare, seguila, senza fare domande, senza voler assicurazioni, previsioni o garanzie sul futuro.
I discepoli di Gesù non lo seguivano per motivazioni logiche o teologiche: ma semplicemente per passione. I discepoli erano degli innamorati perché solo gli innamorati o i pazzi potevano operare scelte simili.
Ma con Gesù avevano imparato un altro modo di vivere: Lui era tenero con i piccoli e i derelitti; Lui si emozionava di fronte alle sventure e alle sofferenze degli ammalati; Lui non aveva paura di toccare i lebbrosi e le donne, Lui non aveva paura di abbracciarli; Lui era tenace e irremovibile quando c'era da difendere la dignità delle persone; Lui accettava tutti alla sua tavola (simbolo dell'ospitalità del suo cuore) e non aveva pregiudizi di nessun tipo; Lui era appassionato della verità, se ne infischiava delle regole stupide o disumane e se c'era da trasgredire lo faceva senza tanti sensi di colpa; Lui piangeva, gioiva, si stupiva di fronte agli uccelli del cielo e ai gigli del campo; Lui credeva nella forza delle persone e se queste gli credevano, guarivano; Lui amava per davvero e non a parole; Lui si schierava e non temeva di prendere posizione quando c'era da farlo; Lui sì che viveva. Tutto questo fu chiamato con un'unica parola ev-anghelion, "buona novella", cioè vangelo.
I discepoli con Gesù si sentivano vivi, al centro della vita, felici: "Ma noi non abbiamo mai vissuto così. Questa è vita! Per questo sì che vale la pena di lasciare tutto, di rischiare, di essere derisi o forse di morire" (8,35; 8,34). Gesù voleva che i discepoli vivessero così, da innamorati, da infuocati, bruciando d'amore e di vita.
Chi seguiva Gesù viveva perennemente nell'insicurezza, nella derisione, nel rifiuto e nel pericolo continuo di morte. Ma chi glielo faceva fare? Mica erano stupidi! Perché lo facevano? Perché avevano trovato la perla, il tesoro, di fronte al quale tutto il resto è niente, nulla (Mt 13,44-46). Si segue Gesù perché ti fa vivere davvero, perché ti fa più libero, perché ti fa affrontare e vincere le tue paure, perché ti fa emozionare, perché ti senti veramente te stesso, perché dà senso alla tua vita.
Ma se seguire Gesù ti fa più acido, più cupo, più rigido, più aggressivo, più scontento, più chiuso, più brutto nel viso, più intollerante, più pauroso, chiediti chi stai seguendo. Non di certo il Gesù del vangelo!
Poi Gesù li invia. Prima hanno visto, adesso vanno loro (6,7).
Gesù pensa ai suoi discepoli come ad una rete di guaritori (6,7; 6,13). Questa era la buona novella: annunciare con le parole e guarire con i fatti le persone dai loro demoni della mente, del cuore e del corpo.
Gesù li pensa come dei "pescatori di uomini" (1,17): gli uomini pieni di paura, in balia dell'odio, della rabbia, della violenza, dell'ignoranza, degli attaccamenti, sono come dei pesci che vengono salvati, pescati, per poter ritrovare il vero volto aldilà delle deformazioni e del potere del Male.
Il vangelo è chiarissimo su questo: Gesù li manda per questo. Gesù fa questo. La domanda è ovvia: la chiesa è guaritrice? La chiesa è un balsamo per i cuori feriti degli uomini? Sa liberare gli uomini dalle loro paure? Sa guarirli dai demoni interni? Perché la chiesa è nata per questo e se perde il suo centro, la motivazione per cui Lui l'ha voluta, non è più chiesa di Gesù.
Gesù dà loro delle istruzioni che non sono da cogliere alla lettera ma indicano uno stile diverso, nuovo, provocatorio, altro rispetto a quello del tempo.
Non pane, non bisaccia, non denaro, nulla per il viaggio solo i sandali e la tunica che avevano addosso (6,8-9): cioè non dovevano essere autosufficienti, bastare a se stessi, ma dovevano accettare l'aiuto e l'accoglienza della gente (tra l'altro: quando non hai nulla sai gustare tutto ciò che ti viene dato). Gesù voleva che al centro ci fosse l'accoglienza: ma non solo accogliere ma anche essere accolti, essere poveri, essere vulnerabili, essere cioè dall'altra parte. Perché solo quando sei dall'altra parte allora sai, conosci, comprendi, le cose; solo il medico che è paziente può capire i suoi pazienti e solo lo psicologo che ha bisogno d'aiuto può capire chi va a farsi aiutare da lui.
Niente bastone (6,8): il bastone serviva per difendersi dai cani selvatici e dagli aggressori. I discepoli devono apparire a tutti come un gruppo di persone di pace, non violente e non aggressive. Avvicinandosi ai villaggi, lo faranno in maniera pacifica, senza spaventare donne e bambini anche se i loro uomini stanno lavorando in campagna. In ogni casa devono dire: "Pace a questa casa" (Mt 10,9-15). Il vangelo non è imposizione è solo una proposta di pace: "Puoi vivere così. Ti va?".
Gesù li invia a due a due (6,7) sia perché così potranno aiutarsi a vicenda sia perché in tribunale veniva accettata solamente la versione di due testimoni. A due a due il loro annuncio era più credibile.
Non devono fare nient'altro se non che annunciare il regno di Dio con le parole (predicazione) e con i fatti (guarigioni). Se non vengono accolti, nessuna paura e non farne una questione personale. Scuotere la polvere di sotto i piedi (6,11) era quello che facevano gli ebrei quando abbandonavano una regione considerata impura. Non è un giudizio ma una presa di coscienza della realtà: "Ok, non avete voluto, è la vostra scelta, ne prendiamo atto. Avete detto di no: noi accettiamo il vostro no e voi prendetevi le conseguenze e le responsabilità del vostro no".
Tutto ciò che fanno è gratis, come gratuito è l'amore di Dio che non si merita, non si paga e non si conquista: non devono ricevere soldi o elemosine. Loro danno guarigione e in cambio ricevono accoglienza.
Riassumendo, allora: che cosa chiedeva Gesù ai suoi discepoli? Tre domande.
1. "Sei disposto a lasciare tutto (il passato, la casa, la mentalità corrente)?" Questo vuol dire essere autonomi di pensiero e di vita ma anche soli, rifiutati e derisi. Ti va? Questo è contrario al nostro desiderio di approvazione.
2. "Sei disposto a giocarti del tutto?". Questo voleva dire passione, vitalità, vita intensa ed emozionante ma anche insicurezza e rischio. Questo è contrario al nostro bisogno di avere sempre una ruota di scorta, una via d'emergenza, una sicurezza.
3. "Sei disposto a diventare libero?". Questo voleva dire liberarsi da pregiudizi, credenze, false idee religiose: era l'ebbrezza della verità ma anche il dolore di perdere le proprie convinzioni e di cambiare. Questo è contrario al nostro tentativo di non cercare, di accontentarci, di farci andare bene quello che si è, quello che si sa, quello che ci viene detto.
La domanda di allora è la domanda di oggi: "Vuoi seguirmi?". Non è questione di essere migliori, di andare in paradiso, di essere bravi. E' questione di provare, sentire, sperimentare e poi seguire un nuovo modo di vivere. E' una possibilità, una proposta.
Tu questa la chiami "vita" ma in realtà questa è "prigione", illusione. Ti farò vedere io che cos'è la "vita", la realtà, se saprai accettare che questa è "prigione".
Quando Diogene veniva venduto come schiavo al mercato diceva: "Qui c'è un maestro (lui). C'è qualche schiavo che desideri comprarmi?". E' il mondo contrario di Gesù.
Gandhi diceva: "Infischiarsene della libertà della patria, perché ciò che conta è la libertà dell'uomo. Credo che lo scopo della vita sia la visione di Dio, e devo raggiungere tale obiettivo anche se fosse necessario sacrificargli tutto: la famiglia, la patria e persino la vita". E' il mondo contrario di Gesù.
Pensiero della Settimana
Quando la Vita chiama da qualche parte c'è un'unica risposta:
"Sì".
Fonte:www.qumran2.net
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