fr. Massimo Rossi, Commento XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Commento su Marco 6,30-34
fr. Massimo Rossi  

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (22/07/2018)

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Marco non rivela il nome del pastore.... Giovanni invece sì: il buon pastore è Gesù. Se siamo qui, puntuali come ogni domenica - non tutti, in verità, sono puntualissimi... -, è perché abbiamo capito che il miglior pastore è Cristo, e per questo lo abbiamo scelto, e per questo lo seguiamo...

Ma siamo davvero sicuri di averlo capito? siamo davvero sicuri di averlo scelto? e di seguirlo, dovunque vada? Questa è la lezione che ci portiamo a casa oggi: guardiamo con uno sguardo critico - cioè analitico - la nostra storia, passata e presente, e rispondiamo alla domanda:

“Chi è il mio pastore?”: può essere una persona, può essere un principio...
Chiamiamolo appuntamento con la verità.

Verità: non è soltanto una delle parole chiave dei Domenicani... Dovrebbe essere la parola d'ordine di ogni uomo, di ogni donna, che vogliano vivere in modo pienamente umano. Mica detto, che il livello medio della vita abbia centrato il bersaglio della umanità piena!

Ricordo che la parola ‘peccato', in origine significava ‘bersaglio mancato'...

Da questa elementare analisi etimologica, impariamo che un'esistenza non pienamente umana è un peccato nel senso pieno del termine: forse non è un peccato personale, forse il peccato è di coloro che impediscono alla vita altrui di raggiungere la piena maturità... Oppressione, sfruttamento, emarginazione... crimini sociali, dei quali siamo un po' tutti colpevoli direttamente, o indirettamente complici col nostro silenzio e la nostra indifferenza. Mi fermo qui, perché mi rendo conto che il discorso sta prendendo una piega moralista, e non mi piace.

Torniamo al Vangelo: provando a mettere la pagina di Marco in relazione con quella di Paolo tratta dalla lettera ai cristiani di Efeso, mi sono chiesto che tipo di gente fosse quella che seguiva il Signore; non era gente di un tipo particolare... molto più semplicemente, era la gente: il denominatore comune di queste persone - ed erano migliaia - sono convinto che non fosse la fede, ma lo stato di necessità.

Questa gente era gente che soffriva: uomini e donne come noi, con problemi seri: chi di salute, chi di famiglia, chi di lavoro... E Gesù rispondeva a tutti, a tutti, senza chiedere di che credo fossero, a quale classe sociale appartenessero, se erano in grazia di Dio...

Dal canto suo, l'apostolo dei pagani dichiara che la croce di Cristo ha abbattuto il muro di separazione tra chi era vicino e chi era lontano: quando Paolo parla dei vicini, allude ai Giudei, e quando parla dei lontani allude ai pagani, cioè a coloro che non erano di fede ebraica.
Tutti hanno il diritto di incontrare Cristo!

Ripeto, il motivo che attira ad avvicinarsi a Lui non è in prima istanza la fede, ma lo stato di necessità. Del resto, anche il Dio del Vecchio Testamento, quello che parlò a Mosè dal roveto ardente, aveva dichiarato di conoscere le sofferenze del suo popolo, di aver ascoltato il suo grido di aiuto, e di volerlo aiutare. Notate che quello che Dio chiama ‘suo popolo', non conosceva neppure il nome Suo! La fede del popolo non c'entrava, almeno, non ancora! Dio interviene a prescindere dalla fede del popolo, il quale (popolo), viveva ormai da 500 anni in mezzo agli Egiziani, di religione politeista; con molta probabilità, i discendenti di Giuseppe, avevano dimenticato la fede del loro capostipite, verosimilmente adoravano altri dèi... a cominciare da Mosè, adottato dal faraone, cresciuto e vissuto alla corte del Re di Egitto.

Non è del tutto errato definire Mosè uno straniero rispetto agli Israeliti:...che poi, chiamarli israeliti è assai impreciso; lo diventeranno molto dopo, insediati in Palestina, organizzati in monarchia, con un culto, anche questo organizzato, intorno al tempio di Gerusalemme, duecento anni dopo che avevano varcato il fiume Giordano.

L'evangelista racconta uno spaccato di vita quotidiana di Gesù e degli apostoli, alle prese con i mali che allora affliggevano gli Israeliti, e che oggi affliggono noi.

Immediatamente dopo, al versetto 35, Gesù moltiplica i pani per migliaia di persone accorse per ascoltarlo. Come vedete, tutto comincia a prendere senso... tutto è orientato in una sola direzione, la persona di Cristo. Inizialmente, Gesù ascolta ciascuno e risponde ai problemi di ciascuno: guarisce un indemoniato, risuscita un morto, risponde a un rabbino, perdona una adultera, accoglie la prostituta, si invita addirittura a casa di un pubblicano...

Ma il fine di Gesù, il motivo per il quale è venuto nel mondo, è uno solo, uguale per tutti: dare se stesso, corpo, sangue, e Spirito.

Il miracolo che di lì a poco compirà, di sfamare tutta quella gente, raccoglie in quell'unico pane spezzato per tutti, le necessità di tutti, le attese più o meno consapevoli di tutti: “Donna, se tu conoscessi chi è colui che ti parla, tu stessa gli chiederesti acqua e Lui ti darebbe acqua viva che zampilla per la vita eterna!” (cfr. Gv 4,10).

Quella folla senza nome, accorsa nel deserto - ma guarda che combinazione! proprio in una landa dimenticata da Dio!... - per vedere e ascoltare il Signore, (quella folla) aveva bisogno di una cosa sola...e non lo sapeva! Perché non conosceva ancora il Signore... non lo conosceva così come lo conosciamo noi, crocifisso e risorto!

Ecco la grande differenza tra quella folla e le nostre assemblee, tra quella gente e noi: loro non conoscevano tutta la storia, noi invece sì! Quelli andavano dietro a Gesù, perché aveva fama di essere un maestro di vita, un guaritore; si diceva in giro che fosse Lui il Messia promesso.

Ma quando la sorte cambiò corso, quella gente tornò sui suoi passi e cambiò idea. “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”, gridavano, assiepati nel cortile del palazzo di Pilato...

Per loro la storia finiva lì, davanti al Governatore di Roma che mostrava il sedicente Re dei Giudei, ridotto in catene, coperto di un mantello di porpora e coronato di spine.

Ancora una volta, il potere politico aveva vinto. Ancora una volta la violenza delle armi aveva avuto la meglio sul seme di pace che il Cristo era venuto a seminare nel cuore degli uomini...

“Chi è il mio pastore?” quello che asseconda le mie intemperanze, le mie smanie di ribellione, le mie intolleranze - non quelle alimentari, ma quelle legate a talune categorie di persone, che non sopportiamo e vorremmo tanto eliminare... -? oppure quello che è in grado di suscitare la fame e la sete di pace e le sazia con la Sua parola e il Suo sangue?
Per seguire il primo, basta l'istinto...

Per seguire il secondo, ci vuole tutto il resto: ragione, volontà e cuore.

Fonte:www.qumran2.net

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