Padre Paolo Berti, “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”

XVII Domenica del T. O.     
Gv 6,1-15
“Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”

Omelia

Il Vangelo secondo Matteo presenta tre moltiplicazioni dei pani, descrivendone solo due (14,15s; 15,32); le stesse due, nella medesima successione, le presenta Marco (6,35s; 8,1s). Le prima delle due moltiplicazioni narrate da Matteo e Marco viene presentata anche da Luca (9,12s). Una terza moltiplicazione la presenta Giovanni nel Vangelo di oggi. C'è chi vuole vedere una sola moltiplicazione, ripresa in diversi modi dagli evangelisti, ma non si riesce a capire, pur mettendoci la buona volontà, in che cosa possa urtare l'accettazione di più moltiplicazioni dei pani. A leggere le descrizioni ci si convince che la narrazione di Giovanni presenta la terza moltiplicazione, ma con elementi inediti. Tre moltiplicazioni con il significato, oltre che di venire incontro alla folla affamata, di presentare ripetutamente come egli sia colui che sostenne il popolo nel deserto con la manna, e come ancora sia pronto a questo; anzi non manna, ma pane, una manna certo migliore. Che Gesù mirasse non solo a risolvere il problema contingente delle folle, ma a promuovere la fede in lui il liberatore dalla schiavitù del peccato, dalle catene del Demonio, lo dice benissimo Matteo, che riferisce (16,9): “Gente di poca fede, perché andate dicendo tra voi che non avete il pane? Non capite ancora e non ricordate i cinque pani per i cinquemila, e quante ceste avete portato via? (E' la prima moltiplicazione). E neppure i sette pani per i quattromila, e quante sporte avete raccolto? (E' la seconda moltiplicazione)”. Gesù stava operando un nuovo esodo, questo dovevano comprendere i discepoli, e il pane non sarebbe mancato, come non mancò la manna nel deserto. E' un cammino che Gesù fa fare alla gente affinché giunga a cogliere che è lui il Pane vero, quello che sazia l'anima, la tonifica, nel cammino di liberazione. Lui il Pane del cammino che rende capaci di sostenere sacrifici. Lui il Pane di comunione con Dio e tra i fratelli. Così Gesù si espresse dopo la terza moltiplicazione dei pani (Gv 6,32): “In verità, in verità io vi dico: non è Mosé che vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. Ma il discorso è più ampio, e include il sacrificio della croce, cioè il modo con cui verrà la liberazione, e il nuovo pane, quello dell'Eucaristia (6,51): “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
“Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei”, dice Giovanni dando un preciso riferimento cronologico, che rimanda a come di lì a poco Gesù avrebbe attuato una nuova Pasqua e dato se stesso come cibo e bevanda del nuovo banchetto pasquale.
Ormai, si profila l'evento culmine della vita di Gesù. Gesù sottopone Filippo e con lui gli altri apostoli ad una prova: “Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. La domanda viene rivolta a Filippo perché conoscitore dei luoghi essendo di Betsaida, cittadina sul mare di Tiberiade (Gv 1,44). Filippo si sentì interpellato nelle sue competenze e per questo dimenticò che Gesù può tutto e che altre volte aveva sfamato la gente. Così, presentò le sue competenze dicendo che non c'era un luogo dove il pane fosse così a buon mercato da poter essere acquistato per tutta la folla con quello che avevano in cassa: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”. Anche Andrea dimenticò che Gesù poteva sfamare la folla, tutto occupato da una notizia da dare a Gesù in merito: “C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente”. Dare suggerimenti a Dio nasce dal nostro orgoglio; dirgli cosa deve fare è seducente. Così fecero nella prima moltiplicazione dove dissero a Gesù che era tardi e che la gente andava congedata affinché potesse acquistare del cibo nei villaggi. Presentare le proprie capacità logistiche a Gesù affascinava i discepoli, e dunque dovevano essere liberati da quell'abbaglio dell'amor proprio. Il metodo usato da Gesù fu quello di metterli alla prova, come già fece assentandosi in un profondo sonno mentre la barca stava affondando nel lago di Tiberiade. La prova non era per la loro rovina, ma perché vedendo meglio dentro se stessi considerassero che dovevano vincersi dalla suggestione di avere un ruolo di guida su Gesù, di avere degli spazi propri nei quali essere rabbì del Rabbì.
Essere uniti a Gesù, servirlo con tutte le forze, non significa sopprimere la propria umanità in un'obbedienza cieca, ottusa, ma purificarla. Le proprie risorse umane non vanno distrutte, ma devono essere elevate, purificate. Gesù abitua i discepoli ad un incontro vivo con lui, responsabile e docile. Prima li impegnò in Giudea con un sevizio stanziale a battezzare secondo il Battesimo dato da Giovanni (Gv 4,1), poi li mandò - itineranti - a due a due ad annunciare di villaggio in villaggio che il regno era vicino e ad attestarlo con lo scacciare i demoni e guarire gli ammalati (Mt 10,1), poi fece loro servire coi pani da lui moltiplicati le folle (14,19), suggerendo con le 12 ceste avanzate che avrebbero dovuto continuare a servire le genti, ad essere promotori di vita umana, non solo di vita divina. Un cammino di formazione che incontrava la pesantezza dei discepoli, ma pian piano li elevava. Le fughe dei discepoli da Gesù non mancarono come abbiamo visto con Filippo che rimase impigliato nel suo sapere commerciale; così Andrea che rimase preso anche lui nelle sue osservazioni; cosi Pietro che consigliò a Gesù di non andare a Gerusalemme perché così lo avrebbero ucciso. Poi la grande fuga durante la passione di Gesù, ma alla fine, dopo la risurrezione, dopo la discesa dello Spirito Santo, troviamo i discepoli formati. Li vediamo agire in Gesù. Li vediamo ancora alle prese con l'umano, ma con la capacità di non rimanere più impigliati nell'umano sottraendosi all'unione con Cristo.
Eliseo dimostra una fede più forte di quella degli apostoli infatti annuncia che il pane sarebbe diventato sufficiente per tutti. Gli apostoli, tuttavia, cresceranno nella fede, in una fede grande. La loro realtà umana doveva armonizzarsi, anzi elevarsi secondo la realtà dell'Uomo-Dio. C'era un percorso di unione che gli apostoli stavano facendo con il Cristo e, nel Cristo, tra di loro.
Paolo ci porta a riflettere su questa realtà di comunione che ci costituisce. “Un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti”. E' la visione stupenda del Corpo mistico di Cristo del quale lo stesso Cristo è il capo, principio di vita e di unità. Chi cresce in Cristo cresce nella comunione con i fratelli. E chi è cresciuto nella comunione con i fratelli è perché è cresciuto nella comunione con Cristo.
Maria ci soccorra, ci aiuti, si adoperi perché la nostra unione con Cristo sia sempre più intensa e così nutra la comunione con fratelli per una testimonianza viva nel mondo della presenza di Cristo in noi. Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.

Fonte:http://www.perfettaletizia.it/

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