Alessandro Cortesi op, Commento XVIII domenica tempo ordinario


XVIII domenica tempo ordinario – anno B – 2018
IMG_0498.JPGEs 16,2-4.12-15; Sal 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35

“Mosè disse loro ‘E’ il pane che il Signore vi ha dato in cibo’”. Mosè riconosce nel segno della manna, cibo inatteso nel deserto, un intervento del Signore e ne interprete il significato: è pane donato. Il popolo era stanco, logorato dal cammino nel deserto e si era ribellato. La sicurezza di un piatto assicurato era meglio della fatica nel percorso di uscita dall’Egitto. Il bisogno di cibo fa rimpiangere addirittura la situazione della schiavitù. Così il popolo ‘mormorava’: è verbo che dice ribellione e sospetto. E’ rinuncia alle attese più profonde di libertà e ripiegamento nella ricerca di assecondare i bisogni immediati.

Manna e quaglie, cibo che scende dal cielo sono segno di Dio, per mettere alla prova Israele : “Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi; il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina secondo la mia legge o no.” (Es 16,4)

La mormorazione del popolo è espressione dell’idolatria perché ricerca solo appagamento della propria fame, e dimentica Dio stesso. E’ questo nella Bibbia il grande peccato: affidare la propria vita a qualcosa che non è Dio. Il segno della manna giunge inatteso di fronte alla ribellione ed al sospetto. E’ sfida per aprire i cuori a scorgere che Dio solo è il Signore. Questo cibo per continuare il cammino potrà essere raccolto solamente per la razione di un giorno: la vita di chi cammina nell’alleanza con Lui trova la sua stabilità solo nell’affidamento. La sua presenza è più preziosa di ogni altra sicurezza.

Nel capitolo 6 Giovanni presenta il dialogo di Gesù con la gente che lo seguiva, nella sinagoga di Cafarnao (cfr. Gv 6,59). Dalle sue parole emerge una profonda incomprensione e distanza rispetto alle attese della folla: “voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà” (Gv 6,26-27)

Le attese della folla sono centrate sui propri bisogni, e la ricerca di Gesù mira a soddisfare la fame. Gesù vede in questo la strumentalizzazione della sua persona. Le sue parole vogliono condurre ad un passaggio, dalle attese immediate ad un altro livello. I pani distribuiti sono un segno che richiede un cambiamento: si tratta di aprirsi ad accogliere il pane che Gesù stesso è, la sua stessa vita. Da ricercare innanzitutto e come prima cosa è il dono dell’incontro con lui, della sua amicizia. E’ il passaggio del credere, affidamento in lui, decentramento dell’esistenza. I segni sono inizio di un cammino per lasciarsi cambiare, per entrare in un incontro. La questione fondamentale riguarda il credere: “Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?’ Gesù rispose: ‘Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato’” (Gv 6,28-29).

Il segno del pane rinvia al dono della manna, cibo nel deserto, e Gesù parla di un nuovo dono di presenza e di vita: “il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo” (Gv 6,2-33). La sua vita consiste nel ‘dare’ e nel ‘darsi’. Credere significa allora accoglienza colui che Dio ha mandato, riconoscere in Gesù l’inviato del Padre. La manna era stata sostegno per il cammino nel deserto. Gesù presenta se stesso come pane che fa vivere, nutrimento nel camminare ad un incontro di comunione che è l’autentico senso della vita umana.

Alessandro Cortesi op

Fonte:alessandrocortesi2012.wordpress.com

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