Don Marco Ceccarelli, Commento XXI Domenica Tempo Ordinario “B”

XXI Domenica Tempo Ordinario “B” – 26 Agosto 2018
I Lettura: Gs 24,1-2.15-18
II Lettura: Ef 5,21-32
Vangelo: Gv 6,60-69
- Testi di riferimento: Gen 2,7; Sap 16,12; Is 55,10-11; Ez 37,10; Mt 11,6; 13,20-21.57; 24,9-10.35;
26,31-33; Mc 1,24; Gv 2,24-25; 3,5-6; 5,21; 6,45; 8,43-44.51; 10,26-28; 16,1; 20,22.29; At 13,46;
Rm 8,5.9-11.29; 10,17; 1Cor 15,44-45; 1Ts 2,13; 2Tm 2,19; Eb 4,13; 5,11; 1Pt 1,23; 1Gv 3,24
1. La scelta.
- La prima lettura aiuta ad evidenziare la tematica di questa domenica. Giosuè pone le dodici tribù
davanti alla scelta riguardo a quale divinità si vuole servire e seguire: o il Signore, quel Dio che li
ha condotti fuori dall’Egitto e ha dato loro una terra, oppure gli dèi degli altri popoli. Si tratta di
un’alternativa radicale, che non ammette compromessi. Scegliere il Signore significa dire no agli
dèi. Anche nel brano evangelico odierno appare qualcosa di simile. Gesù pone i dodici nella situazione
di dover operare una scelta, se rimanere con lui o andarsene come hanno fatto gli altri. Infatti
tutto il discorso che abbiamo ascoltato nelle ultime domeniche provoca nei confronti di Gesù una
reazione di rifiuto e di abbandono. Quello che poteva essere il bellissimo annuncio di una straordinaria
grazia da parte di Dio finisce invece per sfociare in una rottura drastica. Dio vuole che l’uomo
viva, e quindi gli provvede una vita soprannaturale, una vita celeste, un cibo dal cielo perché possa
vivere eternamente. Che cosa si poteva chiedere di meglio? Che altro avrebbe potuto suscitare la
gioia delle persone più che un dono di questo tipo? Eppure la reazione della folla è di tutt’altro genere.
Forse, uno potrebbe pensare, ciò è avvenuto perché non è stato spiegato loro con chiarezza.
Gesù avrebbe dovuto essere un po’ più semplice, più elementare, più accondiscendente verso la difficoltà
di comprensione dei suoi interlocutori. Invece egli non ha fatto nulla per rendere più accessibile
il suo annuncio. Al contrario, il suo discorso è diventato via via sempre più radicale tanto da
alienarsi la folla. Il suo discorso è “duro” e non lo si può ascoltare (v. 60). Ma Gesù non ha paura
del fatto che effettivamente tanti operano una scelta, quella di andarsene via. All’inizio del lungo
discorso Gesù interloquisce con la folla (6,22.24). Poi si parla di “giudei” (6,41.52). Poi ancora di
“discepoli” (6,60.66). Alla fine non rimangono che i dodici (6,67.70); e anche fra di loro ci sarà un
“diavolo” (6,70). Ma in certi casi meglio operare una scelta, anche se sbagliata, piuttosto che rimanere
“tiepidi” (Ap 3,16).
- Il fatto è che il discorso di Gesù richiede appunto di operare una scelta; una scelta che ruota intorno
alla sua stessa persona. Lui si pone come un assoluto, come il vero e unico cibo che dà la vita; e
chiede, implicitamente, di credere in lui, rinunciando al resto. Questo è il punto veramente critico
della fede. Operare una scelta significa dire sì a uno e no ad un altro. Significa, come in un matrimonio
(vedi, tra l’altro, la seconda lettura), dire sì ad una persona e implicitamente dire no a tutte le
altre. Così è con Dio, almeno con il Dio rivelatosi da Abramo fino a Cristo. Ci sono cose che sono
incompatibili con il Dio di Gesù Cristo. Invece la prospettiva tipica dell’uomo religioso, compreso
una gran parte dei cristiani praticanti, è quella di un Dio che viene ad aggiungere qualcosa alle cose
che ho già e che non ho nessuna intenzione di lasciare. Così si vuole dire sì a Dio, ma allo stesso
tempo non si vuole dire no a nulla. Dio serve per avere anche quelle cose che non si possono ottenere
in altro modo. Dio mi dà il Paradiso? Benissimo, così ho tutte le cose di questo mondo e pure
quelle dell’altro mondo. Non ci si pone per nulla la questione di dover operare una scelta. Eppure
non c’è un argomento tanto diffuso sia nell’Antico Testamento che nel Nuovo come quello di mettere
in atto una scelta fra Dio e gli idoli. È praticamente la questione fondamentale dall’inizio alla
fine della Bibbia. La fede nel Dio che si è rivelato ad Israele e in Gesù Cristo implica una rinuncia
radicale. Una rinuncia che non consiste in una menomazione, ma che parte dall’aver capito che
l’unica cosa che conta veramente, che dà la vita vera, la vita che rimane in eterno, è soltanto Dio.
2. Lo scandalo (v. 61). Da quanto detto sopra possiamo comprendere cosa significhi lo scandalo che
soffrono gli ascoltatori di Gesù. Gesù scandalizza con i suoi discorsi e le sue scelte. Lo scandalo
fondamentale sarà quello che i discepoli subiranno davanti alla crocifissione (Mt 11,6; 24,9-10;
26,31; Gv 16,1). Chi non è disposto ad operare una scelta, a rinunciare al proprio modo di pensare,
al proprio modo di valutare la realtà, alle proprie categorie, subirà inevitabilmente uno scandalo. Il
termine skandalon indica un “ostacolo” nel quale si rischia di inciampare e cadere. Lo scandalo che
i discepoli hanno subìto al momento della morte del loro maestro è stato quello di vedere colui che
consideravano il messia morire miseramente sulla croce. Questo è stato un enorme shock, e ha provocato
l’abbandono di Cristo (Gv 16,32). Nessuno di loro era disposto ad accettare che la via della
salvezza passasse per la croce. Essi avevano un loro schema di come il messia doveva salvare il popolo;
e in quello schema non rientrava assolutamente il fallimento e la croce. Quello che dunque in
realtà funge da scandalo, cioè da ostacolo, da pietra di inciampo alla fede in Cristo, non risiede in
lui, ma nei suoi ascoltatori. Non è la durezza del discorso di Cristo, come non è la durezza della
croce, a scandalizzare, ma l’incapacità di ascoltare e capire dovuta alla propria durezza di cuore.
Ciò che è duro non è la parola di Dio, ma il nostro cuore (Mc 10,5; 16,14).
3. La carne e lo Spirito (v. 63).
- Il senso di “carne” in questo contesto è diverso da quello usato in precedenza da Gesù. La “carne”
indica qui le realtà creaturali, così come in Ger 17,5-8 (cfr. anche Gv 3,6). La contrapposizione è
allora fra la realtà divina (lo “Spirito”) e le realtà umane. Lo Spirito vivificante è lo Spirito Santo, lo
Spirito divino. La vita non viene da quanto è creato, ma da Dio. Perciò solo il cibo soprannaturale,
disceso dal cielo, è quello che dà la vita. E ciò consiste nelle parole di Gesù, Sapienza incarnata.
Cristo è stato costituito Spirito vivificante (1Cor 15,45), capace cioè di generare in noi quella vita
nuova, divina, che appartiene a coloro che sono nati dall’alto (Gv 3,3). In quanto spirito Gesù può
venire a vivere in noi; in quanto vivificante egli agisce in noi come principio di vita. Quando ci
manca il cibo sentiamo che dobbiamo procurarcelo per riempire il vuoto che abbiamo dentro; segno
che in noi non c’è la vita. Se abbiamo Cristo abbiamo un principio di vita eterna che ci riempie, che
sazia. Le realtà umane non hanno potere di procurare tale sazietà. Con Cristo le ansie che l’uomo
porta dentro sono saziate, non sente più bisogno di andare a cercare altro. Ma si può far entrare Cristo
in noi come un principio di vita se si accolgono le sue parole (Gv 6,63). La sua parola è un principio
di vita eterna (v. 68) che non passa (Mt 24,35). Per questo chi custodisce la parola di Cristo
non muore (Gv 8,51). È la parola di Dio comunicata da Cristo che ha potere di animare la carne,
come all’inizio della creazione il soffio di Dio animò la carne di Adamo (Gen 2,7), come la parola
profetica di Ezechiele fece entrare lo Spirito nelle ossa inaridite (Ez 37,10). La parola di Cristo, la
sua parola che è spirito e vita (Gv 6,63), deve entrare in noi, deve diventare un tutt’uno con noi, con
il nostro modo di pensare, di capire la realtà.
- Se non siamo in comunione con il suo insegnamento non abbiamo Cristo in noi. Occorre accettare
che c’è un modo di comprendere e valutare la realtà che non è quello nostro. Il nostro viene dalla
“carne”, dalla mentalità umana; il modo di capire e valutare la realtà secondo Dio viene dallo Spirito
di sapienza. Ed è questo che dà la vita. Chi vive nella carne ragiona secondo la carne (Rm 8,5) e
non può capire le cose dello Spirito (1Cor 2,14). C’è gente che sta appresso a Cristo per i propri
scopi e per sentirgli dire ciò che vuole; ma non è disposta ad ascoltare. C’è gente che sta nella Chiesa
senza credere, avendo le proprie convinzioni e i propri comportamenti e non essendo disposta a
cambiare mentalità. Forse a questa gente, come ai discepoli del Vangelo odierno, farebbe bene rimanere
scandalizzata ed essere costretta ad operare una scelta, piuttosto che continuare a seguire
Cristo in questo modo.

Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it

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