Don Paolo Zamengo,"Volare"

COMMENTO XXVIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO “B”
Volare     Mc 10, 17-30

Di quell’uomo sappiamo solo che era ricco. Il suo nome è stato cancellato dalla fame di cose che lo ha reso irriconoscibile. Ha consumato la sua giovinezza ad accumulare cose preziose, senza diventare, lui prezioso davanti a Dio.
Un giorno quell’anonimo personaggio si accorge che nella sua cassaforte manca qualcosa, manca la cosa più importante della vita, la felicità. Decide allora di inseguire Gesù nel tentativo di ritrovare se stesso e di regalarsi finalmente la gioia.
La tradizione lo descrive come un giovane. In realtà è un giovane invecchiato precocemente. I soldi gli hanno soffocato la volontà e spento l’entusiasmo. Gli hanno cancellato perfino il nome. Si ritrova grigio e anonimo. Ma pone a Gesù la domanda. “Maestro buono, cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”.
Noi ci chiediamo: “Perché questo giovane non ha gioia nel suo cuore nonostante sia sempre stato fedele alla legge?”. È ricco, ma non è felice. È divorato da una insoddisfazione radicale. Gesù lo guarda dritto negli occhi, fino nel profondo del suo cuore, e gli regala l’opportunità della sua vita. Gli offre l’unico bene che non si trova sul mercato. 
“Gesù, cosa mi manca per volare?”. Potrebbe essere questo il significato della sua domanda. Gesù gli legge quelle parole “dentro” e gli offre un altro cuore. Ma l’uomo di terra vive di terra e insegue sempre solo le cose, quelle che gli mancano.
Quell’uomo chiede di poter aggiungere qualcosa al suo già discreto conto in banca. Invece Gesù non gli chiede di comprare ma di donare tutto, gli chiede di spogliarsi, di alleggerirsi. E così, a quell’uomo, cadono le braccia. I conti non gli tornano più.
Perché non ha capito che Gesù non gli propone la miseria ma la condivisione, non gli chiede di odiare le ricchezze ma di usarle per aiutare i poveri considerati il vero tesoro. Quell’uomo si spaventa. La proposta di Gesù gli sembra una trappola e preferisce rimanere sepolto nella terra della sua tristezza. Rimarrà triste per sempre. Il suo nome, da allora, è “se ne andò via triste”
La proposta di Gesù non ha dell’incredibile ma, certo,  sconvolge chi intende la religione come una specie di investimento.  Conservare intatto il presente e, contemporaneamente, assicurarsi il futuro, in maniera indolore. I farisei volevano possedere la terra e comprarsi anche il cielo. 
Gesù non aggiunge a quell’uomo nuovi comandamenti da osservare, gli chiede solo di alleggerire la borsa per camminare più speditamente e camminare insieme con lui, su altre strade, con altro cuore, per altri traguardi.
Gesù è abituato a utilizzare metafore volutamente paradossali, “la trave nell’occhio, spostare montagne, il chicco che muore dà vita”. Oggi Gesù ci propone l’immagine irreale del cammello che passa attraverso la cruna di un ago, per dirci che cosa? Per dirci la necessità urgente di scaricare la zavorra, di alleggerirci e liberarci dai pesi inutili se vogliamo entrare nel suo Regno.
Emerge così la nuova immagine di Dio. Il Dio di Gesù è un Dio leggero. Gesù chiede anche a noi di essere leggeri, di liberarci da ciò che grava lo spirito, che appesantisce il cuore e ci impedisce di toccare il cielo. Bisogna volare. Con Gesù si vola. Ma per volare non basta l’amore alla legge, per volare ci vuole la legge dell’amore.

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