FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio XXVIII Domenica del Tempo Ordinario

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario
 Lun, 08 Ott 18  Lectio Divina - Anno B

Le letture di questa domenica ci invitano ad una attenta riflessione sul significato della nostra vita. Nella prima lettura vediamo Salomone che, ancor giovane, ha saputo fare la scelta più giusta preferendo la sapienza ad ogni ricchezza e potere. Nella lettera agli Ebrei l’autore ci mostra la via per ottenere la vera sapienza: la via della Parola che non è, però, facile o scontata ma, proprio come una spada a doppio taglio, impone alle coscienze un forte impegno critico nell’operare le proprie scelte.
Infine il Vangelo propone il tema fondamentale della lotta fra la scelta sapiente della sequela di Gesù e quella mondana del denaro, del potere e della sensazione di sicurezza che ne deriva.

Perché mi chiami buono?
Messo così sembra quasi un rimprovero, ma non lo è sicuramente: Gesù è ben disposto verso quest’uomo (non un giovane, come troviamo in Matteo), dopo poco si dirà addirittura che lo amò. Gesù, in realtà, vuole qui sottolineare l’importanza assoluta dell’incontro con Lui: perché se Lui è buono e solo Dio è buono, incontrare Gesù equivale ad incontrare Dio, è un evento di per sé salvifico; praticamente è già una riposta esauriente agli interrogativi di quell’ uomo: cercare e trovare Gesù e seguirlo la vera ed unica via per la vita eterna.

Tu conosci i comandamenti
Sicuramente li conosce bene, anzi, come lui stesso ricorda, li ha puntualmente osservati a puntino fin dalla sua giovinezza. Ma c’è qui una stranezza abbastanza evidente: nello specificare i vari comandamenti, Gesù sembra dimenticare completamente quelli relativi i rapporti con Dio, mentre ricorda uno per uno quelli relativi i rapporti con il prossimo; ciò non è di certo casuale e non è neppure in contraddizione con quanto Egli insegnava (amore di Dio ed amore del prossimo sono speculari, uno rivela l’alto, ed entrambe sono irrinunciabili), ma doveva suonare abbastanza sorprendente agli orecchi di un pio israelita, abituato a mettere di gran lunga in prima linea quelli relativi a Dio, primo fra tutti il comandamento del Sabato, su cui tante volte Gesù dovette scontrarsi con gli ebrei più osservanti.

Gesù l’amò
Il verbo usato nel testo è “agapào”, verbo che esprime il modo di amare proprio di Dio; non si tratta di una qualsiasi simpatia o benevolenza da parte di Gesù, ma di una sua profonda reazione emotiva, tanto che possiamo proprio chiederci cosa aveva quest’uomo da suscitare un sentimento così intenso. Non certo il fatto di essere un buon osservante; al contrario, forse, proprio il fatto che, nonostante l’abitudine alla perfetta osservanza della Thorà, quel bravo Ebreo si sentisse ancora inquieto, avvertisse una spinta interiore verso qualcosa di più: forse la stessa conoscenza della legge lo aveva portato ad intuire che la legge, da sola, non è sufficiente a salvare l’uomo.

Una cosa ti manca
Gesù ha intuito a pieno lo stato psicologico del suo interlocutore; ne avverte tutta l’ansia di ricerca, l’inquietudine, l’insoddisfazione spirituale: anche per questo, forse, ne rimane compiaciuto. Una vita pienamente osservante sul piano civile ed anche religioso non basta a dare risposta alla nostra ricerca di senso, al nostro anelito alla felicità, in altre parole, al raggiungimento della vita eterna; solo affidarci completamente a Lui può darci la risposta che cerchiamo; vengono in mente le parole di S. Agostino: “Il mio cuore è inquieto, finché non riposi in Te o Signore”.

Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio
In molte pagine del vangelo troviamo che Gesù prende posizione contro la ricchezza: questo è sicuramente uno dei più duri, come possiamo evincere anche dal famoso paradosso del cammello, che non passa la cruna dell’ago. Su questo paradosso si sono dati da fare i soliti studiosi bene intenzionati, cercando di attenuare e di rendere più logica l’espressione di Gesù, sostituendo al sostantivo greco “camelòs” cammello, quello molto simile “camalòs” cavo, gomena; ma, come rileva assai a ragione don Bruno Maggioni, l’efficacia di un paradosso è tanto maggiore quanto più assurdo appare il paragone: qui verosimilmente, Gesù vuole proprio sottolineare con particolare intensità, quanto grande sia la forza sviante della ricchezza.
Non è però che Gesù se la prenda con i ricchi: sappiamo che Egli non rifuggiva dai ricchi, accettava di frequentarli; questo ricco, addirittura, lo ha amato: non sono dunque coloro che possiedono ricchezze ad essere condannati, ma è proprio l’effetto deleterio e sviante della ricchezza che viene deprecato. Quindi non solo per i ricchi, anche se per essi certamente in maggior misura, ma per chiunque, l’attaccamento al denaro, al possesso può diventare un muro insormontabile per la salvezza.

E chi mai potrà salvarsi?
Gli apostoli comprendono subito che le parole di Gesù non risparmiano nessuno, si sentono coinvolti pienamente nel dramma dell’uomo di fronte al possesso.
E’ vero che essi hanno già lasciato il lavoro e la famiglia per seguire Gesù, come Pietro sembra reclamare, un po’ bruscamente; Gesù stesso lo ammette, ed anzi, promette una ricompensa immediata ma impegnativa (“assieme a persecuzioni), oltre alla vita eterna che è proprio l’obbiettivo cui mirava quel tale che aveva interrogato Gesù. Ma, evidentemente anche essendo già alla sequela di Cristo, gli apostoli continuano ad avvertire tutta la potenza ammaliante della ricchezza e si riconoscono deboli e bisognosi di aiuto.
Allora l’unica ancora di salvezza per l’uomo è quella di vivere affidando completamente la propria vita, con tutti i beni materiali e spirituali che ci capitano, alla Benevolenza ed alla Sapienza di quel Dio, Cui tutto è possibile.
Questa lettura spesso è stata intesa come una doppia proposta di vita: una più rigorosa, riservata alle scelte di vocazione speciale ed una riservata a tutti, più concessiva, che ammette la ricchezza, a patto che si osservi la Legge.
In realtà l’invito alla sequela di Gesù è rivolto a tutti indistintamente, a prescindere dalla vocazione laica o religiosa che abbiano intrapreso e per tutti si ripropone l’eterna scelta drammatica fra Dio e mammona, per affrontare la quale tutti noi possiamo solo rivolgerci alla misericordia di Dio.

Fonte:www.figliedellachiesa.org

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