Abbazia Santa Maria di Pulsano, Lectio DOMENICA «DELLA PRIMA PREDICAZIONE A NAZARET»
DOMENICA «DELLA PRIMA PREDICAZIONE A NAZARET»
III del Tempo per l'Anno C
Luca 1,1-4; 4,14-21; Neemia 8,2-4a.5-6.8.10 (8,1-10); Salmo 18; 1 Cor 12,12-31
«Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo». Signore Gesù, ti presento il Libro. Invece di leggere io, voglio ascoltarti leggere. Questo significa che, leggendo, voglio lasciar da parte ogni mia preoccupazione, ogni partito preso, ogni interpretazione personale. Voglio far silenzio dentro di me, perché la tua voce pronunci per me, in me, la parola di Dio. Signore, apri il Libro e trova il passo. Nella sinagoga, il brano da leggere era già stabilito. Ma qualunque sia il brano, oggi è scritto per me. Sia che io ascolti la Scrittura nell'assemblea dei fedeli o che la legga in privato, se tu leggi per me, ci sarà sempre un testo — fosse anche una sola frase o una sola parola — che ha qualcosa da dirmi nella situazione in cui mi trovo. E se il mio cuore è colmo di te, scoprirò subito la parola che mi può dare la spinta o l'aiuto di cui ho bisogno.
(Un monaco della chiesa orientale)
«Evangelo di Gesù Cristo secondo Luca». Per cogliere il significato di queste parole bisogna innanzitutto rendersi conto che l’Evangelo è qualcosa di ben diverso da una raccolta di aneddoti relativi a Gesù e al suo insegnamento. Ogni evangelista è un testimone del figlio di Dio e si propone di rispondere alla domanda che affiora nell'animo di ogni uomo a cui è stato dato di incontrare Gesù, sia sentendo parlare di lui, sia scoprendolo attraverso la vita di uno dei suoi discepoli: «Signore, chi sei?». Ciascuno di questi testimoni espone la propria fede nel Cristo sulla base di una storia – quella dei gesti e delle parole di Gesù – ma anche in funzione della propria esperienza e del proprio ambiente di vita. Per questo ogni evangelista ha una sua originalità, un suo accento diverso da quello degli altri.
Tuttavia c'è un solo Evangelo, perché c'è un solo Cristo a cui rimandano tutte le Scritture. Un giorno, nella sinagoga di Nazareth, tocca a Gesù commentare la lettura della Legge accostandola a un testo profetico. Gli capita un brano di Isaia. Che cosa dirà? Si metterà a fare dotte considerazioni sull'antichità del testo, sull'epoca in cui è stato redatto? Niente di tutto questo. Gesù afferma semplicemente: «Oggi si è adempiuta questa scrittura». Colui nel quale «tutte le promesse di Dio sono divenute "si"» (2 Cor 1,20) non può leggere la parola divina senza metterla in pratica, senza realizzarla immediatamente Fioriscono così i miracoli a favore dei poveri, dei prigionieri, dei ciechi, degli oppressi.
Anche noi non possiamo leggere l’Evangelo al passato. Dobbiamo leggerlo al presente, nell'oggi della nostra vita davanti a Dio Allora anche il nostro tempo sarà «un anno di grazia del Signore».
Dall’eucologia:
Antifona d’Ingresso Sal 95,1.6
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore da tutta la terra;
splendore e maestà dinanzi a lui,
potenza e bellezza nel suo santuario.
L’orante del Sal 95,1.6, (SRD = salmo della regalità divina) con due imperativi innici, esorta il popolo d’Israele, e oggi noi, a cantare al Signore il «cantico nuovo» (v. lb; e 32,3; 39,4; 97,1; 149,1), ossia il «cantico del Mar Rosso» (Es 15,1-18), che celebra l’irresistibile vittoria divina sui nemici e l’inizio del suo esodo verso la patria. Ora, l’esodo forma una tipologia, essendo essenzialmente l’unico evento di salvezza, il passaggio dalla morte alla vita, che si dovrà ripetere nella vita d’Israele. Quando il Signore salva, «fa fare esodo», e così i Profeti annunciano il nuovo esodo dall’esilio, fino all’ultimo esodo, quello di Cristo al Padre nella gloria della Resurrezione. Perciò il «canto dell’esodo» è sempre il medesimo, ma sempre nuovo per la novità della vita che suppone già avvenuta. Per questo è invitata l’intera terra ad unirsi alla gioia dell’acquisita salvezza. La lode al Signore prosegue poi nel presentare la sua Manifestazione sovrana, poiché davanti a Lui si svolge un’immensa celebrazione, nel cielo e sulla terra, e il suo santuario celeste e terrestre appare un’indicibile e magnificante gloria (v. 6; Is 60,13), la quale attrae i fedeli nella gioia e nella santificazione.
Canto all’Evangelo Lc 4,18
Alleluia, alleluia.
Il Signore mi ha mandato
a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.
Alleluia.
Il Canto all’Evangelo è tratto dalla pericope odierna e presenta il Messia anzitutto come evangelizzatore dei poveri e liberatore dei prigionieri. L’annuncio della Parola di Dio, che edifica in un corpo solo la sua Chiesa è il tema dominante della liturgia di questa domenica (Cfr. Colletta).
Due scene parallele prevalgono nel lezionario biblico; la prima scena ha come sfondo la Gerusalemme ricostruita che ha ormai alle spalle l'amara esperienza dell'esilio babilonese. In un giorno autunnale, siamo nel primo giorno del settimo mese (Tisri = sett./ott) di un anno che gli studiosi tendono ad identificare col 444 a. C, una gran folla si accalca alla porta delle Acque, nell'area del Tempio riedificato (Ne 8,2).
In mezzo all'assemblea si leva il sacerdote Esdra, la guida spirituale della nazione; questo scriba, esperto nella legge di Mosè (Esd 7,10), apre il rotolo biblico e lo proclama "a quanti erano capaci di intendere" (in pratica tutti i cittadini di Gerusalemme dai 12 anni in avanti, senza distinzione di sesso, censo, età e cultura).
La Parola di Dio risuona così in una solenne liturgia comunitaria.
Tre sono i verbi fondamentali che reggono questa proclamazione della Parola:
1. innanzitutto «leggere» la Bibbia, ma non in una qualsiasi maniera: si parla, infatti, di una lettura «a brani distinti». È necessaria, quindi, una certa programmazione, una didattica.
2. il secondo verbo è quello della «spiegazione del senso». Un antico aforisma rabbinico afferma che «ogni parola della Bibbia ha settanta volti»; il maestro nella fede deve svelare questi volti, deve perlustrare il testo in tutte le sue sfumature. Il termine tecnico per indicare lo studio della Bibbia è «esegesi» il cui significato letterale richiama l’azione dello «scavare un pozzo» alla ricerca dell’acqua. L’esegesi è dunque un “tirar fuori” tutti i tesori, tutta la forza, tutta la spiritualità della pagina biblica.
3. 1 terzo verbo nella lettura della Bibbia è «comprendere». L'originale ebraico usa un termine sapienziale che indica la comprensione saporosa, intensa, alimentata dall’intelligenza e dal cuore.
Per la seconda scena ci spostiamo nella sinagoga di un modesto villaggio della Galilea, Nazareth. È un sabato e davanti alla folla che si accalca in quella sala si leva un nazaretano la cui fama in quei giorni sta dilagando in tutta la regione.
Anch'egli apre il rotolo biblico e proclama un brano di Isaia, un annunzio di speranza e di liberazione. Il silenzio e gli occhi fissi dell'uditorio attendono la spiegazione, l'omelia sinagogale.
Quell'uomo, Gesù, figlio di Giuseppe, pronunzia una sola frase, strana e pesante come un macigno: tutta la speranza annunziata da Isaia è diventata realtà «oggi», proprio in lui, Gesù di Nazareth.
Gesù dichiara di essere lui l'unto di Dio, il mashiah-messia, il frutto maturato della profezia di Isaia. È una rivelazione strepitosa eppure avviene così semplicemente, in mezzo agli uomini riuniti per la funzione del sabato.
In un giorno e in un ora che non sono nemmeno segnati, Gesù annuncia il più difficile dei «Sono io».
A queste due scene appena descritte non possiamo non sovrapporre un terzo quadro, quello dell'assemblea domenicale a cui presto parteciperemo.
Il Cristo entra ancora nelle nostre assemblee con la sua “Parola” che è letta, spiegata e compresa? Da questo triplice processo che coinvolge l'orecchio e il cuore sbocciano quei due atteggiamenti apparentemente antitetici, ma in realtà complementari, che caratterizzano l'assemblea radunata attorno a Esdra?
Affiorano ai nostri occhi le lacrime della conversione (Ne 8,9), segno vivo del pentimento, mentre le nostre labbra si aprono al sorriso, perché, come ci ricorda il governatore Neemia, l'ultima parola di Dio non è mai quella del giudizio bensì la promessa del perdono (Ne 8,10)? Speriamo!
Un antico detto giudaico ammoniva: «Gira e rigira la parola di Dio perché in essa vi è tutto. Contemplala, invecchia e consumati in essa. Da essa non ti allontanare perché non vi è per te sorte migliore».
Il lezionario fa precedere la prima predicazione pubblica di Gesù con la presentazione che Luca fa della sua opera letteraria. Da un punto di vista artistico siamo di fronte al periodo letterario ideale, compiuto di tutto il N.T. che nulla ha da invidiare alle più pure pagine della letteratura greca classica.
Questi primi versetti ci aiutano a percepire il canone storiografico adottato da Luca; qui si parla infatti dello scopo, del contenuto, delle fonti e del metodo di ricerca e composizione.
Dal punto di vista sinottico, confrontando il prologo lucano con quello degli altri evangelisti, si coglie subito la sua singolarità:
1. Mentre Marco (1,1) ci dà un prologo da catechista, nel senso che egli, fin dall'inizio del suo Evangelo, si preoccupa di darci la sintesi della sua cristologia proprio per una intenzione di ordine catechetico;
2. Matteo (1,1-17) ci dà un prologo da scriba, nel senso che, aperto alla sensibilità giudaica dei suoi destinatari, egli si preoccupa di far risaltare fin dall'inizio i molteplici rapporti che legano Gesù al popolo giudaico;
3. Giovanni (1,1-18) ci dà un prologo da teologo, nel senso che l'inizio del suo Evangelo si caratterizza proprio per una acutissima e profondissima riflessione teologica circa i rapporti di Gesù di Nazareth con il Padre.
4. Luca invece ci dà un prologo da storico, nel senso che egli si preoccupa di collegare esplicitamente l'evento Gesù di Nazareth con la "diakonia" dei suoi evangelizzatori.
Il tempo di Gesù e quello della Chiesa formano una visione unitaria della storia della salvezza che prelude alla scelta tipicamente lucana di far seguire al racconto dell'Evangelo di Gesù la narrazione della storia della Chiesa nascente.
Esaminiamo il brano
v. 1 - «Poiché»: in italiano se ne rende bene il senso con l'espressione: Proprio appunto perché. Sembra implicita la domanda: «Perché anche tu scrivi, dopo che l'hanno già fatto molti altri?», per cui la risposta che dà Luca riesce chiara: «Proprio appunto perché molti hanno posto mano...anche a me è sembrato bene» ecc.
«stendere un racconto...»: lett. "riordinare". Il fatto sembra supporre che le narrazioni dei testimoni oculari siano state fatte senza un preciso ordine, a seconda che le circostanze lo richiedevano o si vuol dire che l'ordine seguito (ad esempio nella catechesi) procedeva per linee non adatte ad una narrazione continua.
I testimoni per esempio erano troppo coinvolti in prima persona e la loro passione faceva si che il racconto perdesse in obiettività.
v. 2- «testimoni oculari»: sono i discepoli e gli apostoli, le fonti primarie di informazione, le massime autorità in fatto di eventi che si sono svolti sotto i loro occhi, quelli cioè che hanno preso parte agli avvenimenti.
«fin da principio»: si riferisce all'inizio del ministero di cristo, non a quanto lo precedette. In At 1,21-23 Pietro fa risalire questo inizio al battesimo di Giovanni. Luca indica le fonti del suo scritto, ma esclude che i primi due capitoli vi siano compresi; essi hanno una tradizione (paràdosis) diversa, dovuta ad una indagine personale dell'evangelista, come egli stesso dirà subito dopo.
«ministri della parola»: sono coloro che si sono messi a pieno servizio della predicazione cristiana, i servi della parola». Essi non hanno solo esperienza visiva ma anche pratica e sanno quello che si deve dire agli ascoltatori, secondo le esigenze delle mentalità diverse, come fa un buon servo con padroni di vario temperamento. Con questa espressione viene messo in rilievo il ruolo della “Parola”, vera dominatrice e signora, alla quale gli stessi testimoni oculari fanno da servi: essi perciò la devono trasmettere con assoluta fedeltà e non possono modificarla in nulla senza incorrere nella condanna di servi infedeli.
v. 3 - «ho fatto ricerche»: lett. a me che ho seguito da vicino: detto da chi vede le cose con i propri occhi, ma noi sappiamo che Luca non è un testimone oculare. L'espressione aggiunge un motivo di grande rilievo che non era riscontrabile nei molti soprannominati e cioè di aver indagato passo passo lo svolgersi delle cose compiute, come fa colui che sta a fianco di chi agisce.
Il perfetto indica un'azione passata, un'indagine lunga, le cui conseguenze durano ancora. Seguono quattro argomenti su cui è fondata questa ricerca.
«accurate»: primo argomento: ci si riferisce a una metodologia propria di una mentalità che oggi chiamiamo scientifica e che non si lascia influenzare da preferenze o antipatie.
«ogni circostanza»: lett. tutto, senza eccezione. Secondo argomento: Luca non ha fatto distinzione fra cose rilevanti e no, ma le ha esaminate tutte, senza tralasciarne alcuna. In questa espressione sono inclusi anche i primi due capitoli che, pur non essendo oggetto della tradizione dei testimoni oculari, ne sono però il fondamento e l'origine: per questo hanno dovuto essere esaminati anch’essi con la stessa scrupolosità.
«dall’inizio»: lett. «da sopra» oppure da molto tempo e quindi in maniera esauriente. Terzo argomento: gli avvenimenti sono stati esaminati a lungo, sotto tutti gli aspetti. L'avverbio di luogo sembra indicare non solo una ricerca che va molto al di là di quell'inizio da cui partono i testimoni oculari ma quella che è la ricerca storica normale nella concezione greca della storia, per cui un avvenimento è controllato e capito alla luce di un altro.
«ordinato»: quarto fattore: non indica un ordine cronologico, ma la chiara visione dell'insieme, in cui le varie parti si connettono armoniosamente. La capacità di dominare la materia e disporla con arte rivela una personalità serena e integra, che forma già da sola una garanzia di fedeltà.
«Teofilo»: nome frequente tra gli ebrei e fra i pagani, dal greco = amico di Dio. Alcuni ritengono che si tratti di una persona fittizia, il cui nome indicherebbe ogni pio cristiano; altri un personaggio di alto rango (Cfr. titolo "eccellente").
v. 4 - «ti possa rendere conto...»: le ricerche accurate e l’esposizione ordinata hanno infatti per scopo che Teofilo si renda conto della solidità della catechesi ricevuta, nel duplice senso di credibilità dei fatti e di validità della proposta di lasciarsi coinvolgere in essi.
v. 14-15 - Il lezionario passa, con un lungo salto, dal prologo dell’Evangelo all'episodio della visita di Gesù a Nazaret, che contiene il primo annuncio del messaggio di Cristo e dove è in evidenza non tanto la proclamazione dell'avvento del Regno di Dio e delle condizioni per entrarvi (Cfr. Mt 4,17; Mc 1,13-15), quanto la persona stessa di Cristo come culmine della storia della salvezza preparata e narrata dall'" A.T. Questi vv. fanno da introduzione generale alla intera sezione.
«la potenza dello Spirito»: Luca pone la predicazione di Gesù sotto l’influsso dello Spirito Santo, che aveva precedentemente ricevuto (3,22) e lo accompagnerà sempre.
vv. 16-17 - «sinagoga»: (= assemblea) si trova in ogni centro abitato ebraico ed era frequentato di solito il sabato e i giorni festivi. Dopo la recita delle preghiere quotidiane, si leggeva un brano della Legge e poi uno dai Profeti, cui seguiva un sermone da parte di qualcuno capace. Tutto si concludeva con la benedizione di Nm 6,24-26.
«si alzò»: il lettore del brano profetico poteva essere un laico; questi era scelto dal capo della sinagoga o presentarsi spontaneamente. Chi era in grado, ne dava anche la spiegazione e ne faceva un commento edificante.
vv. 18-19 - Il testo che Gesù legge in realtà è composito; Luca lo compendia citando Is 61,1-2, ma esso comprende Is 61,1-3; 58,1-11; 35,1-3. Si tratta di testi assolutamente decisivi, che Gesù con sovrana sicurezza applica a se stesso, nella coscienza di essere il Realizzatore di tutta la promessa antica. È notevole come Luca nel citare il passo di Isaia si ferma all’annuncio di «un anno di grazia» sopprimendo il versetto seguente che annuncia il giudizio delle nazioni: «un giorno di vendetta per il nostro Dio». Luca aggiunge invece un altro versetto tratto da Is 58,6: «a render liberi gli oppressi». La sottolineatura è quindi tutta sul carattere di «grazia» e di «salvezza» della presenza di Gesù.
«Lo Spirito di Dio è su di me»: È la formula di possesso che il Signore esercita sul suo prescelto mediante il suo Spirito onnipotente (altra formula è «la Mano di Dio fu su di me», Cfr. Ez 37,1 dove la Mano è metafora per indicare lo Spirito, la Potenza operatrice di Dio).
«annunziare ai poveri...»: Citando i profeti, sono descritte le funzioni dell'Unto di Dio, indotte in lui dallo Spirito:
1. evangelizzare i poveri (verbo tecnico = euangelízō);
2. annunciare ai prigionieri la áphesis, la "remissione dei peccati", l'abbono totale delle colpe davanti a Dio ed ai fratelli, dalle quali essi sono detenuti;
3. predicare l'anno di grazia, cioè il tempo del perdono che Dio accorda a quanti gli si accostano con sentimenti di umiltà e di povertà.
vv. 20-21 - «Oggi»: sḗmeron Nel silenzio della celebrazione liturgica mentre l'assemblea si dispone con vari sentimenti ad ascoltare da lui l'omelia sul Testo sacro, risuona quell'oggi (sḗmeron) che sarà un classico nelle omelie dei Padri greci per secoli. Il testo è molto forte: Oggi Dio nelle orecchie, ossia tramite l'ascolto qualificato, adempie la Scrittura portata dal Figlio.
E questo avviene sempre, ieri come oggi. Oggi ancora Gesù è il Messia; oggi ancora ci sono dei poveri, degli oppressi, dei prigionieri. Noi siamo dunque suoi contemporanei sempre e la sua Parola non ha perso niente della sua attualità.
Il giubileo divino, se accettato, comincia a produrre i suoi effetti straordinari, ma occorre «ascoltarlo» affinché Dio lo possa attuare in noi. Il verbo di Dio non può lasciare indifferenti coloro che interpella, ma esige e provoca una risposta. Oggi la Parola di Dio viene proposta a noi; oggi essa diventa viva e attuale nella celebrazione liturgica.
II Colletta
O Padre,
tu hai mandato il Cristo, re e profeta,
ad annunziare ai poveri
il lieto messaggio del tuo regno,
fa che la sua parola
che oggi risuona nella Chiesa,
ci edifichi in un corpo solo
e ci renda strumento di liberazione e di salvezza.
Per il nostro Signore,..
Lunedì 21 gennaio 2019
Abbazia Santa Maria di Pulsano
Fonte:http://www.abbaziadipulsano.org
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