Don Marco Ceccarelli, Commento II Domenica Tempo Ordinario “C”

III Domenica Tempo Ordinario “C” – 27 Gennaio 2019 I Lettura: Ne 8,2-6.8-10 II Lettura: 1Cor 12,12-31 Vangelo: Lc 1,1-4; 4,14-21 - Testi di riferimento: Es 15,26; Lv 25,9-12; Dt 31,9-12; 2Re 23,2; Ne 13,1; Sal 107,20; 146,7-8; Sap 16,12; Is 19,22; 42,7; 49,8; 52,7; 58,6; 59,21; Is 61,1-2; Mt 8,8; 11,5; Lc 1,38; 4,32.36; 7,7; 10,17; 19,5.9; 23,43; Gv 9,39; 14,26; At 10,36.38; 26,18; 28,27; 2Cor 6,2; 1Ts 2,13-16; Eb 3,7-13; 4,12; 1Gv 2,27 1. 
Prima lettura.
- Si presenta una grande e solenne liturgia della parola. I giudei ritornati dall’esilio si riuniscono per ascoltare «il libro della Legge (torah) di Mosè» (Ne 8,1). Al ritorno nella terra dei padri, viene posta al centro della vita del popolo quella parola di Dio la cui inosservanza aveva provocato la discomunione con Dio e quindi l’esilio. Si possono osservare alcuni elementi: a) Tutto il popolo, uomini, donne, e chiunque fosse in grado di capire, si mette all’ascolto; un ascolto reale, con sincero atteggiamento di accoglienza: «il loro orecchio era verso il libro della torah» (Ne 8,3). b) La lettura è molto prolungata, dall’alba fino a mezzogiorno. c) Siccome non tutti capivano l’ebraico, la lingua in cui era scritta la torah, viene eseguita una traduzione che implicava anche una spiegazione dei testi. d) La proclamazione liturgica della torah ha un effetto su coloro che l’ascoltano; nella fattispecie quello di provocare un sincero pentimento. e) Nonostante il sentimento di contrizione presente nel popolo si invita alla gioia perché il Signore ha mostrato il suo perdono. - Tutti questi elementi sono essenziali anche per la vita della Chiesa. La Scrittura va innanzitutto proclamata per quello che è, senza modificarla, perché non si può aggiustare la parola di Dio ad uso dell’ascoltatore. Si capisca o non si capisca essa va proclamata integralmente. Occorre poi però tradurla nel linguaggio di ciascuno, spiegarne il senso oggettivo in un lessico comprensibile per l’ascoltatore, senza tuttavia ridurla o banalizzarla. Va infine interpretata applicandola concretamente alla vita delle persone. Questo terzo passaggio è fondamentale per far sì che la parola non rimanga staccata dalla vita, ma possa penetrarla e produrre i suoi effetti. Tuttavia, tutto questo risulterebbe inefficace se non ci fosse da parte dell’ascoltatore un terreno buono, cioè un sincero atteggiamento di ascolto della Parola che permetta ad essa di penetrare in profondità. Se questo avviene, l’ascolto non potrà non provocare un sentimento di contrizione per la raggiunta consapevolezza di lontananza dalla volontà di Dio; e, allo stesso tempo, la gioia per l’esperienza di un Dio che continua ad amarci. 2. Il Vangelo - Gesù e lo Spirito. Con il brano odierno riprendiamo la lettura del Vangelo di Luca, dopo la discesa dello Spirito Santo su Gesù al Giordano. L’evangelista che seguiamo quest’anno mette in particolare rilievo il ruolo centrale che lo Spirito ha nella vita e nel ministero di Gesù. Lo Spirito, con la sua potenza, lo condurrà in tutta la sua missione. Anche le prime parole pubbliche di Gesù riguardano la sua consacrazione dallo Spirito. Quanto annunciato dal profeta ora si è realizzato in Gesù. Lo Spirito di Dio è la grande novità che si fa presente tramite Cristo. Con lo Spirito Santo è giunto il regno, è giunto il tempo della salvezza. La liberazione, la guarigione, la salvezza, sono ora possibili perché è presente in Gesù la potenza dello Spirito divino. - Gesù e/è la parola di Dio. La parola di Gesù si identifica con quella della Sacra Scrittura. La parola di Cristo è una parola divina che produce gli stessi effetti salvifici. “Oggi si è compiuta la Scrittura” perché in Cristo è Dio stesso che la proclama. Questo verrà confermato nel seguito del Vangelo. In Lc 4,31-36 Gesù scaccia i demoni con il potere della sua parola; in Lc 21,33 Gesù afferma che le sue parole sono eterne come la parola di Dio (Is 40,8; 1Pt 1,25). Dal tempo di Neemia in poi Israele continua ad aprire e a leggere la torah. Gesù si inserisce in questa tradizione. Se anche lui apre il libro e lo legge è ovvio che lo stesso vale per noi. Non solo lo legge, ma ne dà anche l’interpretazione. Quello che segue (lo vedremo nella prossima domenica) però non è simile alla reazione del popolo descritta nella prima lettura. L’efficacia della parola divina non è magica. Implica l’accoglienza, l’accettazione da parte di chi ascolta. - L’“oggi” della salvezza. Quello che per i profeti antichi era il futuro, con Gesù è diventato un “oggi”. Questo è un termine chiave in Lc, che serve a sottolineare la presenza della salvezza in mezzo a noi. Per Zaccheo è arrivata “oggi” la salvezza (Lc 19,5.9); il malfattore accanto a Gesù sarà “oggi” in paradiso con lui (23,43). Ciò implica d’altro lato che è sempre oggi il momento in cui si accoglie o si rifiuta la salvezza. La presenza di Cristo ci pone davanti ad una decisione, subito. Anche Pietro avrà un “oggi” in cui invece di seguire il maestro lo rinnegherà (Lc 22,34.61). 3. La necessità della Parola di Dio nella liturgia. - Nella proclamazione della Parola di Dio durante la liturgia ecclesiale si realizza questo “oggi”. Siccome è Cristo «che parla quando nella chiesa si legge la sacra Scrittura» (Sacrosanctum Concilium 7), quella parola essendo “parola di Dio” diventa una parola efficace (Eb 4,12), che realizza quello che significa. Ciò vuol dire che nella liturgia la proclamazione della Parola ha un qualcosa in più rispetto la lettura personale. È sempre una cosa ottima e raccomandabile la lettura personale della Sacra Scrittura. Ma l’ascolto della stessa Scrittura all’interno della liturgia ha una efficacia diversa. Lì è Cristo stesso che sta parlando; e sappiamo che la parola di Cristo ha il potere di realizzare quello che dice in coloro che la credono. Perché la Scrittura si adempia in chi la ascolta occorre accoglierla con fede, occorre rispondere ad essa “Amen amen” (Ne 8,6), come l’amen di Maria rende possibile in lei l’adempimento della parola di Dio trasmessa attraverso l’angelo. - L’ascolto della Scrittura nella liturgia è una rivelazione che il Signore ha fatto ad Israele ai tempi dell’esilio. Non basta che Dio abbia parlato una volta al Sinai comunicando la sua torah o che abbia parlato diverse volte attraverso i profeti. Dio rivela, attraverso la crisi dell’esilio, la necessità che il popolo abbia un ascolto diretto e continuo della Parola dalla stessa bocca di Jahvè. Questo si realizza nella liturgia. La parola di Dio è tale anche quando privatamente la si legge, la si studia, la si commenta. Ma all’interno della Ecclesia, la proclamazione della Scrittura acquista una forza tutta particolare perché è come se uscisse dalla bocca stessa di Dio. Quando è la Chiesa a proclamare la Parola in quel momento è Cristo stesso che la proclama e quindi ha esattamente tale efficacia. E sappiamo che la parola di Dio realizza quello che dice. La Scrittura “avviene”, si adempie, si compie, nel momento stesso in cui è pronunciata. «La parola di Dio è viva e efficace» (Eb 4,12) perché ha il potere di dare la vita ai morti, e perché provoca l’effetto che vuole ottenere. - Last but not least. All’interno dell’assemblea liturgica la proclamazione della Scrittura è accompagnata dall’insegnamento della Chiesa stessa. Questo è un aspetto da cui non si può prescindere. Nel brano odierno l’evangelista parla dei “ministri della Parola” (1,2) e afferma che la messa per iscritto di quanto è avvenuto serve per consolidarsi in quei discorsi in cui si è (già) stati catechizzati (1,4). Ciò significa che non basta il rapporto diretto con la parola scritta bypassando chi di quella Scrittura ne è portatore e ministro. La Sacra Scrittura non può essere lasciata all’interpretazione personale, magari ingenua e letteralistica, o che non tiene conto dello sviluppo della Rivelazione. C’è una Chiesa che ha trasmesso nei secoli la Parola di Dio e che ha il diritto e il dovere di fornire la retta comprensione di essa.

Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it


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