Don Marco Ceccarelli, Commento IV Domenica Tempo Ordinario “C”

IV Domenica Tempo Ordinario “C” – 3 Febbraio 2019
I Lettura: Ger 1,4-5.17-19
II Lettura: 1Cor 12,31-13,13
Vangelo: Lc 4,21-30
- Testi di riferimento: Gs 1,9; 1Re 17,9-16; 20,43; 22,8; 2Re 5,8-15; 2Cro 16,10; Is 30,10; 40,10;
43,2-5; 49,4; 62,11; Ger 15,20; 20,11; 30,11; 37,15; 46,28; Am 5,10; Mt 10,12-14.40-42; 28,20; Mc 6,19; Lc 16,19-21; Gv 3,19-20; 7,7; At 5,33; 7,54; 18,9-10; 22,21-22; Gal 4,16; Ap 11,10

1. La seconda lettura. Dopo il capitolo in cui san Paolo ha spiegato ai Corinzi il mistero della Chiesa
corpo di Cristo, unico, ma con molte membra, cioè con diversità di carismi, ora, nel capitolo odierno, descrive in cosa consista l’essenza di tutti i carismi e dell’esistenza stessa dei cristiani, vale a dire l’amore (agápe). L’amore è ciò che muove tutto l’agire del cristiano, fuori e dentro la comunità
ecclesiale. Si tratta di quella raggiunta consapevolezza, propria del cristiano adulto nella fede (vv.
11-12), che niente della propria vita ha senso, nemmeno le realtà spiritualmente più sublimi, se non
il tempo speso per l’amore. Il vivere per l’altro, nel servizio che il Signore ha donato a ciascuno,
piccolo o grande che sia, è l’unico senso della vita del cristiano. E in fin dei conti quell’altro non è
che il Signore Gesù per cui il cristiano, come san Paolo stesso (Gal 2,20), vive ogni momento della
sua esistenza. Cristo è l’agápe che rimarrà in eterno; perché l’agápe è Dio (1Gv 4,8).
2. Il Vangelo.
- La tematica di questa domenica è quella del profeta rifiutato, come sottolineato dall’associazione
del brano odierno di Vangelo con la prima lettura che presenta la missione di Geremia soggetta
all’opposizione. Gesù percorre la Galilea con la potenza dello Spirito Santo (Lc 4,14) come si addice ad un profeta. E a Nazaret proclama che in lui è presente lo Spirito del Signore per la salvezza
dei miseri (Vangelo di domenica scorsa). Eppure questa salvezza non viene accolta. La richiesta dei
concittadini di Gesù di ripetere le opere che lo avevano reso famoso a Cafarnao è indice
dell’incredulità che hanno nei suoi confronti. Per questo Gesù porta l’esempio dei due profeti antichi. Essi fecero miracoli alla vedova e al lebbroso, ma solo come conseguenza della loro fede nella
parola del profeta. La parola di Gesù ha potere di compiere miracoli, di operare guarigioni, di perdonare i peccati. Ma questo avviene soltanto in chi la crede e quindi obbedisce ad essa, come
nell’episodio della pesca miracolosa (Lc 5,1ss.). Chi chiede miracoli per poter credere non arriverà
alla fede (cfr. Lc 16,31).
- Nonostante la debolezza del profeta e l’ostilità che incontra sulla sua strada, e a cui non ha mezzi
per opporsi, nessuno può veramente fargli del male, perché Dio è con lui (vedi prima lettura). Nessuno può impedirgli di portare a termine la sua missione, nemmeno chi minaccia la sua vita. La
scena descritta negli ultimi versetti del brano odierno è paradossale, ma indica proprio questa impossibilità di nuocere al profeta. È difficile infatti immaginarsi come Gesù abbia potuto tranquillamente passare in mezzo alla folla inferocita che lo aveva trascinato sul ciglio del monte per farlo
precipitare. Eppure ciò esprime proprio quella “intoccabilità” che possiede l’inviato di Dio fino a
quando non abbia compiuto la sua missione. La stessa idea appare nell’episodio in cui dicono a Gesù di scappare perché Erode lo vuole uccidere (Lc 13,31-33). Gesù non solo non se ne va, ma risponde che un profeta non può morire che a Gerusalemme (v. 33). Gesù continua tranquillamente
per la sua strada nonostante tutto. Da ciò traiamo alcune considerazioni.
• I due fatti biblici citati da Gesù (la vedova di Sarepta e Naaman il siro) mostrano che anche se i
diretti destinatari rifiutano il profeta tuttavia qualcun altro lo accoglierà. E tale accoglienza non riguarda innanzitutto il suo messaggio, ma la sua persona, in quanto profeta. Chi accoglie il profeta in
quanto profeta riceve la ricompensa del profeta (Mt 10,41).
• Anche nel momento in cui gli verrà fatto effettivamente del male, mettendolo a tacere in vari modi, persino con la privazione della vita, il profeta realizza comunque la sua missione, anche nei con-
fronti di coloro che lo uccidono. La missione dell’inviato di Dio ha una efficacia che è indipendente
dal risultato apparente. Anche il rifiuto del profeta, anche il suo apparente fallimento, non è inutile.
• Ciò che può frustrare l’esito positivo della missione è soltanto interrompere la missione. Questa è
la tentazione a cui il profeta deve resistere. Quando si incorre nel fallimento e ancora di più nella
persecuzione esplicita, si è tentati di abbandonare la missione. In questo caso sì che l’invio del profeta non raggiungerebbe il suo scopo. Dunque è necessario che il profeta non si volti indietro e continui nella sua missione. Fra Dio e il suo inviato infatti c’è una alleanza inscindibile, tanto che il
primo si identifica con il secondo. In forza di questa alleanza il profeta può stare sicuro che Dio è
con lui (“Io sono con te”: vedi testi di riferimento), e non ha nulla da temere. In questa alleanza Dio
si impegna a rimanere fedele al profeta, di dargli la vittoria contro i suoi nemici. Al profeta invece è
richiesto di non avere paura (prima lettura), di non scappare davanti a nulla, di rimanere fedele alla
missione.
- Ponendo l’episodio di Nazaret all’inizio dell’attività pubblica di Cristo (a differenza degli altri sinottici) Lc sembra voler porre tutto il ministero di Gesù sotto questa ottica della missione profetica
con i relativi risvolti. L’attività di Gesù, la sua predicazione, è quella di un profeta (anzi del profeta)
divino che suscita contrasto e opposizione; e tuttavia adempie la missione che Dio gli ha dato. Egli
porta la salvezza, la liberazione, l’anno di grazia; e tutto ciò attraverso il rifiuto che subirà.
3. Come si spiega l’ira (Lc 4,28) e l’odio contro il profeta fino a volerlo uccidere? Tale atteggiamento pare irrazionale. Infatti, se egli è veramente un profeta inviatomi da Dio, il messaggio che mi
comunica è comunque una grazia per me; se invece è un falso profeta, non inviato da Dio, di lui non
mi devo preoccupare (Dt 18,22). Perché allora il furore contro di lui? È la rabbia di chi vive in una
menzogna così radicale da rifiutare di guardare alla realtà; la menzogna di chi rifiuta di lasciar mettere in luce la verità della propria malattia, anche se questo è l’unico modo per essere guarito. Chi
ama le tenebre odia la luce. Non si ha interesse a sapere se quello che parla sia un profeta o no;
chiunque sia deve dire soltanto ciò che fa piacere ascoltare (Is 30,10). Ma perché si ama più la menzogna della verità? Perché non si vuole rinunciare ad essere dio di se stessi, non si accetta che Dio
sia un altro. Questo suscita un odio terribile, viscerale, irrazionale, come quello che sempre il mondo ha avuto verso i cristiani: «Il mondo odia i cristiani perché si oppongono ai suoi miraggi» (A
Diogneto, VI,5). Questo porta a voler uccidere Cristo.
4. Il ministero profetico del cristiano. Il cristiano partecipa al ministero profetico di Cristo in funzione della salvezza del mondo. La sua vita ha senso in funzione di questo. In ogni stato di vita, in
ogni ambiente sociale, il cristiano porta avanti la sua missione profetica, costi quel che costi, senza
retrocedere, senza scappare, sapendo che fra lui e Dio esiste una alleanza che fa sì che egli possa
portare a compimento la sua missione nonostante tutto, nonostante l’ostilità, il rifiuto, la mentalità
contraria, in mezzo ai quali si trova. Il cristiano è chiamato a non avere paura di parlare, a non essere un “cane muto” (Is 56,10) nei confronti della verità, sapendo che Cristo gli ha detto: “Io sono con
voi sino alla fine dei tempi” (Mt 28,20). Egli dà la vita per questa missione sapendo che è nel dare
la vita che gli uomini la riceveranno.

Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it


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