Don Paolo Zamengo "Notti, stelle e dune"

Epifania del Signore (06/01/2019)
Notti, stelle e dune

Non voglio togliere fascino alla pagina dei Magi che ha navigato la fantasia di artisti  e poeti, regalandoci opere di intensa sovrumana bellezza. Non voglio neppure togliere emozione ai bambini che nei giorni a precedere l’Epifania vanno spostando, a poco a poco, dall’ombra dei presepi, i re magi, con i loro doni e i cammelli, verso la luce fioca di una capanna su cui splende una stella.

Vorrei lasciare intatta la bellezza dei bambini di ieri e di oggi che mettono in cammino statuine, come  fosse un canto il muoversi, come se l’attrazione verso la capanna fosse irresistibile.  Passano gli anni ma rimane intatto il fascino di questa festa, la festa dell’Epifania.

Il racconto dell’evangelista Matteo sembra sconfinare nella fiaba, ma fiaba non è perché racconta qualcosa di reale e di sconfinato, qualcosa che appartiene alla storia dell’umanità. Rimane intatto il fascino del racconto, anzi quasi si dilata, perché dietro queste figure, dietro questi simboli, intravediamo il cammino di Dio, del suo svelamento. Intravediamo anche  il cammino dell’umanità, uomini e donne di ogni paese e di ogni tempo, in cammino verso di lui.

Tre simboli: le notti, le stelle e le dune. Un cammino tra notti e stelle su dune sabbiose. Rimane il mistero su chi fossero i magi, su quanti fossero e di che paese, sul numero delle notti di viaggio, viaggio sospinto dal loro incontenibile desiderio, notti illuminate da stelle.

E  sono re. Se nasce il re dei Giudei, se vogliamo significare la grandezza di questo Messia, debbono muoversi delle persone importanti, certamente dei re. Li chiamiamo “re”, i santi re magi.  “Alcuni magi vennero dall’oriente”. Arrivano e chiedono dove è nato il re e aggiungono: “Abbiamo visto una stella e siamo venuti ad adorarlo”. Un cammino tra notti e stelle.

Il loro cammino non fu solo di notti, fu un alternarsi di giorni e di notti. Nel racconto del vangelo li intravediamo per lo più nelle notti. Le stelle non si vedono di giorno. E penso alla loro emozione, l’emozione di una stella che sembrò raccontare un evento nel grembo della notte. Forse parte di qui il cammino dello spirito, da un silenzio che è grembo di domande e di aneliti. La notte ci aiuta.

È molto probabile che al vederli partire dietro quella stella, qualcuno li abbia degnati di un sorriso ironico: “I soliti sognatori che non sanno stare con i piedi per terra”. Lo sappiamo anche noi che non sempre la notte ci fa vedere le stelle. Quante le notti di smarrimento. E poi la notte più sofferta, quella a Gerusalemme, la notte dello spirito.

Penso a Erode, ai sacerdoti, alla città stessa: di fronte alla novità di questa nascita, si rattrappiscono su se stessi. Storia di quei giorni ma anche dei nostri, di un mondo in cui al posto del cuore domina il calcolo e la paura.  Ma perché non raccontarci delle stelle? Sarebbe bello raccontarci delle stelle quelle che ci misero in cammino nella nostra vita. Che luce quelle stelle.

E che tenero Dio! Dopo tutto quel buio che i magi trovano nella città, Dio riaccende la stella. Le stelle mettono in cammino. La parola di Dio mette in cammino. Stella è il vangelo, stella è la coscienza e la nostalgia che la abita. Dio ha posto una luce in ciascuno di noi. Hai una stella dentro di te.

E fu stupore. Fu stupore perché cercavano un re ma non era in una reggia, non era nella grande città, era in una casa qualunque di un villaggio qualunque. Una casa senza insegne e non l’avrebbero trovata se non per la luce di una stella. Se non fosse stato per via della stella avrebbero pensato di essersi sbagliati. Una casa qualunque, un bambino qualunque re dei Giudei, quella madre e quel padre gente comune. Ma i magi piegarono le ginocchia.

Andate a dirlo, andate a dire dove si è fermata la stella, perché questa è una buona notizia. Vai a dirla anche tu questa bella notizia che è buona per tutti i popoli. Racconta dove si è fermata la stella. Lì c’era Dio. I magi che, per professione o passione, avevano gli occhi spinti in alto, cercatori di stelle, li abbassarono, li chinarono verso il basso, incantati da un Dio in basso.

Forse è questa, in basso, l’altra strada per il ritorno, non solo quella fatta di sabbia e di dune. Un’altra strada si era aperta. Dio va cercato in basso. Va cercato in chi sta in basso. Se ti prendi cura di uno che sta in basso, di chi ti sta vicino, se non ti pieghi solo sulla tua sete, se ti pieghi verso la sete di chi sta in basso, giungi alla soglia di Dio. La stella ti riappare quando ti pieghi per la sete di un altro.


Persero la stella un giorno.
Come si fa a perdere la stella?
Per averla troppo a lungo fissata?
I due re bianchi,
che erano sapienti della Caldea,
tracciarono al suolo cerchi, con il loro bastone.
Si misero a calcolare, si grattarono il mento.
Ma la stella era svanita  come svanisce un’idea.
E quegli uomini, la cui anima
aveva sete di essere guidata,
piansero, innalzando le tende di cotone.
Ma il povero re nero, disprezzato dagli altri,
disse: “Pensiamo alla sete che non è la nostra.
Bisogna dar da bere, lo stesso, agli animali”.
E mentre sosteneva il suo secchio,
nello specchio di cielo
in cui bevevano i cammelli,
egli vide la stella d’oro che danzava in silenzio.        (Edmond Rostand)


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