Bruno FERRERO sdb, "Dio non vuole perderci e continua a cercarci"

2a Domenica di Pasqua - Anno C   |  Omelia
Domenica della Divina Misericordia 
Dio non vuole perderci e continua a cercarci

Era una famigliola felice e viveva in una casetta di periferia. Una notte scoppiò nella cucina della casa un terribile incendio.
Mentre le fiamme divampavano, genitori e figli corsero fuori. In quel momento si accorsero, con infinito orrore, che mancava il più piccolo, un bambino di cinque anni. Al momento di uscire, impaurito dal ruggito delle fiamme e dal fumo acre, il piccolo era tornato indietro ed era salito al piano superiore.
Che fare? Il papà e la mamma si guardarono disperati, le due sorelline cominciarono a gridare. Avventurarsi in quella fornace era ormai impossibile... E i vigili del fuoco tardavano ad arrivare.
Si aprì allora la finestra della soffitta e il bambino si affacciò urlando disperatamente: "Papà! Papà!".
Il padre accorse e gridò: "Salta giù!".
Sotto di sé il bambino vedeva solo fuoco e fumo nero, ma sentì la voce e rispose: "Papà, non ti vedo...".
"Ti vedo io, e basta. Salta giù!". Urlò l'uomo.
Il bambino saltò e si ritrovò sano e salvo nelle robuste braccia del papà, che lo aveva afferrato al volo.

È quello che succede all'apostolo Tommaso. Lo ritroviamo puntualmente ogni anno in questa domenica. È sempre lui che passa per l'incredulo per antonomasia. Perché, gli altri apostoli non lo sono forse stati?
Questo episodio, semplice e deliziosamente colorato, è il culmine del Vangelo di Giovanni. È un invito garbato ma serissimo a cadere anche noi in ginocchio e dire come Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". Questa è la professione di fede più alta e solenne del Vangelo.
A noi, oggi, sembra una frase scontata. In ogni Messa ripetiamo molte professioni di fede. Non ce ne accorgiamo neppure.
Tommaso era un uomo tutto di un pezzo. Per lui credere era una cosa seria, concreta, non una finzione. Voleva vedere e toccare, con i suoi occhi, con le sue mani. Non si lasciava abbindolare dalle parole e non nutriva illusioni di sorta. Capiva benissimo che scegliere Gesù significava mettere sottosopra la propria vita.
Dentro un uomo così, la fede si aprì la strada a fatica, andando in salita, un gradino alla volta.

Gli altri discepoli fanno il loro bravo annuncio, ma a Tommaso non basta.
Anche noi possiamo incontrare questa difficoltà: non è sempre facile credere ai discepoli di Gesù. Dopotutto sono ancora lì rintanati e pieni di paura.
Per molti cristiani la chiesa è un problema. Non ha più visibilità: un tempo le chiese svettavano sulle case della gente, oggi sembrano minuscole, timide, nascoste da cortine di palazzi e condomini. La Chiesa ha perso il monopolio dell'ambito spirituale e gode di una cattiva pubblicità. Invecchia sempre di più, l'elenco dei suoi peccati si allunga. Nella Chiesa ci sono santi e carrieristi, persone dolcissime e cialtroni, martiri e prepotenti, individui che danno la vita per gli altri e avidi profittatori, così ben mimetizzati che spesso è difficile distinguere gli uni dagli altri. Le persone che la formano sono fatte dello stesso legno di tutti gli altri esseri umani. Qualche volta sbagliano. Spesso non sono coerenti. Saranno anche esecutori mediocri, ma la musica rimane incomparabile.
Perciò si accetta volentieri Gesù, ma si riesce a essere "amici della chiesa" soltanto con mille obiezioni. La Chiesa di Gesù Cristo però non perderà mai il suo valore. Anzi, i colpi sempre più accaniti degli avversari servono a tenerla desta e a liberarla dalle scorie e dall'impurità accumulate dai secoli.

Un giornalista, con tono insinuante, chiese a Madre Teresa:
"Che cosa dovrebbe cambiare nella Chiesa?"
Sorridendo la santa rispose: "Io e lei".
Per questo Tommaso insiste su quei due verbi: vedere e toccare.
Siamo anche noi assetati di segni. Non ci fidiamo più delle sole parole.

Un contadino non credente per ironizzare sui fedeli scrisse una lettera a un giornale cattolico: "Ho passato il mese di ottobre a seminare, tutti i giorni, anche di domenica. E non sono mai andato in chiesa. In primavera, ho lavorato nei miei campi anche di domenica: ho sarchiato e potato. In giugno, ogni domenica ho raccolto.
E il mio raccolto è stato molto migliore di quello del mio vicino, che è andato in chiesa tutte le domeniche".
Il direttore del giornale rispose: "Non sempre Dio fa il suo raccolto e salda il conto in giugno".
Qualcuno di noi, per quanto riguarda la fede, è nella fase della semina, qualcuno nei germogli della primavera, qualcuno si avvicina al tempo del raccolto.
La fede cresce, se noi non glielo impediamo. Anche se non è mai facile.
Una brava cristiana ha ammesso:

"Nonostante nella mia lunga vita io abbia frequentato chiesa, sacramenti, associazioni religiose e abbia sempre chiesto a Dio la grazia della fede, della speranza e della carità, mi trovo al traguardo finale con tanti dubbi e perplessità circa la vita futura, oltre la morte. "Lo ha detto Gesù", mi sento rispondere da varie parti. Però sono tormentata da una domanda insidiosa: perché il Signore non permette alle anime dei nostri cari di venire, dopo la morte, a tranquillizzarci, ad aiutarci a credere? Sono misteri, ma questo non mi solleva dai miei pensieri cupi e tristi. Quali prove dell'esistenza dell'aldilà può avere un cristiano? Ne esistono? A volte sono tentata di rivolgermi alla parapsicologia che dice di avere prove certe anche in questo campo. Ma è lecito compiere questi tentativi? Mi aiuti a risolvere questo angoscioso interrogativo. E per favore non mi dica anche lei di pregare: è una vita che lo faccio e, nonostante abbia ricevuto grazie di altro genere, mi è difficile sottrarmi alla paura del buio oltre la morte".
Gesù accontenta il suo amico Tommaso. Non lo lascia brancolare nel buio. Per la fede occorre sempre anche la spintarella di Dio. È una realtà troppo grande per essere lasciata solo alle nostre forze.

Una cosa è certa: Dio ci ha voluti e ci vuole, lasciandoci tutta la libertà che solo lui può lasciare. Non vuole perderci e continua a cercarci.
Ecco come il grande monaco e mistico cristiano Thomas Merton descrive il momento della sua conversione:

D'un tratto qualcosa si agitò in me, qualcosa che mi spingeva, mi incitava. Era un moto che parlava come una voce.
"Che aspetti?", diceva. "Perché rimani qui a sedere? Perché esiti ancora? Non sai quel che devi fare? E perché non lo fai?".
Mi agitai sulla seggiola. Accesi una sigaretta, guardai la pioggia che batteva sulla finestra, tentai di far tacere quella voce. "Non agire d'impulso", pensai. "È una follia. Non è razionale. Continua a leggere".
"Che aspetti?", ripeteva la voce dentro di me. "Perché stai lì a sedere? È inutile esitare ancora. Perché non ti alzi? Perché non vai?".
Mi alzai e passeggiai nervosamente per la stanza. "È assurdo", pensai. "E in ogni caso, a quest'ora Padre Ford non ci sarà. Perderei solo tempo".
D'un tratto non potei più resistere. Deposi il libro, mi infilai l'impermeabile e scesi di corsa le scale. Uscii, attraversai la strada, mi incamminai lungo lo steccato grigio verso Broadway, sotto la pioggia leggera.
E allora tutto in me incominciò a cantare, a cantare con pace, a cantare con forza, con convinzione.
Dovevo percorrere nove isolati. Poi girai l'angolo della 121° strada e mi trovai davanti alla chiesa di mattoni e al presbiterio. Mi fermai alla porta, suonai il campanello e attesi.
Quando la cameriera aprì domandai:
"Per favore, posso vedere Padre Ford?".
"Il Padre è fuori", rispose la signora.
Pensai: bene, dopo tutto non ho perso tempo. Chiesi quando pensava che il Padre sarebbe tornato. Pensai di tornare più tardi.
La cameriera chiuse la porta. Tornai sulla strada. E allora vidi Padre Ford superare l'angolo di Broad-way. Si avvicinava con la testa china, camminando rapido e assorto. Gli andai incontro e gli domandai:
"Padre, posso parlarle di una cosa?".
"Sì", mi rispose il Padre, fissandomi sorpreso. "Sì, certo. Venga a casa mia".
Sedemmo nel piccolo salotto accanto all'ingresso.
Dissi: "Padre, voglio farmi cattolico".
La seconda visita di Gesù è descritta dall'evangelista con i medesimi termini della prima, ma l'incredulità di Tommaso permette all'evangelista un duplice obiettivo.
L'insistenza sul segno delle piaghe accentua la continuità e la coerenza tra il Gesù crocifisso e il Gesù risorto e glorioso. Sono la stessa persona: proprio la morte in croce costituisce la rivelazione suprema dell'amore del Padre e la glorificazione del Figlio.
Così questa fede ritrovata va al di là di quella degli altri discepoli, perché Tommaso dà a Gesù il titolo più grande e solenne di tutto il vangelo: "Mio Signore e Mio Dio!". Nessun'altra definizione dogmatica nei secoli supererà quella di Tommaso, l'apostolo con i piedi saldamente piantati per terra.
Così nel vangelo di Giovanni il cerchio si chiude: il Verbo che si è fatto carne dell'inizio è Gesù di Nazaret "Signore e Dio" testimoniato dall'apostolo che ha voluto vedere e toccare di persona.

La beatitudine finale è per tutti. Anche gli apostoli hanno dovuto credere al di là di quello che vedevano e Gesù ha voluto che la loro fede fosse così confermata e fortificata. Noi abbiamo solo la loro testimonianza e su di essa impegniamo la nostra vita.
Don Bruno FERRERO sdb


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