Bruno FERRERO sdb, "E' il Signore!"

3a Domenica di Pasqua - Anno C     Omelia
E' il Signore!

Il Vangelo di Giovanni sembrava terminato con il brano che abbiamo letto domenica scorsa. Gli studiosi affermano che il passo che abbiamo letto poco fa è un'aggiunta. Una bellissima aggiunta.
Risponde a una nostra legittima curiosità: "Che cosa fecero i discepoli di Gesù dopo la grande settimana santa?".
È la domanda che rivolgiamo a noi stessi: "La Pasqua è passata. Che cosa dobbiamo fare adesso?".
I discepoli sono tornati alla loro vita abituale in Galilea, dedicandosi al loro lavoro quotidiano, la pesca. Simon Pietro invita altri sei discepoli a uscire in mare per pescare. È una piccola comunità di sette discepoli.

La festa è così bella, ma poi le luci si spengono e si deve ricominciare. Tutto torna a essere grigio. Riprende la vita di tutti i giorni, con il lavoro monotono, ripetitivo, faticoso, spesso deludente.
A volte è così difficile trovare un senso a tutto questo. Eppure…

Un sarto aveva passato la vita a cucire e rammendare, tagliare, imbastire, provare e riprovare vestiti per clienti pretenziosi.
Sul suo letto di morte, quando era ormai in tarda età, il sarto stupiva i parenti e gli amici che lo circondavano per la sua incredibile serenità.
Quando sentì avvicinarsi l'ultima ora, il sarto chiese che gli fosse portato il suo ago preferito, che lo aveva servito per tutta la vita. Era un ago normale, ma l'uso l'aveva reso lucente e scintillante, come se fosse stato di metallo prezioso.
Il sarto sollevò l'ago e con voce ferma proclamò: "Questa è la mia chiave del Paradiso!"

Il Vangelo ci spiega che c'è un prima e un dopo la Risurrezione di Gesù. Prima ci sono la paura, l'incomprensione, il tradimento, il dolore. Dopo, tutto cambia: nella prima lettura abbiamo visto il cambiamento di Pietro: non è più il Simone che trema davanti a una serva, ma è il Pietro che non ha più paura di niente e che nessuno riesce a fermare.
Ma non ci sono solo i grandi momenti. C'è la vita quotidiana.
Anche quella cambia.

I discepoli si impegnano per tutta la notte, ma non riescono a pescare nulla. Il loro lavoro è inutile. Così, quando spunta il grigiore dell'alba ritornano a casa delusi e rassegnati. Quella mattina tutto è grigio e sconfortante.
È proprio quello che spesso accade anche a noi.
Tutto è stato vano. In questa situazione di delusione e di rassegnazione, Giovanni dice:

Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: "Figlioli, non avete nulla da mangiare?". Gli risposero: "No". Allora egli disse loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete".

Provenendo dalla riva, il Risorto entra nella loro vita, nel grigiore di quella mattina. E instaura un rapporto con loro. Li avvicina con amore, come se fossero figli suoi, e chiede loro che cosa hanno da mostrargli, che cosa hanno da mangiare, di che cosa si nutrono e che cosa gli possono offrire.

Gesù ci domanda se abbiamo abbastanza per nutrirci nella nostra vita quotidiana.
E ci dà un consiglio affinché la nostra vita abbia successo e Lui ci possa donare ciò di cui abbiamo bisogno per vivere.
Dobbiamo tornare a compiere ciò che facevamo anche prima della Pasqua.
Ora dovremmo però farlo in modo consapevole. Lo indica il riferimento al lato destro della barca. Non dobbiamo continuare a fare senza riflettere ciò che si è sempre ripetuto. Dobbiamo mostrare attenzione e consapevolezza.
Allora tutto cambierà, allora scopriremo in ogni cosa la presenza di Dio. E non dobbiamo svolgere il lavoro a nostro nome, ma per ordine di Gesù. In tutto ciò che facciamo dobbiamo comprendere che siamo al servizio di Dio e non al nostro servizio.

È questo il significato bellissimo della preghiera del mattino, che troppi ormai trascurano. Ci aiuta sempre dire al mattino, già quando ci alziamo: "Mi alzo in tuo nome, inizio la giornata al tuo servizio".
Sappiamo bene che tutto quello che faremo, ogni azione della nostra giornata ora ha un senso infinito e neanche un secondo andrà sprecato.

I discepoli prendono davvero tanto pesce che le reti quasi si spezzano. Catturano 153 pesci. Anche questo numero è simbolico. Evagrio Pontico, un padre della Chiesa, lo interpreta in un modo un po' originale. Ritiene che 100 sia il quadrato, 28 il triangolo e 25 la sfera. Il numero 153 significherebbe allora che tutti i contrasti diventano uno.
Se viviamo la quotidianità seguendo in modo consapevole l'indicazione di Gesù, riponendo la nostra fede nella presenza del Risorto, possiamo riconciliarci con i contrasti che spesso ci lacerano, i conflitti tra preghiera e lavoro, tra lavoro e famiglia, le esigenze e i sentimenti in lotta dentro di noi. Improvvisamente tutto diventa uno. Tutto ha un senso. Ciò che ha angoli e spigoli si arrotonda. Ciò che normalmente rimane sconnesso si unisce e si collega.
Ora c'è una presenza risanante nella nostra vita.

Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!". Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

Questa frase: "E il Signore!" è una strada importante per incontrare il Risorto nel cuore della nostra vita quotidiana.
Dopo la Pasqua dovrebbe essere naturale pensare in ogni luogo: "E' il Signore!".
Il Signore è con noi quando siamo in ufficio.
È il Signore quando prepariamo i pasti in cucina.
Ed è il Signore quando attraversiamo la città.
Se riportiamo alla nostra mente questa frase in tutte le situazioni quotidiane, tutto assume un volto nuovo.
Allora sappiamo che la risurrezione avverrà nel cuore della mia vita di ogni giorno e che la risurrezione è possibile anche nel contesto dei lavori più banali. Improvvisamente il grigiore del mattino si illumina. E nasce un rapporto personale con Gesù Cristo, il Risorto. Da questo momento tutto ciò che compiamo è visto sotto una luce diversa, perché procediamo davanti agli occhi colmi di amore di Dio e in comunione con il Risorto. E così si trasforma l'atmosfera. Non siamo lasciati soli. Il Risorto stesso ci sta a fianco e riempie la nostra vita quotidiana con il calore del suo amore e con la luce della sua risurrezione.

Quando i discepoli trasportano a terra a fatica la rete con i pesci, Gesù ha già pesce e pane cotti su un fuoco di brace.

Gesù disse loro: "Venite a mangiare". E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce.

È una strana atmosfera. Il Risorto è improvvisamente in mezzo a loro, ma i discepoli non osano domandargli nulla. Sanno che è lui. E improvvisamente la grigia mattina si illumina e nasce una comunione intima e delicata tra loro e il Risorto. Consumano il pasto insieme, cosi come hanno fatto tante volte durante la loro vita insieme con Gesù. "Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce".
Giovanni descrive questo momento come un pasto eucaristico. In ogni eucaristia il Risorto entra nella nostra vita. Provenendo dall'altra riva, dal cielo, egli giunge nella nostra grigia quotidianità. In ogni eucaristia Cristo ci rende più forti per i doveri quotidiani con la sua carne e il suo sangue. Ma in ogni eucaristia risplende anche il Paradiso e Cristo ci dona l'alimento immortale del suo corpo e del suo sangue divino. Nel mezzo della mattina, grigia ed estranea, è possibile scoprire la casa, essere in intimità con colui che adesso è in cielo accanto al Padre, ma anche tra di noi come colui che immerge la nostra quotidianità nella luce divina dell'amore.

Tuttavia, il pasto con il pane e i pesci non si riferisce solo all'eucaristia, ma anche a ogni incontro con il Risorto nella nostra vita di ogni giorno. Se in tutte le situazioni quotidiane ricordiamo la frase "È il Signore!", se abbiamo fede nel fatto che il Risorto ci voglia incontrare proprio nella desolazione del grigiore del mattino, allora la nebbia mattutina si solleva e il Risorto ci porge il pane e il pesce. Ci dà forza a sufficienza per affrontare con successo la giornata. E ci dà anche l'alimento dell'immortalità, l'alimento che rimanda al di là di questa vita.

Dopo una vita semplice e serena, una donna morì e si trovò subito a far parte di una lunga e ordinatissima processione di persone che avanzavano lentamente verso il Giudice Supremo. Man mano che si avvicinava alla mèta, udiva sempre più distintamente le parole del Signore.
Semtì dunque che il Signore diceva a uno: "Tu mi hai soccorso quando ero ferito sull'autostrada e mi hai portato all'ospedale, entra nel mio Paradiso". Poi a un altro: "Tu hai offerto un prestito senza interessi a una vedova, vieni a ricevere il premio eterno". E ancora: "Tu hai compiuto gratuitamente operazioni chirurgiche molto difficili, aiutandomi a ridare la speranza a molti, entra nel mio Regno". E così via.
La povera donna fu presa dallo sgomento perché, per quanto si sforzasse, non ricordava di aver fatto in vita sua niente di eccezionale. Cercò di lasciare la fila per trovare un po' di tempo per pensare, ma non ci riuscì: un angelo sorridente ma deciso non le permise di abbandonare la lunga coda.
Col cuore che le batteva forte, e tanto timore, arrivò davanti al Signore. Subito si sentì avvolta dal suo sorriso.
"Tu hai stirato tutte le mie camicie... Entra nella mia felicità", si sentì dire.

A volte è così difficile immaginare quanto sia straordinario l'ordinario.

Lo capisce anche Pietro, nel suo "esame di maturità", che abbiamo ascoltato al termine del brano di Vangelo: Gesù gli spiega con semplicità che non ha garanzie umane, né oro né argento, un tesoro in vasi fragili. Andrà lontano solo con la forza che gli viene dall'amore per Gesù.

Don Bruno FERRERO sdb

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