Alessandro Cortesi op," Restare saldi nella fede”


V domenica di Pasqua – anno C – 2019

At 14,21-27; Ap 21,1-5; Gv 13,31-33.34-35

Al centro della pagina di Atti è posto l’impegno di Paolo e Barnaba: “dopo aver predicato il vangelo in quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Iconio e Antiochia rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede”.

Paolo e Barnaba danno forza ed esortano. Invitano a resistere nel tempo della difficoltà. E’ l’esperienza della prima comunità ma è anche esperienza delle comunità di ogni tempo: la fatica della prova, il senso di insufficienza e incapacità, talvolta di inutilità di fronte ad opposizioni esterne e incomprensioni nel momento in cui si vive la fedeltà alla parola di Dio e alle sue chiamate. E’ la storia di tutti coloro che cercano di essere testimoni ed annunciatori con scelte coraggiose e nella libertà che la parola stessa suscita.

Paolo e Barnaba invitano a restare saldi. La vita cristiana non toglie la prova, anzi questa è esperienza che prima o poi si presenta. Non proviene dal di fuori, ma spesso si presenta come emarginazione, sospetto, contrapposizione ad opera di chi è preoccupato di fissare il vangelo in una religione, da parte chi cerca strutture rassicuranti, da parte di chi non ascolta il soffio dello Spirito e i segni dei tempi, impedendo di aprire porte perché la parola possa fare il suo corso, perdendo di vista il vangelo stesso.

Nel libro degli Atti Luca insiste sull’atteggiamento centrale di affidarsi alla grazia di Dio e non su altre sicurezze. E’ la fiducia nel Signore che può far andare avanti. E’ lui che apre nuove porte e strade e a noi richiede una disponibilità coraggiosa e libera. E’ lui che apre le porte al cammino della parola. Importante è un cammino comune, il riferirsi alla comunità, e l’apertura ad uscire oltre i confini serrati da porte chiuse: “Non appena furono arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto quello che Dio aveva compiuto per mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la porta della fede”.

La pagina dell’Apocalisse orienta a guardare la nuova Gerusalemme, una città. La città santa è presentata nel quadro di un nuovo cielo e una nuova terra. Il mare - simbolo di ogni forza del male - non c’è più e la città assume il profilo di donna: come sposa illuminata mentre è pronta ad incontrare il suo sposo.

Apocalisse – un libro scritto nel tempo della prova e della grande persecuzione – invita a guardare oltre. Spinge a fissare lo sguardo sul fine della storia: non un giardino (il paradiso) ma una città sarà il futuro della vita. La città è costruzione umana, luogo del vivere insieme, incrocio di natura e di cultura, di ambiente e di opera umana, è incontro, costruzione e presenza di relazioni.

Al centro della città, detta ‘dimora di Dio con gli uomini’ sta la presenza di colui che ha per nome “Dio-con-loro”. L’Emmanuele (Mt 1,23; Is 7,14) Gesù è il Dio con noi: è il nome che ricorda la promessa di Gesù risorto, ‘ecco io sono-con-voi tutti i giorni fino alla fine del mondo’ (Mt 28,20). Questa città reca in sé qualcosa di nuovo e luminoso: le cose di prima sono passate, non c’è più la morte né lutto né lamento né affanno: un nuovo mondo iniziato.

Apocalisse, nel tempo della prova, richiama al grande progetto di Dio che è disegno di incontro e di pace, secondo il sogno di Isaia: ‘Tripudierò con Gerusalemme, gioirò con il mio popolo; mai più le lacrime mai più il lamento risuoneranno in lei. E costruiranno case e le abiteranno; e pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto” (Is 65,19.21)

La pagina del vangelo indica la via che Gesù lascia ai suoi, il comandamento nuovo. Nel quarto vangelo la morte di Gesù è presentata in modo paradossale e spaesante come momento di ‘glorificazione’. Gesù manifesta la gloria di Dio proprio sulla croce perché lì, nel luogo del dolore e dell’ingiusta condanna si fa visibile l’amore che giunge sino alla fine: ‘avendo amato i suoi … li amò sino alla fine’.

Gesù lascia così ai suoi il nuovo comandamento che riassume e compie ogni altro comandamento: ‘amate come io vi ho amati’. Non si tratta tanto o solamente di seguire un esempio, ma di trovare in lui la forza di amare in tale modo. Gesù indica la via dell’amore quale strada per essere suoi discepoli: ‘da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri’. Vivere così, come lui ha vissuto, è già partecipare alla sua gloria.

E’ invito ad affidarci a lui, ad accogliere l’amore che non tiene per sé. E’ anche invito a riconoscere coloro che attuano questa sua parola come gli autentici discepoli di Gesù e lasciarci cambiare.

Alessandro Cortesi op

Fonte:alessandrocortesi2012.wordpress.com


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