Bruno FERRERO sdb, "CHI SAREI IO SENZA GESU' CRISTO?"
13a Domenica T. Ordinario - Anno C Omelia
CHI SAREI IO SENZA GESU' CRISTO?
È venuto un uomo che ha detto: "Il tempo è compiuto…". Ci vuole del coraggio a esordire così. Chi può avere il diritto di dire una cosa simile?
San Giovanni nella Prima Lettera (2,18) lo ribadisce con forza: "Figli miei, è giunta l'ultima ora". Quest'uomo che con forza e serenità si colloca al centro del tempo si chiama Gesù di Nazaret.
Non è difficile conoscerlo. Non è una leggenda incorporea. È una questione perfettamente umana, corporea, proprio perché quando parliamo di lui parliamo di "incarnazione" di Dio.
Quindi Gesù si incontra come si incontra qualsiasi persona: con i cinque sensi.
Lo si capisce chiaramente fin quel primo decisivo incontro, raccontato dall'evangelista Giovanni: "I due discepoli di Giovanni si misero a seguire Gesù. Gesù si voltò e vide che lo seguivano. Allora disse: "Che cosa volete? ". Essi gli dissero: "Dove abiti, rabbì?" Gesù rispose: "Venite e vedrete ". Quei due andarono, videro dove Gesù abitava e rimasero con lui il resto della giornata. Erano circa le quattro del pomeriggio" (Vangelo di Giovanni 1, 37-39).
"Venite e vedrete!": tutto molto concreto. Per capirlo bisogna seguirlo, guardarlo negli occhi, vivere con lui. Annusarsi, toccarsi, come si fa tra esseri umani.
Chi hanno visto, quei due?
Un uomo, la cui storia potrebbe essere sintetizzata così:
Figlio di una ragazza madre, era nato in un oscuro villaggio. Crebbe in un altro villaggio, dove lavorò come falegname fino a trent'anni. Poi, per tre anni, girò la sua terra predicando.
Non scrisse mai un libro.
Non ottenne mai una carica pubblica.
Non ebbe mai né una famiglia né una casa..
Non frequentò l'università.
Non si allontanò più di trecento chilometri da dov'era nato.
Non fece nessuna di quelle cose che di solito si associano al successo.
Non aveva altre credenziali che se stesso.
Aveva solo trentatré anni quando l'opinione pubblica gli si rivoltò contro. I suoi amici fuggirono. Fu venduto ai suoi nemici e subì un processo che era una farsa. Fu inchiodato ad una croce, in mezzo a due ladri.
Mentre stava morendo, i suoi carnefici si giocavano a dadi le sue vesti, che erano l'unica proprietà che avesse in terra. Quando morì venne deposto in un sepolcro messo a disposizione da un amico mosso a pietà.
Due giorni dopo, quel sepolcro era vuoto.
Sono trascorsi venti secoli e oggi quest'uomo è la figura centrale nella storia dell'umanità. Neppure gli eserciti che hanno marciato, le flotte che sono salpate, i parlamenti che si sono riuniti, i re che hanno regnato, i pensatori e gli scienziati messi tutti assieme, hanno cambiato la vita dell'uomo sulla terra quanto quest'unica vita nascosta.
Quest'uomo nessuno se l'è inventato. Gesù di Nazaret è un uomo dall'esistenza certa, vissuto in un tempo determinato della nostra storia, su una terra ben conosciuta. Un uomo che ha lasciato tracce indubitabili. Ci sono studiosi serissimi e degni della massima fiducia che hanno scandagliato anche gli angoli più nascosti della storia, dell'archeologia, della letteratura antica.
Esistono del resto documenti fondati che consentono di tracciare un identikit più che soddisfacente di Gesù e senza scomodare nulla di soprannaturale.
Al principio di tutto c'è quest'uomo. Non un libro. Non una dottrina, un catechismo o un complesso di idee. Non il disagio psicologico di fronte alle difficoltà dell'esistenza. Non domande senza risposta. Neanche una speciale illuminazione.
Il cristianesimo comincia dall'incontro con quest'uomo, da un gesto d'amore, di amicizia, di fraternità, di condivisione. Un volto, una mano, uno sguardo. Tutto molto concreto.
E' un'esperienza che abbiamo fatto tutti. Un incontro: e poi niente è più come prima. Due che si amano fanno la medesima esperienza.
Aragon l'ha espresso in questa poesia:
Che cosa sarei io, senza di te che mi sei venuta incontro?
Che cosa sarei io, senza di te, se non un cuore addormentato nel bosco?
Se non un'ora ferma sul quadrante dell'orologio?
Che cosa sarei io senza di te, se non questo balbettare?
Che cosa sarebbe oggi il mondo senza Gesù di Nazaret? Anche il filologo e storico francese Ernest Renan, feroce critico della Chiesa, riconosce che "strappare il nome di Gesù dal mondo sarebbe come scuoterlo dalle fondamenta".
Ma la domanda più importante è: "Chi sarei io, senza Gesù di Nazaret?"
E' stato un sentimento fortissimo che ha fatto uscire dal loro quieto vivere i primi discepoli e li ha spinti fino all'estremità del mondo conosciuto.
Nessuno ha mai parlato come quest'uomo, ha amato come lui, si è donato totalmente come lui fino ad annientarsi.
Nessuno ha comandato come lui al vento e al mare, agli spiriti malvagi che tormentano e distruggono nell'uomo la parte migliore della sua umanità.
I santi hanno vissuto come "un colpo di fulmine" la conoscenza della persona di Cristo. Gli apostoli Pietro e Giovanni davanti al tribunale che può condannarli, non tentennano: "Questo Gesù è la pietra che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati" (Atti degli Apostoli 4, 11-12).
Gesù guarda tutti, capisce tutti, prende sul serio tutti. Si dà letteralmente in pasto a tutti. E non è mai sopraffatto dalle circostanze, dagli umori, dal pericolo, dalla fatica o dal nervosismo. Anche se si commuove spesso. I suoi gesti e le sue parole sono speciali, diversi, straordinari. Gesù è unico.
In due parabole Gesù descrive degli uomini astuti e furbi che puntano diritto al loro profitto: "Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra" (Vangelo di Matteo 13,44 - 46).
Sono uomini che rischiano tutto quello che hanno e puntano tutto su una sola carta.
Gesù si spinge fino al paradosso: elogia un amministratore infedele e disonesto, colpevole di falso in atto pubblico, truffa, appropriazione indebita e corruzione. Ma solo per far notare che quell'uomo si ingegna per garantirsi il futuro: è previdente (Vangelo di Luca 16, 1-9). È un farabutto, ma segue anche lui una linea molto diritta: mira senza scrupoli al proprio profitto. Gesù dice soltanto che ora bisognerebbe trasporre questo tipo di scaltrezza nell'ambito davvero importante, ottenere la vita eterna presso Dio.
E l'unica carta sicura su cui gli uomini devono puntare, rischiando tutto, è proprio lui, Gesù.
Nella sala operatoria della clinica universitaria stava per essere introdotta una barella. Su di essa giaceva un malato al quale il chirurgo stava spiegando l'operazione che doveva subire di lì a poco.
"Lei ha un forma piuttosto grave di carcinoma alle corde vocali. Noi siamo certi di poterlo estirpare interamente, così le salveremo la vita, ma lei non potrà mai più parlare…"
Il medico fece una pausa e poi continuò: "…se ora volesse pronunciare le ultime parole della sua vita, con la sua voce, può farlo".
Il paziente rimase un attimo in silenzio e poi, con voce alta e chiara, disse: "Sia lodato Gesù Cristo!"
Milioni di esseri umani sono stati pronti a firmare la frase di San Paolo: "Tutte queste cose che prima avevano per me un grande valore, ora che ho conosciuto Cristo, le ritengo da buttare via. Tutto è una perdita di fronte al vantaggio di conoscere Gesù Cristo, il mio Signore. Per lui ho rifiutato tutto questo come cose da buttare via per guadagnare Cristo, per essere unito a lui nella salvezza. Questa salvezza non viene dall'ubbidienza alla Legge, ma si ottiene per mezzo della fede in Cristo, e Dio la dà a coloro che credono. Voglio solo conoscere Cristo e la potenza della sua risurrezione. Voglio soffrire e morire in comunione con lui, nella speranza di giungere anch'io alla risurrezione dei morti" (Fil 3,7-11).
"Come si è potuto vedere, il nocciolo del problema cristologico sta proprio qui: Gesù è "uno dei..." o "il"?; è catalogabile o è un caso a sé?; la sua comparsa nel mondo è un fatto importante, ma commisurabile coi nostri metri di giudizio, o è un evento unico, decisivo, irripetibile? Questa è la questione. Essere "cristiani" significa avere capito che Gesù è "il", che non ci sono qualifiche adeguate a lui, che è una singolarità assoluta.
Ne viene come conseguenza esistenziale che anche il nostro rapporto con lui non sopporta altre connotazioni che la "unicità". La nostra conoscenza di lui non può essere quella che vale per le altre cose e le altre persone, ma è una luce che ci è data dall'alto: "né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli". Il riconoscimento della sua signoria non è la conclusione di un teorema, ma una docilità allo Spirito Santo: "Nessuno può dire: Gesù è Signore, se non nello Spirito Santo" (1 Cor 12,3). Il nostro amore per lui non può tollerare confronti: "Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me" (Mt 10,37). Il nostro puntare la vita per lui non può che essere totale, assoluto, definitivo, come nessuna militanza è ragionevole che sia: "Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà" (Mt 10,39)" (Giacomo Biffi, Gesù di Nazaret, 105-106).
Dicono di lui "È un mangione e beone, amico dei peccatori..." e non fa proprio niente per smentire la cosa. Gesù mangia e beve con i peccatori: quindi non può essere un profeta. Gesù non ha mai escluso nessuno dal Regno di Dio a causa del suo mestiere o della sua condotta di vita. A tutti egli annuncia la Buona Novella che il Regno di Dio è vicino. Il Regno di Dio, d'altronde, esige che tutti si convertano e cambino il loro modo di pensare.
È libero di mangiare e di rinunciare. Non rifiuta il digiuno; semplicemente, non ostenta il suo digiunare. Soprattutto Gesù non ha paura del giudizio degli altri. Non cerca né riconoscimento né conferma del suo agire da parte dei religiosi e dell'ambiente in cui vive. Dio è il suo sostegno, il suo punto di riferimento: per questo può fare liberamente tutto ciò che ritiene giusto.
Vuole che Pietro cammini sull'acqua e si irrita perché non ci riesce: "Puoi, se hai fede!".
È più severo ed esigente del grande profeta Elia. In 1 Re 19,19-21: Elia incontrò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Ed Eliseo disse: "Andrò a salutare mio padre e mia madre, poi ti seguirò... Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio".
Ma nel Vangelo di Luca 9,59-61 un futuro discepolo implora: "Concedimi di andare prima a seppellire mia padre"; e un altro chiede: "Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che mi congedi da quelli di casa". In entrambi i casi Gesù nega questo permesso. Non consente alcuna perdita di tempo.
Conoscere e seguire Gesù è l'unica vera priorità della nostra vita.
Don Bruno FERRERO sdb
Fonte:http://www.donbosco-torino.it
CHI SAREI IO SENZA GESU' CRISTO?
È venuto un uomo che ha detto: "Il tempo è compiuto…". Ci vuole del coraggio a esordire così. Chi può avere il diritto di dire una cosa simile?
San Giovanni nella Prima Lettera (2,18) lo ribadisce con forza: "Figli miei, è giunta l'ultima ora". Quest'uomo che con forza e serenità si colloca al centro del tempo si chiama Gesù di Nazaret.
Non è difficile conoscerlo. Non è una leggenda incorporea. È una questione perfettamente umana, corporea, proprio perché quando parliamo di lui parliamo di "incarnazione" di Dio.
Quindi Gesù si incontra come si incontra qualsiasi persona: con i cinque sensi.
Lo si capisce chiaramente fin quel primo decisivo incontro, raccontato dall'evangelista Giovanni: "I due discepoli di Giovanni si misero a seguire Gesù. Gesù si voltò e vide che lo seguivano. Allora disse: "Che cosa volete? ". Essi gli dissero: "Dove abiti, rabbì?" Gesù rispose: "Venite e vedrete ". Quei due andarono, videro dove Gesù abitava e rimasero con lui il resto della giornata. Erano circa le quattro del pomeriggio" (Vangelo di Giovanni 1, 37-39).
"Venite e vedrete!": tutto molto concreto. Per capirlo bisogna seguirlo, guardarlo negli occhi, vivere con lui. Annusarsi, toccarsi, come si fa tra esseri umani.
Chi hanno visto, quei due?
Un uomo, la cui storia potrebbe essere sintetizzata così:
Figlio di una ragazza madre, era nato in un oscuro villaggio. Crebbe in un altro villaggio, dove lavorò come falegname fino a trent'anni. Poi, per tre anni, girò la sua terra predicando.
Non scrisse mai un libro.
Non ottenne mai una carica pubblica.
Non ebbe mai né una famiglia né una casa..
Non frequentò l'università.
Non si allontanò più di trecento chilometri da dov'era nato.
Non fece nessuna di quelle cose che di solito si associano al successo.
Non aveva altre credenziali che se stesso.
Aveva solo trentatré anni quando l'opinione pubblica gli si rivoltò contro. I suoi amici fuggirono. Fu venduto ai suoi nemici e subì un processo che era una farsa. Fu inchiodato ad una croce, in mezzo a due ladri.
Mentre stava morendo, i suoi carnefici si giocavano a dadi le sue vesti, che erano l'unica proprietà che avesse in terra. Quando morì venne deposto in un sepolcro messo a disposizione da un amico mosso a pietà.
Due giorni dopo, quel sepolcro era vuoto.
Sono trascorsi venti secoli e oggi quest'uomo è la figura centrale nella storia dell'umanità. Neppure gli eserciti che hanno marciato, le flotte che sono salpate, i parlamenti che si sono riuniti, i re che hanno regnato, i pensatori e gli scienziati messi tutti assieme, hanno cambiato la vita dell'uomo sulla terra quanto quest'unica vita nascosta.
Quest'uomo nessuno se l'è inventato. Gesù di Nazaret è un uomo dall'esistenza certa, vissuto in un tempo determinato della nostra storia, su una terra ben conosciuta. Un uomo che ha lasciato tracce indubitabili. Ci sono studiosi serissimi e degni della massima fiducia che hanno scandagliato anche gli angoli più nascosti della storia, dell'archeologia, della letteratura antica.
Esistono del resto documenti fondati che consentono di tracciare un identikit più che soddisfacente di Gesù e senza scomodare nulla di soprannaturale.
Al principio di tutto c'è quest'uomo. Non un libro. Non una dottrina, un catechismo o un complesso di idee. Non il disagio psicologico di fronte alle difficoltà dell'esistenza. Non domande senza risposta. Neanche una speciale illuminazione.
Il cristianesimo comincia dall'incontro con quest'uomo, da un gesto d'amore, di amicizia, di fraternità, di condivisione. Un volto, una mano, uno sguardo. Tutto molto concreto.
E' un'esperienza che abbiamo fatto tutti. Un incontro: e poi niente è più come prima. Due che si amano fanno la medesima esperienza.
Aragon l'ha espresso in questa poesia:
Che cosa sarei io, senza di te che mi sei venuta incontro?
Che cosa sarei io, senza di te, se non un cuore addormentato nel bosco?
Se non un'ora ferma sul quadrante dell'orologio?
Che cosa sarei io senza di te, se non questo balbettare?
Che cosa sarebbe oggi il mondo senza Gesù di Nazaret? Anche il filologo e storico francese Ernest Renan, feroce critico della Chiesa, riconosce che "strappare il nome di Gesù dal mondo sarebbe come scuoterlo dalle fondamenta".
Ma la domanda più importante è: "Chi sarei io, senza Gesù di Nazaret?"
E' stato un sentimento fortissimo che ha fatto uscire dal loro quieto vivere i primi discepoli e li ha spinti fino all'estremità del mondo conosciuto.
Nessuno ha mai parlato come quest'uomo, ha amato come lui, si è donato totalmente come lui fino ad annientarsi.
Nessuno ha comandato come lui al vento e al mare, agli spiriti malvagi che tormentano e distruggono nell'uomo la parte migliore della sua umanità.
I santi hanno vissuto come "un colpo di fulmine" la conoscenza della persona di Cristo. Gli apostoli Pietro e Giovanni davanti al tribunale che può condannarli, non tentennano: "Questo Gesù è la pietra che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati" (Atti degli Apostoli 4, 11-12).
Gesù guarda tutti, capisce tutti, prende sul serio tutti. Si dà letteralmente in pasto a tutti. E non è mai sopraffatto dalle circostanze, dagli umori, dal pericolo, dalla fatica o dal nervosismo. Anche se si commuove spesso. I suoi gesti e le sue parole sono speciali, diversi, straordinari. Gesù è unico.
In due parabole Gesù descrive degli uomini astuti e furbi che puntano diritto al loro profitto: "Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra" (Vangelo di Matteo 13,44 - 46).
Sono uomini che rischiano tutto quello che hanno e puntano tutto su una sola carta.
Gesù si spinge fino al paradosso: elogia un amministratore infedele e disonesto, colpevole di falso in atto pubblico, truffa, appropriazione indebita e corruzione. Ma solo per far notare che quell'uomo si ingegna per garantirsi il futuro: è previdente (Vangelo di Luca 16, 1-9). È un farabutto, ma segue anche lui una linea molto diritta: mira senza scrupoli al proprio profitto. Gesù dice soltanto che ora bisognerebbe trasporre questo tipo di scaltrezza nell'ambito davvero importante, ottenere la vita eterna presso Dio.
E l'unica carta sicura su cui gli uomini devono puntare, rischiando tutto, è proprio lui, Gesù.
Nella sala operatoria della clinica universitaria stava per essere introdotta una barella. Su di essa giaceva un malato al quale il chirurgo stava spiegando l'operazione che doveva subire di lì a poco.
"Lei ha un forma piuttosto grave di carcinoma alle corde vocali. Noi siamo certi di poterlo estirpare interamente, così le salveremo la vita, ma lei non potrà mai più parlare…"
Il medico fece una pausa e poi continuò: "…se ora volesse pronunciare le ultime parole della sua vita, con la sua voce, può farlo".
Il paziente rimase un attimo in silenzio e poi, con voce alta e chiara, disse: "Sia lodato Gesù Cristo!"
Milioni di esseri umani sono stati pronti a firmare la frase di San Paolo: "Tutte queste cose che prima avevano per me un grande valore, ora che ho conosciuto Cristo, le ritengo da buttare via. Tutto è una perdita di fronte al vantaggio di conoscere Gesù Cristo, il mio Signore. Per lui ho rifiutato tutto questo come cose da buttare via per guadagnare Cristo, per essere unito a lui nella salvezza. Questa salvezza non viene dall'ubbidienza alla Legge, ma si ottiene per mezzo della fede in Cristo, e Dio la dà a coloro che credono. Voglio solo conoscere Cristo e la potenza della sua risurrezione. Voglio soffrire e morire in comunione con lui, nella speranza di giungere anch'io alla risurrezione dei morti" (Fil 3,7-11).
"Come si è potuto vedere, il nocciolo del problema cristologico sta proprio qui: Gesù è "uno dei..." o "il"?; è catalogabile o è un caso a sé?; la sua comparsa nel mondo è un fatto importante, ma commisurabile coi nostri metri di giudizio, o è un evento unico, decisivo, irripetibile? Questa è la questione. Essere "cristiani" significa avere capito che Gesù è "il", che non ci sono qualifiche adeguate a lui, che è una singolarità assoluta.
Ne viene come conseguenza esistenziale che anche il nostro rapporto con lui non sopporta altre connotazioni che la "unicità". La nostra conoscenza di lui non può essere quella che vale per le altre cose e le altre persone, ma è una luce che ci è data dall'alto: "né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli". Il riconoscimento della sua signoria non è la conclusione di un teorema, ma una docilità allo Spirito Santo: "Nessuno può dire: Gesù è Signore, se non nello Spirito Santo" (1 Cor 12,3). Il nostro amore per lui non può tollerare confronti: "Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me" (Mt 10,37). Il nostro puntare la vita per lui non può che essere totale, assoluto, definitivo, come nessuna militanza è ragionevole che sia: "Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà" (Mt 10,39)" (Giacomo Biffi, Gesù di Nazaret, 105-106).
Dicono di lui "È un mangione e beone, amico dei peccatori..." e non fa proprio niente per smentire la cosa. Gesù mangia e beve con i peccatori: quindi non può essere un profeta. Gesù non ha mai escluso nessuno dal Regno di Dio a causa del suo mestiere o della sua condotta di vita. A tutti egli annuncia la Buona Novella che il Regno di Dio è vicino. Il Regno di Dio, d'altronde, esige che tutti si convertano e cambino il loro modo di pensare.
È libero di mangiare e di rinunciare. Non rifiuta il digiuno; semplicemente, non ostenta il suo digiunare. Soprattutto Gesù non ha paura del giudizio degli altri. Non cerca né riconoscimento né conferma del suo agire da parte dei religiosi e dell'ambiente in cui vive. Dio è il suo sostegno, il suo punto di riferimento: per questo può fare liberamente tutto ciò che ritiene giusto.
Vuole che Pietro cammini sull'acqua e si irrita perché non ci riesce: "Puoi, se hai fede!".
È più severo ed esigente del grande profeta Elia. In 1 Re 19,19-21: Elia incontrò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Ed Eliseo disse: "Andrò a salutare mio padre e mia madre, poi ti seguirò... Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio".
Ma nel Vangelo di Luca 9,59-61 un futuro discepolo implora: "Concedimi di andare prima a seppellire mia padre"; e un altro chiede: "Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che mi congedi da quelli di casa". In entrambi i casi Gesù nega questo permesso. Non consente alcuna perdita di tempo.
Conoscere e seguire Gesù è l'unica vera priorità della nostra vita.
Don Bruno FERRERO sdb
Fonte:http://www.donbosco-torino.it
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