MACHETTA Domenico SDB, 8a Domenica: Ss. Trinità Anno C Appunti per Lectio

8a Domenica: Ss. Trinità Anno C  Appunti per Lectio

Prv 8,22-31
Gv 16,12-15

È la festa dello stupore, dello "stordimento", davanti al mistero di Dio, comunità di amore, il Dio dei rapporti personali, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il "nostro" Dio. Il tre volte santo, il totalmente "separato" (qadosch, santo, significa letteralmente "separato"), l'inaccessibile, non sta seduto sulle galassie, ma cammina nelle nostre strade, "perseguitandoci" con il suo ostinato amore, rivelandosi come "Dio-con-noi" ("Emmanuele"). Il suo sogno è avere intimità nuziale con noi. Il termine centrale della Bibbia, "alleanza" ("berith"), indica questa realtà da vertigini.

L'inno della Sapienza di Proverbi 8 è stato interpretato dai padri come un canto del Verbo incarnato e nella teologia orientale come una celebrazione dello Spirito di sapienza effuso da Dio anche negli uomini attraverso la creazione e la redenzione. Ecco il motivo della scelta come 1ª lettura della festa della Trinità.

Ognuno di noi "personalmente" appartiene a un progetto d'amore che ha origine negli abissi della Trinità. Proviamo a pesare un'espressione che cantiamo o recitiamo sovente senza forse riflettere con serietà: "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo..." (Ef 1,4). È il famoso inno al progetto di Dio della lettera agli Efesini, che ha entusiasmato Elisabetta della Trinità. È il sogno di Dio, la chiamata di ogni uomo alla "santità" ("per essere santi e immacolati nell'amore"), il mistero della "inabitazione".
"Sono abitata", diceva Elisabetta, chiamando con audacia la Trinità "i miei Tre", dal momento che è scritto: "E verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23). Questo "inaudito" del Nuovo Testamento erompe come un tema di una sinfonia e raggiunge vertici di stupore, come quando appare la parola più dolce della Bibbia, quell'"Abbà", che fa parte delle "ipsissima verba Christi" (stessissime parole di Cristo), stampate indelebilmente nel cuore dei discepoli, che ce le hanno trasmesse così come lui le ha pronunciate.

Ciò che ha stordito i santi è che non solo Gesù, il Figlio, chiama "Abbà" il Padre, ma che anche noi possiamo chiamarlo con questo termine confidenziale, perché anche noi siamo "chiamati figli di Dio e lo siamo realmente!" (1 Gv 3,1). "Divinae consortes naturae" (partecipi, consorti, della natura divina) ci definisce la seconda lettera di Pietro.
Questa realtà era già stata annunciata in vari modi nei tempi antichi come vera "Terra promessa", "terminus ad quem" dell'Esodo. Nel cap. 19, punta del libro dell'Esodo, appare con chiarezza il disegno d'amore di Dio: l'alleanza nuziale. "Se sarete fedeli all'alleanza, sarete per me la mia proprietà particolare, il mio tesoro"!

Don Domenico MACHETTA
Fonte:http://www.donbosco-torino.it

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