D. Gianni Mazzali SDB, "UNA PAROLA CHE RAGGIUNGE IL CUORE"

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15a Domenica T. Ordinario - Anno C     Omelia
UNA PAROLA CHE RAGGIUNGE IL CUORE

Non è facile parlare al cuore. L'ossessione delle parole, dei messaggi, delle notizie, di una comunicazione eccessiva e assordante è spesso lontana dal nostro cuore, dalla nostra intimità più profonda. C'è da rimanere confusi, frastornati sperimentando spesso una forma di ribellione interiore per questo "troppo" che ci opprime, quasi ci impedisce di respirare, di dialogare con le nostre pulsioni interiori, di raggiungere ciò che vi è di più profondo e di vero in noi. La Parola di oggi ci commuove, ci conforta e ci lancia una coraggiosa sfida: sforzati di vincere la superficialità, i luoghi comuni per toccare con mano che Dio parla al tuo cuore, che ti chiede una risposta di amore, di invita ad incontrarlo nell'amore incondizionato verso il prossimo.

DENTRO LA LEGGE

Il brano del Deuteronomio proclamato oggi, fa parte del terzo ed ultimo discorso di Mosè contenuto nel libro stesso. Va letto all'interno dell'esperienza dell'esilio che Israele sta sperimentando. Nonostante la costante vicinanza di Dio il popolo non è riuscito a mantenersi fedele all'alleanza. La schiavitù dell'esilio è il segno della perdita della libertà dal punto di vista sociopolitico, ma mira a rendere Israele consapevole di una schiavitù più profonda e quindi della necessità di una liberazione spirituale: "(…) ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l'anima". Dio punta ad una legge, ad un comandamento che non si limiti agli atteggiamenti esteriori perché si è reso conto che la pratica della legge, dei più minuti precetti, è stata fine a sé stessa e spesso stimolata dalla paura delle minacce dei castighi. La legge in quanto tale non ha generato fedeltà e molti l'hanno percepita come estranea, lontana, irraggiungibile nella quotidiana esperienza. In totale controtendenza a ciò si esprime Dio: "Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica".
Notiamo che il testo usa il termine "parola" e non "legge". E' significativo perché ci indica un chiaro percorso spirituale: è necessario entrare dentro lo spirito della legge, superare la pura fedeltà esteriore, sentire che il precetto non ci è imposto, ma ci appartiene, riguarda un vero patrimonio nobile della nostra mente, del nostro cuore. Il comando del Signore penetra e nobilita la nostra umanità. Stimola il meglio che c'è dentro di noi, ben lungi dal tarpare le ali alla nostra libertà e alla nostra dignità umana. E' una "parola" che Dio sussurra al nostro cuore per sollevarlo dalla zavorra dell'egoismo, delle rivendicazioni più meschine ed inutili, dalle lusinghe fatue della lussuria e del piacere più sfrenato.
Attenzione perché oggi, in nome di una falsa libertà, è troppo facile banalizzare la "legge di Dio" come un ostacolo alla nostra piena realizzazione umana. Accogliamo l'invito ad entrare dentro noi stessi e raggiungere il "cuore" della legge.

VICINO E COMPASSIONEVOLE

Gesù, da narratore sublime quale egli è, traduce in un racconto l'esperienza congiunta dall'amore di Dio e del prossimo, che il fariseo ha affermato essere il cuore della legge. Ci sentiamo forse più rappresentati, se siamo sinceri dal sacerdote e dal levita che "passano oltre". Fare cose e gesti che non raggiungono il cuore è il pericolo che molti di noi corrono. C'è una triste ironia nel racconto di Gesù: chi ufficialmente era più vicino a Dio, alla sua legge, alle sue richieste in effetti ne è più lontano. Il rischio è sempre presente, anche oggi: che i gesti di religione, che gli stessi credenti siano lontani dal cuore di Dio. La vicinanza e la compassione del Samaritano non sono un fatto scontato. Dobbiamo sentirci perseguitati dalla semplice, vera e profonda compassione di questo "estraneo". Egli non fa ragionamenti, egli sta vicino, reca conforto, aiuto concreto, senza lamentarsi dell'insensibilità altrui. Il Samaritano esprime e rende visibile il cuore che raggiunge l'uomo bisognoso e quindi raggiunge Dio.

LA LETTERA AI COLOSSESI

Dopo la lettera ai Galati con il suo messaggio centrale di "libertà in Cristo Gesù", la liturgia domenicale di questo anno C ci presenta la lettera ai Colossesi. Si tratta di una lettera antica, scritta tra il 50 e l'80 d.C. attribuita, con qualche dubbio, a Paolo che avrebbe scritto agli abitanti di Colossi, nell'attuale Turchia, mentre era prigioniero a Roma. Il brano introduttivo che viene proposto oggi è tutto incentrato sulla figura di Gesù, sulla sua opera redentrice riassunta dalla bella espressione: "(…) avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli".

"Mi sembra che la bontà di quest'uomo
possa essere descritta con una sola parola:
altruismo. Il buon samaritano era altruista nell'intimo".

(M.L. King)

Don Gianni MAZZALI sdb

Fonte:http://www.donbosco-torino.it



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