FIGLIE DELLA CHIESA, LECTIO DIVINA" QUELLO CHE HAI PREPARATO, DI CHI SARÀ?"


XVIII Domenica del Tempo Ordinario
Quello che hai preparato, di chi sarà? (Lc 12,13-21) 
Antifona d'ingresso

O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.
Sei tu il mio soccorso, la mia salvezza:
Signore, non tardare. (Sal 70,2.6)

Colletta
Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre,
e assisti il tuo popolo,
che ti riconosce suo pastore e guida;
rinnova l’opera della tua creazione
e custodisci ciò che hai rinnovato.

Oppure:
O Dio, principio e fine di tutte le cose,
che in Cristo tuo Figlio
ci hai chiamati a possedere il regno,
fa’ che operando con le nostre forze
a sottomettere la terra
non ci lasciamo dominare dalla cupidigia e dall’egoismo,
ma cerchiamo sempre ciò che vale davanti a te.

PRIMA LETTURA (Qo 1,2;2,21-23)
Quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica?
Dal libro del Qoèlet

Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!

SALMO RESPONSORIALE (Sal 89)
Rit: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte. Rit:

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca. Rit:

Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi! Rit:

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. Rit:

SECONDA LETTURA (Col 3,1-5.9-11)
Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

Canto al Vangelo (Mt 5,3)
Alleluia, alleluia.
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Alleluia.

VANGELO (Lc 12,13-21)
Quello che hai preparato, di chi sarà?
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Preghiera sulle offerte
Santifica, o Dio, i doni che ti presentiamo
e trasforma in offerta perenne tutta la nostra vita
in unione alla vittima spirituale,
il tuo servo Gesù,
unico sacrificio a te gradito.

Antifona di comunione
Ci hai mandato, Signore, un pane dal cielo,
un pane che porta in sé ogni dolcezza e soddisfa ogni desiderio. (Sap 16,20)

Oppure:
“Fatevi un tesoro inesauribile nei cieli”,
dice il Signore. (Lc 12,33)

Preghiera dopo la comunione
Accompagna con la tua continua protezione, Signore,
il popolo che hai nutrito con il pane del cielo,
e rendilo degno dell’eredità eterna.

Lectio
Siamo arrivati alla XVIII domenica del T.O. Come sempre la liturgia ci accompagna nel nostro cammino, sostiene ogni fatica ed è proprio il caso di dirlo ‘disseta ogni arsura’… La Parola di Dio consola e nello stesso tempo educa mente e cuore; la Parola nutre silenziosamente, penetra in profondità, taglia, ferisce, infiamma, consola, trasforma, ... è “viva ed efficace” (cf Eb 4,12).
La Dei Verbum riconosce che le Sacre Scritture sono per la Chiesa "sorgente pura e perenne della vita spirituale" e esorta i cristiani ad essere "imbevuti del suo spirito". È bella questa sottolineatura che rimanda all’idea della sorgente; la Parola di Dio è pane ed acqua insieme! Sant’Ambrogio in un suo commento dice: "Bevi alle sorgenti dell'antico e del nuovo Testamento, perché nell'uno e nell'altro bevi Cristo... Si beve la divina Scrittura, anzi si divora la divina Scrittura, quando la linfa del Verbo eterno penetra nelle vene dello spirito e nelle potenze dell'anima. Quando si beve la Scrittura divina è immerso nelle potenze interiori dell'uomo il succo del Verbo eterno".
Siamo assetati che bevono alla fonte anche quando le pagine evangeliche possono essere dure, come la pagina che Luca ci presenta in questa domenica XVIII°. Sembra che il Signore debba possedere competenze economiche o giuridiche; si pretendono da Lui risposte a quesiti legali che si possono risolvere in modo personale. Che c’entra Gesù con i nostri dilemmi da ragioneria, le nostre provocazioni da contabili? Eppure il Signore non si tira indietro:

13. Ora, uno della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello di dividere con me l'eredità … Un anonimo tra la folla interpella il Rabbi, non si sa chi sia ed ha la pretesa di chiedere. Diremmo che ha una ‘bella faccia tosta’. A Gesù viene chiesto di intervenire su una questione familiare e a porre il problema è uno tra la folla che non ha nome, nessuna identità e nessuna appartenenza; di lui si sa solo che ha un fratello anche lui ignoto. È uno sconosciuto senza nome che può indicare ciascuno di noi. È un uomo ricco tra la folla, uno come tanti che può vantarsi solo dei beni materiali: non ha altro, è solo tra la sua sete di possedere, ottenere anche ciò che forse spetta soltanto al fratello. Questo uomo è rinchiuso nel suo ghetto egoistico e non riesce a vedere oltre. Diceva Paolo VI: "Il possesso e la ricerca della ricchezza, come fine a se stessa, come unica garanzia di benessere presente e di pienezza umana, è la paralisi dell'amore. I drammi della sociologia contemporanea lo dimostrano, e con quali prove tragiche e oscure! E dimostrano che l'educazione cristiana alla povertà sa distinguere innanzitutto l'uso del possesso delle cose materiali, e sa distinguere poi la libera e meritoria rinuncia ai beni temporali, in quanto impedimento allo spirito umano nella ricerca e nel conseguimento del suo ottimo fine supremo che è Dio e del suo ottimo fine prossimo, che è il fratello da amare e servire, dalla carenza di quei beni che sono indispensabili alla vita presente, cioè dalla miseria, dalla fame, a cui è dovere, è carità, provvedere”.

v. 14: O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi? v. 15: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». La cupidigia è un vizio la cui definizione è: “Desiderio sfrenato e disordinato”. È la brama sfrenata e mai paga di possedere beni materiali. La Bibbia insegna che è la fonte di ogni male poiché rende schiavo l’uomo (Lc 12:15-212) privandolo della presenza di Dio (1Tm 6). È tipica di un cuore carnale e i suoi frutti corrompono l’anima consegnandola al tentatore (1Cor 6). Solo la preghiera (1Gv 5) e l’altruismo sono le armi per combatterla. “Il decimo comandamento proibisce l'avidità e il desiderio di appropriarsi senza misura dei beni terreni; vieta la cupidigia sregolata, generata dalla smodata brama delle ricchezze e del potere in esse insito. Proibisce anche il desiderio di commettere un'ingiustizia, con la quale si danneggerebbe il prossimo nei suoi beni temporali” (CCC, 2536).
Poi Gesù racconta una parabola per aiutare gli ascoltatori a riflettere per trarne un vantaggio per la vita: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?”  L’uomo ricco era davvero ossessionato dalla preoccupazione per suoi beni che aumentavano improvvisamente a causa di un raccolto abbondante. Pensa solo ad accumulare per garantirsi una vita senza preoccupazioni. Lui dice: “Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia”.
Il Signore, come leggiamo dal testo evangelico, non si tira indietro alla richiesta dello sconosciuto e come sempre risponde con una parabola. Nei vangeli sinottici "parabole" indica una caratteristica forma di discorso di Gesù, che esprime in modo figurato messaggi fondamentali della sua predicazione. Il contenuto delle parabole deriva dall'ambiente familiare all'ascoltatore di Gesù.
Gesù si serve di tale genere letterario per esprimere realtà spirituali, invisibili, che possono essere raccontati mediante paragoni e analogie tratte dal mondo visibile, così da introdurre l'ascoltatore a comprendere che ogni cosa è buona se non è superiore alla edificazione del Regno di Dio, già qui sulla terra.
Nel brano, ciò che emerge, è la figura di un uomo che solo sa ripetere un unico aggettivo «mio»: i miei raccolti, i miei magazzini, i miei beni, la mia vita, anima mia. È il susseguirsi di una litania del possesso, delle cose che occupano la sua vita proprio come un magazzino, una sorta di caos da cui fatica ad uscire. Ecco perché Paolo in Col 3,5 dice che la cupidigia è idolatria. “Fate dunque morire le vostre membra che sono sulla terra: fornicazione, impurità, lussuria, mala concupiscenza e cupidigia, la quale è idolatria”. Solo l’ascolto attento e la messa in pratica della Parola di Dio può liberarci da ogni idolo … perché più o meno piccoli o grandi l’essere umano coltiva in cuor suo un idolo dai nomi diversificati. Papa Francesco in una sua omelia dice che: Tutti “noi abbiamo i nostri idoli nascosti” e la strada della vita per arrivare, per non essere lontano dal Regno di Dio comporta lo scoprire gli idoli nascosti. Un comportamento rintracciabile già nella Bibbia – ricorda il Papa – nell’episodio in cui Rachele, moglie di Giacobbe, finge di non avere con sé gli idoli che invece ha portato via dalla casa di suo padre e nascosto dietro la sua cavalcatura. Anche noi, afferma Papa Francesco, li abbiamo nascosti in una cavalcatura, nostra … Ma dobbiamo cercarli e dobbiamo distruggerli, perché per seguire Dio l’unica strada è quella di un amore fondato sulla fedeltà.

v. 20 Ma Dio gli disse: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?». v.21 Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
La reazione di Dio è forte: stolto chiama il personaggio menzionato: stolto e insensato, sciocco… Il libro dei Proverbi raffigura la stoltezza e la follia come l’opposto della saggezza e lo stolto come l’opposto di una persona saggia. Essere consapevoli di ciò che ci dicono le Scritture riguardo ai saggi e agli stolti ci permette di giudicare le nostre azioni e i nostri atteggiamenti per vedere se ci comportiamo in maniera saggia o stupida. Lo stolto ha detto nel suo cuore non c'è Dio (Salmo 14) nel cuore dell’uomo si annida ogni idolatria, ogni desiderio di ‘ricchezza’ non solo di denaro, di successo, di cibo, di vizi sfrenati, di carriera, di poteri. E' difficile sfuggire alla seduzione della ricchezza: è necessaria una disciplina spirituale, che orienti il nostro pensiero a chiederci qual è il fine della nostra vita e qual è il vero bene dell'uomo. Qual è per me il vero bene?
Mi piacciono molto le parole di san Basilio, padre della Chiesa orientale, morto nel 379: "A quanto pare, di tutti i grandi e incorruttibili beni, oggetto della beata speranza, non ti curi affatto, avido come sei solo di beni terrestri. No, non fare così. Largheggia con ciò che possiedi, sii generoso, anzi munifico nell'affrontare spese a beneficio dei bisognosi. Si dica anche di te: «Egli dona largamente ai poveri: la sua giustizia rimane per sempre» (Sal 111,9). Quanto dovresti essere grato al donatore benefico per quell'onore che ti viene fatto! Quanto dovresti essere contento di non dover tu battere alla porta altrui, ma gli altri alle tue! E invece sei intrattabile e inabbordabile. Eviti di incontrarti con chi ti potrebbe chiedere qualche spicciolo. Tu non conosci che una frase: «Non ho nulla e non posso dar nulla, perché sono nulla tenente». In effetti tu sei veramente povero, anzi privo di ogni vero bene. Sei povero di amore, povero di umanità, povero di fede in Dio, povero di speranza nelle realtà eterne".

Appendice
La tentazione della prosperità
La tentazione è di due specie. A volte le avversità provano il cuore come l`oro nella fornace (cf. Sap 3,6), quando attraverso la pazienza ne mettono in luce tutta la bontà; a volte, e non di rado, la prosperità della vita tiene per alcuni il posto della tentazione. E` ugualmente difficile, infatti, conservare nelle avversità un animo nobile e guardarsi da un abuso nella prosperità. Della prima tentazione è modello Giobbe, quel grande atleta che sostenendo con animo indomito l`impeto scrosciante del diavolo, fu tanto più grande della tentazione, quanto più grandi e quasi inestricabili furono le prove a lui inflitte dal nemico. Esempio della tentazione che nasce dalla prosperità è quel ricco che, avendo già molte ricchezze, ne sognava ancora delle altre; ma il buon Dio a principio non lo condannò per la sua ingratitudine, anzi, lo favorì con sempre nuove ricchezze, in attesa che il suo animo si volgesse una buona volta alla generosità e alla mansuetudine. Ma: "Il campo del ricco portò frutti abbondanti ed egli andava pensando: Che farò? Demolirò i miei granai e ne farò di più grandi" (Lc 12,16-18).
Perché fu fertile il campo di quell`uomo, che non avrebbe fatto nulla di buono con quella ricchezza? Certo perché risplendesse di più l`indulgenza di Dio, la cui bontà si estende anche a costoro, poiché: "fa piovere sui giusti e sui malvagi e fa che il sole nasca per i buoni e per i cattivi" (Mt 5,45). Ma questa bontà di Dio accresce poi la pena contro i malvagi. Dio mandò la pioggia sulla terra coltivata con mani avare, diede il sole per riscaldare i semi e moltiplicare i frutti. Da Dio viene la terra buona, il clima temperato, la fecondità dei semi, l`opera dei buoi che sono i mezzi della ricchezza dei campi. Ma qual è stata la reazione dell`uomo? Modi amari, odio, scarsezza nel dare. Questo era il ricambio a tanta magnificenza ricevuta. Non si ricordò dei suoi simili, non pensò che il superfluo dovesse essere distribuito agli indigenti, non fece nessun conto del comando: "Non ti stancare di dare al bisognoso" (Pr 3,27) e: "Spezza il tuo pane con chi ha fame" (Pr 3,3). Non sentiva la voce dei profeti, i suoi granai scoppiavano da ogni parte, ma il suo cuore avaro non era sazio. Aggiungendosi sempre nuovi prodotti ai vecchi, finì in questa inestricabile povertà di mente, che l`avarizia non gli consentiva di sottrarre ciò che superava e non aveva magazzini ove deporre la nuova ricchezza. Perciò non trova una soluzione, è affannato. "Cosa farò?" E` infelice per la fertilità dei suoi campi, per quello che ha, più infelice per quello che aspetta. La terra a lui non produce dei beni, gli porta sospiri; non gli accresce abbondanza di frutti, gli porta preoccupazioni, pene, ansietà. Si lamenta come i poveri. Il suo grido cosa farò? non è il medesimo che emette l`indigente? Dove troverò il cibo, il vestito? Il ricco fa lo stesso lamento. E` afflitto. Ciò che porta gioia agli altri, uccide lui. Non si rallegra, quando i granai son tutti pieni; le ricchezze sovrabbondanti e incontenibili lo feriscono; ha paura che qualche goccia, che n`esca, sia motivo di sollievo a un indigente. (Basilio di Cesarea, In illud «Destruam», 1)

La nostra terra è straniera
Sapete di abitare una terra straniera. La vostra città è molto lontana da questa. Se sapete la città che dovete abitare, perché mai qui vi procurate campi, apparati sontuosi, case e dimore inutili? Chi prepara queste cose per questa città non cerca di ritornare nella propria. O stolto, dissociato e infelice, non pensi che tutte queste cose ti sono estranee e sotto il dominio di un altro? Infatti, il signore di questa città dirà: Non voglio che tu abiti nella mia città, ma vattene perché non obbedisci alle mie leggi. Tu che hai campi, abitazioni e molti altri averi, mandato via da lui, cosa potrai fare del campo, della casa e delle altre cose che ti procurasti? Ti dice giustamente il signore di questo paese: Obbedisci alle mie leggi o vattene da questo paese. Che dovrai fare tu, che hai una legge nella tua città? Per i tuoi campi e per le altre sostanze rinnegherai completamente la tua legge e camminerai nella legge di questa città? Vedi che non sia nocivo rinnegare la tua legge. Se vuoi tornare nella tua città, non sarai ricevuto perché rinnegasti la legge della tua città e ne sei rimasto tagliato fuori. Bada, abitando in terra straniera, di non procurarti più dello stretto necessario e sii pronto. Quando il signore di questa città vuole cacciarti perché ti sei opposto alla sua legge, uscirai da questa città e andrai nella tua e obbedirai alla tua legge senza ostilità e con gioia. Guardate voi che servite il Signore avendolo nel cuore. Fate le opere di Dio, ricordandovi dei suoi comandamenti e delle promesse che ha fatto. Credetegli, le adempirà se sono osservati i suoi precetti. Invece dei campi, riscattate le anime oppresse come uno può, visitate vedove e orfani (cf. Gc 1,27) e non disprezzateli. Consumate le vostre ricchezze e tutte le sostanze che avete ricevuto da Dio in questi campi e case. Per questo il Signore vi arricchì, per prestare a lui tali servizi. E` molto meglio acquistare questi campi, sostanze e case che ritroverai nella tua città quando vi tornerai. Questo investimento è bello e santo, non ha né tristezza né paura, ma allegria. Non fate, dunque, l`investimento dei pagani che è dannoso ai servi di Dio. Fate l`investimento che vi è proprio in cui potete rallegrarvi. Non defraudate, non toccate l`altrui e non desideratelo; è turpe desiderare le cose degli altri. Espleta il tuo lavoro e sarai salvo. (Erma, Pastor, Sim. 1)

Giusto uso delle ricchezze
"Guai a voi ricchi, che avete già la vostra consolazione!" (Lc 6,24). Sebbene l`abbondanza delle ricchezze rechi con sé molte sollecitazioni al male, si trovano tuttavia in esse anche inviti alla virtù. Ma senza dubbio la virtù non ha bisogno di sussidi e l`offerta del povero è certamente più degna di lode che la generosità del ricco. Comunque, coloro che vengono condannati dall`autorità della sentenza di Cristo non sono coloro che possiedono le ricchezze, ma coloro che non sanno usarle bene. Infatti, come il povero è più degno di lode quando dona di buon animo e non si lascia fermare dalla minaccia della miseria, poiché non si ritiene povero se ha quello che basta alla sua condizione, così tanto più degno di rimprovero è il ricco che dovrebbe, almeno, rendere grazie a Dio di tutto quello che ha ricevuto, non tener nascosto e inutilizzato quanto ha avuto per l`utilità di tutti, e non covare i suoi tesori seppellendoli sotto terra. Non è dunque la ricchezza che è condannata, ma l`attaccamento ad essa. Ebbene, quantunque l`avaro per tutta la vita faccia la guardia inquieta, un gravoso servizio di sentinella - pensa questa che non trova l`eguale -, per conservare, in un continuo e angoscioso timore di perderlo, ciò che servirà ai piaceri degli eredi, tuttavia, dato che le preoccupazioni dell`avarizia e il desiderio di ammassare si nutrono di una sorta di vana felicità, chi ha avuto la sua consolazione in questa vita presente, ha perduto la ricompensa eterna. (Ambrogio, In Luc., 5, 69)

Ricchezza e Provvidenza
Tra fratelli non deve intromettersi un giudice, ma deve l`affetto reciproco decidere sulla ripartizione del loro patrimonio. D`altra parte, non è il patrimonio del denaro, ma quello dell`immortalità che si deve cercare; è vano infatti ammassare ricchezze senza sapere di poterne usare, come colui che, poiché i suoi granai ricolmi crollavano sotto il peso delle nuove messi, preparava magazzini per questa sovrabbondanza di raccolti, senza sapere per chi accumulava (cf. Lc 12,16-21). Resta nel mondo tutto quanto è del mondo, e ci vediamo sfuggire tutto quanto accumuliamo per i nostri eredi: infatti non è nostro ciò che non possiamo portare con noi. Solo la virtù accompagna i morti, ci segue solo la misericordia che, conducendoci e precedendoci nelle dimore del cielo, acquista per i morti, a prezzo di vil denaro, la dimora eterna, come testimoniano i precetti del Signore che ci dice: "Fatevi degli amici con le ricchezze d`iniquità, affinché essi vi accolgano nei loro padiglioni eterni" (Lc 16,9). Ecco dunque un precetto buono, salutare, capace di spingere anche gli avari a scambiare le ricchezze effimere con quelle eterne, ciò che è terrestre con ciò che è divino. (Ambrogio, In Luc., 7, 122)

Sobrietà non è solo freno della lussuria
Capisci ciò che sto ripetendo ogni momento, che la sobrietà non è limitata solo all`astinenza dalla fornicazione, ma vuole il controllo e la fuga anche di tutti gli altri vizi? Dunque chi ama il denaro, non è sobrio. Come, infatti, quello va in cerca di corpi, questo va in cerca di denaro. Anzi questo è piú intemperante, perché non è trascinato con altrettanta violenza. Verrebbe, infatti, chiamato inesperto non il cocchiere, che non riuscisse a domar con le redini un cavallo focoso e senza freni, ma quello che non riuscisse a tenerne a bada uno piuttosto mansueto. (Giovanni Crisostomo, In epist. ad Titum, 5, 2)

[…] Nel Vangelo dell’odierna domenica, l’insegnamento di Gesù riguarda proprio la vera saggezza ed è introdotto dalla domanda di uno della folla: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» (Lc 12,13). Gesù, rispondendo, mette in guardia gli ascoltatori dalla brama dei beni terreni con la parabola del ricco stolto, il quale, avendo accumulato per sé un abbondante raccolto, smette di lavorare, consuma i suoi beni divertendosi e s’illude persino di poter allontanare la morte. «Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”» (Lc 13,20). L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza. L’uomo che confida nel Signore, invece, non teme le avversità della vita, neppure la realtà ineludibile della morte: è l’uomo che ha acquistato “un cuore saggio”, come i Santi. (Papa Benedetto XVI, Angelus del 1 agosto 2010)

[…] Oggi nella liturgia risuona la parola provocante di Qoèlet: «Vanità delle vanità…tutto è vanità» (1,2). I giovani sono particolarmente sensibili al vuoto di significato e di valori che spesso li circonda. E purtroppo ne pagano le conseguenze. Invece l’incontro con Gesù vivo, nella sua grande famiglia che è la Chiesa, riempie il cuore di gioia, perché lo riempie di vita vera, di un bene profondo, che non passa e non marcisce: lo abbiamo visto sui volti dei ragazzi a Rio. Ma questa esperienza deve affrontare la vanità quotidiana, quel veleno del vuoto che si insinua nelle nostre società basate sul profitto e sull’avere, che illudono i giovani con il consumismo. Il Vangelo di questa domenica ci richiama proprio l’assurdità di basare la propria felicità sull’avere. Il ricco dice a se stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni…riposati, mangia, bevi e divertiti! Ma Dio gli dice: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai accumulato, di chi sarà? (cfrLc 12,19-20). Cari fratelli e sorelle, la vera ricchezza è l’amore di Dio condiviso con i fratelli. Quell’amore che viene da Dio e fa che noi lo condividiamo tra noi e ci aiutiamo tra noi. Chi ne fa esperienza non teme la morte, e riceve la pace del cuore. […] (Papa Francesco, Angelus del 4 agosto 2013)


Fonte:figliedellachiesa.org

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