MONASTERO DI RUVIANO, COMMENTO DICIASSETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

DICIASSETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO  
Gen 18, 20-32; Sal 137; Col 2, 12-14; Lc 11, 1-13



Per l’Evangelo di Luca la preghiera che Gesù insegna (in Matteo è il Padre nostro, in Luca l’invocazione è semplicemente Padre) sorge dalla preghiera di Gesù stesso.

Accogliere il Signore-Samaritano in viaggio per “cercare” le nostre ferite è lasciarsi trovare da Lui permettendogli di amarci (parabola del Buon Samaritano), accoglierlo è ascoltarlo dando a Lui il primato riconoscendo che l’ascolto è davvero l’unum necessarium’ (sosta in casa di Marta e Maria), accoglierlo è pregare “dalla” sua preghiera, “nella” sua preghiera (Evangelo di questa domenica).
I discepoli sono rapiti dall’aver guardato la preghiera di Gesù. Da lì scaturisce in loro una nostalgia di preghiera vera, autentica, vitale: Maestro, insegnaci a pregare. Il problema è sempre lo stesso: avere lo sguardo fisso su Gesù (cfr Lc 4, 20; Eb 12,2). E’ stupefacente osservare come tanti cristiani abbiano reticenza perfino a nominare il nome di Gesù … A volte perfino in certe riunioni “ecclesiali” il grande assente è Lui; non lo si nomina, non si tiene lo sguardo su di Lui … e così tutte le storture e le derive sono possibili … anzi, sono certe!

E’ necessario entrare nella preghiera di Gesù per cogliere di essa quello che è possibile e decisivo per noi … la risposta che Gesù dà alla domanda di preghiera dei suoi dà loro accesso alla dinamica filiale della sua preghiera e, partendo dal loro desiderio, spalanca loro i confini di un desiderio che ha bisogno di allargarsi, di espandersi verso l’infinito.

Tutto questo Gesù lo compie però in una grande concretezza; una concretezza mai banale né ristretta; la versione di Luca nella sua forma sintetica è fortemente evocativa di un concreto che si apre all’oltre, a quello che noi uomini neanche oseremmo pensare.

Al cuore del Pater c’è una domanda che ci porta direttamente a ciò che noi siamo: bisogno di pane, fragilità che chiede nutrimento, vita che non si alimenta da se stessa ma che ha bisogno dell’altro. Il pane evoca gli altri … quante mani occorrono per fare un pane! Tante: l’aratore, il seminatore, il contadino, il mietitore, chi impasta, chi inforna … gli altri … chiedere il pane significa sapere che si ha un bisogno vitale e che la risposta è negli altri, è in un Altro da cui ogni dono proviene.

Il Pater è allora una preghiera che ci consegna alla verità su di noi e su Dio: Dio è Padre, noi siamo fragilità, bisogno, fratelli intrecciati in una storia in cui senza l’altro si è miseri e perduti. La verità su di noi è ancora un’altra: noi siamo anche peccatori e perciò bisognosi di misericordia … tra di noi non c’è nessun giusto … Abramo, nella prima lettura tratta dal Libro della Genesi, sogna che tra gli abitanti di Sodoma ci sia per lo meno qualche giusto … non se ne trovarono … il Pater ci dona la certezza che nella nostra ingiustizia noi possiamo esser fatti giusti da un amore di misericordia, da un amore paterno che si getta alle spalle la nostra ingiustizia; il Padre che Gesù ci chiede di pregare è misericordia che non si spaventa della nostra fragilità; Perdonaci come noi perdoniamo è la richiesta che Luca pone nella sua versione della preghiera di Gesù: l’esperienza di essere perdonati genera capacità di perdono, genera misericordia. Il Padre di Gesù non solo è colui che ci dà pace con il perdono ma è colui che nella tentazione ci è accanto e ci sostiene aiutandoci a lottare. Non ci toglie la tentazione, non può farlo, ma nella tentazione, come già disse un giorno ad Antonio il Grande nel deserto, lotta nella nostra lotta.

Insomma, l’Evangelo di questa domenica ci conduce al cuore della preghiera di Cristo per insegnarci il cuore della preghiera e Gesù non ha paura di chiederci di osare pregando. Già Abramo, come abbiamo ascoltato, osò dinanzi a Dio che scendeva contro Sodoma e Gomorra; si fece intercessore (alla lettera: colui che fa un passo “tra”), si pose tra Dio ed i “peccatori”, rischiò di persona; nelle città perverse, però, non si trovò neanche un giusto. Nella “nostra città perversa” oggi un giusto il Padre lo trova: Gesù. L’intercessione di Lui è potente e ci dona pace e libertà. Abramo fu capace di osare, di avere un grande desiderio, di volare alto. La preghiera del Pater è proprio su questa linea: desidera farci compiere un passaggio, direi un esodo coraggioso: dai nostri bisogni, al bisogno che noi siamo. Abbiamo bisogno dei doni di Dio ed è bene che lo ricordiamo in un sano realismo, ma è vero pure che siamo bisognosi di Lui. Cerchiamo le consolazioni del Padre, ed è giusto, ma dobbiamo passare a cercare il Padre delle consolazioni. L’Evangelo di oggi ci insegna a pregare e pregando ci spinge ad avere grandi desideri. Sì, grandi desideri! Solo se abbiamo grandi desideri saremo accoglienza del grande Dono: il Padre darà lo Spirito Santo a quanti glielo chiedono. Così si conclude il passo dell’Evangelo di oggi. Non a caso alcuni codici all’inizio del Pater di Luca hanno una domanda diversa rispetto al “Venga il tuo regno” di Matteo: Venga il tuo Spirito su di noi e ci purifichi. Ecco il grande dono! Se però non dilatiamo il cuore nel desiderio, a desiderare di concepire l’inconcepibile e credere che l’impossibile è possibile, rimarremo sempre in ovili ristretti, berremo sempre a pozzanghere stagnanti, non respireremo nell’esteso spazio della vera libertà.

Diciamoci la verità: oggi si preferiscono i bassi profili ed i desideri da quattro soldi con la scusa di non volere troppo o di non voler rimanere delusi; oggi non si vogliono grandi sogni, ma piccoli progetti possibili! Così si mostra tutta l’empietà che ci abita e troppo spesso ci abita anche come Chiesa! Infatti, dietro questi bassi profili non c’è affatto umiltà o fragilità, ma c’è solo superbia, orgoglio cieco che ci suggerisce di desiderare solo ciò che è possibile a noi, alle nostre opere! Inoltre i grandi sogni costano … per lo meno si pagano con l’essere incompresi … per lo meno! Chi però ha sperimentato la paternità di Dio sa che può osare, che l’impossibile è possibile presso Dio, sa che Dio non ci dona solo il pane, un pesce o un uovo per i nostri bisogni immediati … sa che Lui attende di darci molto di più! Attende addirittura di darci il suo Spirito che ci santifica!

Grandi desideri! Grandi sogni! Non smettiamo di nutrirli! Gesù, il Signore, fu qui tra noi uomo di grandi desideri e di grandi sogni! Noi siamo il frutto dei suoi sogni!

Oggi la Chiesa ha bisogno di ampio respiro in un tempo in cui alcuni, anche all’interno della Chiesa, vorrebbero ricondurre la Sposa di Cristo, in stagioni ormai passate e anacronistiche, ne ha bisogno in questo tempo in cui la comunione ecclesiale e l’unità sono minacciate da venti di ribellione alle vie nuove che lo Spirito sta dettando dal Concilio in poi, fino ad arrivare agli slanci coraggiosi di Papa Francesco; oggi la Chiesa non ha bisogno di patetici “laudatores temporis acti” che rimpiangono un passato che non solo non esiste più ma che appesta di illusione tanti pseudo-cattolici che si sentono custodi una verità contro gli altri e soprattutto contro quelli che il Signore ha posto a pascere il gregge. La Chiesa ha bisogno di sognare a costo di ridursi … non ne dobbiamo aver paura; Gesù ci ha parlato di un “piccolo gregge”, non dimentichiamolo! Un piccolo gregge, però capace di sognare!

Gesù sognava affondando le radici in una preghiera audace, che non si stancava; una preghiera che non fu sconfitta neanche dai chiodi e dall’odio dei suoi nemici; una preghiera che nell’estremo della croce osò chiedere misericordia per chi non aveva misericordia, per i crocifissori per nulla pentiti di quell’orrore che commettevano. Che il Signore abbia misericordia di chi oggi tenta di strappare la tunica di Cristo con le armi della “tradizione”, una tradizione impugnata contro le parole di giustizia che la Chiesa, nel Papa e in tanti pastori coraggiosi, osa pronunziare contro le derive di un mondo sempre più malato di particolarismi! Una pseudo tradizione che osa contrapporre il “parlare di Dio” al “parlare in favore del povero”! La preghiera di Gesù si elevò fino all’ora della croce … in quell’ ora il giusto che Abramo cercava si trovò: era lì appeso al legno … l’intercessione che Abramo aveva osato iniziare si compì per sempre.

E allora ci vuole coraggio: per Lui, per Cristo Gesù, noi osiamo pregando e osando preghiamo!



P. Fabrizio Cristarella Orestano

Fonte:http://www.monasterodiruviano.it/


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