p. José María CASTILLO, "VA’ E FA’ ANCHE TU LO STESSO"
XV TEMPO ORDINARIO – 14 luglio 2019 - Commento al Vangelo
VA’ E FA’ ANCHE TU LO STESSO
di p. José María CASTILLO
Lc 10, 25-37
[In quel tempo] un dottore della legge si alzò per mettere alla prova Gesù: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso».
La parabola del buon samaritano è certamente uno dei testi più sorprendenti e significativi del NT. Si tratta soprattutto di un testo fondamentale per comprendere il contenuto centrale del Vangelo di Gesù. Ma capita che con questa parabola la domanda previa dello scriba (Lc 10,25-29) devia l’attenzione del lettore, che logicamente incentra il suo interesse nel comandamento dell’amore al prossimo. Questo è importante. Dove ed in cosa sta la chiave di ciò che Gesù ha voluto evidenziare nel raccontare questa breve storia?
Tutto si incentra e si riassume nella cosa più evidente che racconta la parabola: in una strada solitaria un uomo picchiato, derubato da alcuni banditi e mezzo morto (hemi-thanés) (Lc 10,30). Ma capita che per quel luogo di dolore, di violenza e di minaccia passano in successione tre viandanti, che vedono quello che lì sta succedendo. I tre si rendono conto perfettamente della situazione. Però dei tre passanti due di loro fanno una deviazione e continuano il loro cammino, mentre il terzo, quando vede quello che succede, si avvicina subito al moribondo, lo assiste e si prende cura di lui fino a lasciarlo in una locanda dove lo possono curare. Ma questo non è tutto. La cosa più sorprendente della storia è che coloro che passano oltre sono gli “uomini della religione”. Mentre chi assiste il moribondo è un “samaritano”, cioè un “uomo sacrilego” (Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XVIII, 2,2). Questa è la storia raccontata da Gesù per spiegare chi è il prossimo che dobbiamo amare sempre.
Detto ciò, cosa vuole insegnare la parabola in sé? È forte, ma bisogna dirlo. La parabola sta ad insegnarci che la fedele osservanza dei riti religiosi provoca un effetto devastante: tranquillizza la coscienza persino nel caso in cui ci si trova nella situazione limite di vedersi davanti un moribondo indifeso. Detto più chiaramente: la religione annulla il Vangelo. Lo stiamo vedendo: “uomini di Chiesa” che si disinteressano della sofferenza di coloro che si muoiono di fame e di miseria. L’osservanza dei riti tranquillizza le coscienze. Mentre, come ben sappiamo, la misericordia, la bontà e l’aspirazione alla giustizia ci complicano la vita e ci creano problemi. Questo non spiega le molte contraddizioni nella quali vive sprofondata tanta gente di Chiesa?
Fonte:www.ildialogo.org
VA’ E FA’ ANCHE TU LO STESSO
di p. José María CASTILLO
Lc 10, 25-37
[In quel tempo] un dottore della legge si alzò per mettere alla prova Gesù: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso».
La parabola del buon samaritano è certamente uno dei testi più sorprendenti e significativi del NT. Si tratta soprattutto di un testo fondamentale per comprendere il contenuto centrale del Vangelo di Gesù. Ma capita che con questa parabola la domanda previa dello scriba (Lc 10,25-29) devia l’attenzione del lettore, che logicamente incentra il suo interesse nel comandamento dell’amore al prossimo. Questo è importante. Dove ed in cosa sta la chiave di ciò che Gesù ha voluto evidenziare nel raccontare questa breve storia?
Tutto si incentra e si riassume nella cosa più evidente che racconta la parabola: in una strada solitaria un uomo picchiato, derubato da alcuni banditi e mezzo morto (hemi-thanés) (Lc 10,30). Ma capita che per quel luogo di dolore, di violenza e di minaccia passano in successione tre viandanti, che vedono quello che lì sta succedendo. I tre si rendono conto perfettamente della situazione. Però dei tre passanti due di loro fanno una deviazione e continuano il loro cammino, mentre il terzo, quando vede quello che succede, si avvicina subito al moribondo, lo assiste e si prende cura di lui fino a lasciarlo in una locanda dove lo possono curare. Ma questo non è tutto. La cosa più sorprendente della storia è che coloro che passano oltre sono gli “uomini della religione”. Mentre chi assiste il moribondo è un “samaritano”, cioè un “uomo sacrilego” (Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XVIII, 2,2). Questa è la storia raccontata da Gesù per spiegare chi è il prossimo che dobbiamo amare sempre.
Detto ciò, cosa vuole insegnare la parabola in sé? È forte, ma bisogna dirlo. La parabola sta ad insegnarci che la fedele osservanza dei riti religiosi provoca un effetto devastante: tranquillizza la coscienza persino nel caso in cui ci si trova nella situazione limite di vedersi davanti un moribondo indifeso. Detto più chiaramente: la religione annulla il Vangelo. Lo stiamo vedendo: “uomini di Chiesa” che si disinteressano della sofferenza di coloro che si muoiono di fame e di miseria. L’osservanza dei riti tranquillizza le coscienze. Mentre, come ben sappiamo, la misericordia, la bontà e l’aspirazione alla giustizia ci complicano la vita e ci creano problemi. Questo non spiega le molte contraddizioni nella quali vive sprofondata tanta gente di Chiesa?
Fonte:www.ildialogo.org
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