MONASTERO DI RUVIANO, COMMENTO VENTICINQUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Il demonio "Mammona" immaginato da Louis Le Breton (1818-1866) per il Dizionario infernale |
VENTICINQUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Am 8, 4-7; Sal 112; 1Tm 2, 1-8; Lc 16, 1-13
L’Evangelo di oggi purtroppo si ferma al versetto 13 mentre il versetto 14 sarebbe molto utile alla comprensione del tema che Gesù affronta in questo capitolo dell’Evangelo di Luca. Dice il versetto 14: I farisei che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffa di lui. Il greco è ancora più pungente: i farisei che erano “philàrguroi”, cioè amanti del denaro, amici del denaro. E’ cosi. Il mondo (anche il mondo che entra nella Chiesa, anche i credenti mondanizzati!) si fa beffa di chiunque voglia impostare un discorso evangelico circa l’uso del denaro, della ricchezza. Quando si tratta del denaro tanti uomini pii perdono tutta la loro “pietas” e diventano pratici (sì, si dice così per giustificarsi quando si mette tra parentesi l’Evangelo per i propri interessi!)
Il capitolo sedicesimo di Luca è uno di quei testi che fanno ridere il mondo che, c’è poco da fare, è philàrguros, è amico, amante del denaro! ... E da questo mondo “amante del denaro” non teniamoci fuori facilmente! Basta che osserviamo anche nelle nostre comunità come si affronta il tema dei beni e della condivisione dei beni! Tanti cristiani di tante parole diventano muti o addirittura aggressivi! È così!
Gesù si scontrerà più volte con la forza ambigua del denaro: pensiamo al giovane ricco che se ne va via da Lui perché aveva molte ricchezze (che straordinaria ironia ha l’Evangelo! cfr Mc 10, 22), pensiamo anche che Gesù stesso alla fine è stato messo a prezzo di denaro e venduto per trenta monete.
Gesù sa bene che la ricchezza è sempre disonesta: non ha paura a definirla così, senza mezzi termini e senza distinguo; l’accumulo è sempre disonesto perché ogni accumulo corrisponde alla povertà di qualcuno! C’è davvero poco da fare: più si accumula e più si creano poveri! E allora? Quale il rimedio? Gesù lo dice alla fine di questa “strana” parabola dell’Amministratore disonesto: Fatevi amici con la “disonesta” ricchezza”. Chi sono questi amici che bisogna crearsi? Sono i poveri! Ci si mette al riparo dalla disonestà della ricchezza riequilibrando le cose con la condivisione! Per l’Evangelo il rapporto con le cose, con l’avere è regolato dalla legge assoluta della condivisione. La condivisione è la via sapiente per camminare sulle strade del Regno.
L’amministratore disonesto è lodato dal padrone, che pure è stato truffato due volte (ma chissà quante altre volte!) perché l’amministratore è stato scaltro. E’ la scaltrezza che è lodata e Gesù fa sua questa lode con una forte amarezza: questo figlio della tenebra è stato tanto scaltro per salvarsi la pelle; perché il figli della luce non sono altrettanto scaltri per la causa del Regno? Anche questo è facile verificarlo nella nostra vita ecclesiale: quanti sono pronti ai più grandi sacrifici per il lavoro, per il guadagno (magari con la scusa del benessere dei figli, della famiglia!) ma non sono disposti a veri sacrifici o scelte radicali per l’Evangelo! Per il lavoro, per il bieco “concreto” si è scaltri, desti, pronti al sacrificio ma per il Regno si danno gli scampoli!
Per Gesù c’è un solo modo per essere scaltri: volgere lo sguardo ed il cuore ad un’altra amicizia, ad un altro amore. O si è amici della ricchezza o si è amici dei poveri (Fatevi amici con la disonesta ricchezza!). L’aut-aut qui è, come sempre nell’ Evangelo, radicale e Gesù lo afferma con il celebre detto che segue: Non si può servire a due padroni … non potete servire a Dio e a Mammona. La nuova versione della CEI dice: a Dio e alla ricchezza spiegando al parola originale che è una parola semitica che va decodificata (la nuova traduzione, essendo principalmente destinata alla liturgia, giustamente giunge subito alla decodificazione). Mammona (che è termine che nella Bibbia appare solo in questo capitolo ed in Matteo 6,24) è una parola terribile perché ha radice in un verbo ebraico importantissimo nella Scrittura, il verbo aman (da cui amen) che è il verbo della fede, della fiducia, della sicurezza in cui tutto si può fondare; mammona e allora la ricchezza a cui consegno tutta la mia fede, la mia fiducia, la mia sicurezza. Chi è servo di mammona lo è perché si fida di mammona, ha fede in mammona; più chiaramente possiamo dire che il suo dio è la ricchezza! È uno che dice il suo Amen non a Dio ma alla ricchezza!
Ecco perché Gesù contrappone con fermezza Dio e mammona. E’ impossibile servire tutti e due; si può solo amare uno ed odiare l’altro perché chi ama davvero Dio odia mammona che da Lui lo separa, odia mammona perché si fida di un altro, in Lui mette la sua sicurezza; se ama mammona odierà Dio perché Lui gli chiede di condividere, di usare il denaro per farsi amici i poveri, odierà Dio perché Dio gli chiede di cambiare mente e di usare il denaro e non di essere usato dal denaro diventandone schiavo.
Prima o poi nelle nostre vite di credenti viene l’ora in cui Dio chiede questa condivisione, non più a chiacchiere e con bei discorsi pii ma con una concretezza tale che tocchi i nostri beni materiali (certamente come quelli spirituali … ma non solo perché con i beni spirituali siamo capaci di grandi mistificazioni!). Certamente viene quest’ora e sarà un’ora in cui tutti i cammini di sequela vengono autenticati; finché la fede è fatta di preghierine per i poveri e di belle parole puzza ancora di ipocrisia o di immaturità, quando si compromette fa il salto verso la libertà e l’autenticità. Leggiamo in tal senso anche l’ora che vive oggi la nostra società italiana (ma estenderei la riflessione a tutto il nostro mondo occidentale in senso ampio); quanti “cristiani” in nome di una difesa di “sacri confini della patria” (!) respingono i poveri, i disperati; e non si accontentano neanche di questo, li insultano e li denigrano! Noi non possiamo tollerare queste cose, cose tutte che vengono fatte per “amore del danaro”, cioè del nostro benessere e delle nostre cose! Credo che chi si dichiara discepolo di Cristo deve indignarsi e far sentire con mite fermezza il suo no a queste logiche mortifere; un no che deve smascherare i finti pii e i non richiesti defensores fidei! Chi è discepolo del Messia Gesù che non “ritenne un tesoro da custodire gelosamente il suo essere Dio ma spogliò se stesso” (Fil 2, 6-7) non può che fare quel salto di compromissione nella vera condivisione di ciò che si è e di ciò che si ha.
Il salto però va fatto solo per amore nei confronti di Cristo, solo perché si vuole essere davvero suoi discepoli, solo perché si è capito finalmente dov’è il vero tesoro, solo perché da Lui si è imparato a guardare all’altro con i suoi occhi … se, come scrive San Benedetto, nulla anteponiamo all’amore di Cristo (cfr RB 4, 21), immediatamente si farà chiaro innanzi a noi il volto dell’uomo con cui tutto condividere nell’amore.
Benedetta quell’ora in cui Cristo ci chiede: se mi scegli fin dove si spinge la tua scelta?
P. Fabrizio Cristarella Orestano
Fonte:http://www.monasterodiruviano.it/
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