Madre Maria Francesca Righi"L'inizio dell'Avvento ci parla del mistero del tempo e della storia"

L'inizio dell'Avvento ci parla del mistero del tempo e della storia
Domenica 1° dicembre - I DOMENICA DI AVVENTO. «Vegliate, per essere pronti al suo arrivo».

28/11/2019 di Madre Maria Francesca Righi Badessa del monastero cistercense di Valserena, a Guardistallo (Pisa)

Con la festa di Cristo Re, domenica scorsa, ha concluso i suoi commenti alle letture domenicali padre Samuele Duranti, che ci ha aiutato ad avere uno sguardo francescano sulla Parola di Dio. Con il Tempo di Avvento, che apre il nuovo anno liturgico, questo servizio per i nostri lettori è affidato a madre Maria Francesca Righi, eletta lo scorso settembre Badessa del monastero cistercense di Valserena, a Guardistallo (Pisa).

Iniziamo un nuovo anno liturgico, e la parola di Dio ci pone fin da questa prima domenica, non nella Genesi ma nell’Apocalisse, non all’inizio, ma alla fine della storia. Qual è il messaggio contenuto in queste tre letture? Il dispiegarsi del mistero del tempo e della storia, che parte da una promessa iniziale e giunge a un compimento e al cui centro c’è un’Ora, l’ora della decisione personale, l’ora della libertà, il passaggio dalle tenebre alla luce, la decisione di camminare nella luce, di rivestirsi di Cristo.

La prima lettura ricorda la promessa di felicità che la Parola di Dio pone all’inizio di ogni vita umana («La fede è memora del futuro»! Lumen Fidei), una promessa che è universale, che rende la vita non il monotono ripetersi di ritmi e stagioni, ma una storia di libertà verso un monte sul quale poggia il tempio. Tempio e monte sono due luoghi fondamentali della religiosità ebraica, il tempio da cui sale a Dio la preghiera, il monte su cui Dio scende incontro al suo popolo. Che a questo monte e a questo tempio salgano tutte le genti è la novità della visione escatologica. Il monte da una parte è centro di attrazione del movimento di tutti i popoli, dall’altra è il punto da cui scende verso tutti i popoli la Parola di Dio, nella forma della sua Legge, della Torah, della alleanza con Israele che diventa alleanza con tutti i popoli, del suo giudizio, della giustizia che opera, della pace che ne è il frutto. Il risultato, frutto di questo doppio movimento di attrazione e di missione è la pace del mondo, il trasformare le armi in strumenti di lavoro, e dunque rendere il mondo un luogo di operosità e di pace.

In questa visione poetica Sion riscatta la confusione di Babele, il monte artificiale che gli uomini costruiscono per arrivare al cielo, luogo di confusione delle lingue, disordine e dispersione, di fallimento dello sforzo e del lavoro, inizio di conflitti e incomprensione; contro la superbia umana il dono di Dio. Come se Dio dicesse: ciò che volevi costruire con le tue mani contro Dio e contro gli altri te lo dono, di più, te ne do l’intelligenza, ti consegno nella legge il modo di camminarvi e di costruire, e ciò che volevi ergere contro Dio diventa l’offerta dell’alleanza per tutti i popoli attraverso te. All’estremità dello sguardo del profeta - poeta un monte ben grande e alto e stabile tra colline e alti monti: il tempio collocato sulla cima è il punto di raccordo tra il cielo e la terra: ciò che Babele non ha potuto fare lo compie la presenza di Dio.

Alla prima lettura risponde il canto del salmo, come il coro dei pellegrini che salgono al monte e dicono la loro preghiera: «Gerusalemme città della mia gioia!»

Se adesso passiamo da questo monte al Vangelo possiamo con il salmista esser poeti e vediamo allora che sulla cima del monte c’è non più il tempio, il punto di raccordo tra cielo  e terra, ma Gesù che è il nuovo tempio e che seduto sul monte offre il suo ultimo discorso di insegnamento agli apostoli prima di andare alla croce. È Lui allora il punto di raccordo tra il cielo e la terra, è lui il giudice tra le genti, l’arbitro tra molti popoli, è la Parola che dona il suo insegnamento Nuovo, la Legge. E non è qui una parola pacifica, infatti si rivolge ai discepoli che devono stare nel tempo storico, è una parola di discernimento, di sveglia, di risveglio, di risurrezione, si ma di vigilanza e di combattimento cristiano. La visione finale infatti si manifesta già oggi come giudizio nel concreto. Cosa dice il Vangelo infatti? La presenza del  Signore è sullo sfondo, come pure i suoi angeli che chiamano gli  eletti dai quattro punti cardinali; l’obiettivo è fissato più che sulla fine sul momento presente, sugli effetti della venuta del Figlio dell’Uomo. Egli arbitro tra le genti compirà una scelta tra due persone apparentemente uguali, intente alla medesima opera. In base a quale criterio? In base alla posizione del cuore. La parola di Dio, dice la lettera agli Ebrei, è viva ed efficace, scende fino al punto di divisione dell’anima e dello  spirito... Qui opera un discernimento. Il vangelo ci dice: Fate attenzione! A cosa? Al presente! A sintonizzarci con la Parola di Dio e con la sua Presenza, a dare al nostro cuore la forma che la Parola suggerisce. Ci dice anche che Egli verrà, e che nel quotidiano non ci sarà tempo di prepararsi, non vi sarà preavviso, perché tutto il tempo della vita è donato per prepararsi all’incontro.

La prima lettura rilegge l’episodio di Babele, il vangelo rilegge l’episodio del diluvio. Oggi come allora possiamo scegliere di non accorgerci di nulla, di non prepararci a nulla, possiamo scegliere il sonno, stretto parente della morte. Gli uomini sui quali cade il diluvio non compivano opere empie: mangiavano bevevano, si sposavano…La normalità della vita.. Ma nella seconda lettura questa normalità è esagerata e deformata e prende la forma del vizio: banchetti, gozzoviglie, unioni illegittime, lussuria. Fra la prima lettura (la promessa iniziale) e il vangelo (l’annuncio della venuta finale) la seconda lettura ci dice come camminare consapevoli del  momento presente. Se non conosciamo il tempo della venuta definitiva siamo però consapevoli del momento presente: quale alternativa ci viene offerta alle gozzoviglie e ubriachezze? Una laboriosità silenziosa e fattiva, una vita onorevole e degna, nella regolarità quotidiana.… Rivestirsi di Cristo significa rivestire, dare al nostro cuore, nella quotidianità del suo lavoro, la forma Christi, la bellezza e bontà del Figlio dell’Uomo così che alla fine possa riconoscerci tra i suoi.

Badessa del monastero cistercense di Valserena, a Guardistallo (Pisa)

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