Già lo sapevo di Alberto Maggi

GIÀ LO SAPEVO!
Quale atteggiamento deve avere la comunità dei credenti di fronte ai nuovi problemi e alle nuove
tematiche che la vita continuamente presenta? La tentazione, sempre ricorrente, è quella di guardare al
passato, e in questi casi da che mondo è mondo è la frase magica usata per rifarsi alla tradizione e
difendere modelli di vita consuetudinari, cercando di farli risalire all’origine dell’uomo. Con questo
atteggiamento si ignora il cammino evolutivo dell’umanità, che è giunta sino a oggi proprio perché non
ripete schemi del passato, ma sempre ne crea di nuovi. È un dato di fatto che nell’evoluzione della specie
non sopravvive il più forte, ma solo chi è capace di cambiare e adattarsi alle nuove condizioni ambientali.
Per percepire l’azione di Dio pertanto non bisogna guardare indietro né rifarsi al passato, a quel che si sa,
ma occorre essere disposti ad aprirsi al nuovo, a quel che viene e verrà: Ora ti faccio udire cose nuove e
segrete, che tu nemmeno sospetti. Ora sono create e non da tempo; prima di oggi tu non le avevi udite,
perché tu non dicessi: Già lo sapevo (Is 48,6-7).
Già lo sapevo!…. Chi si rifà al passato nega la continua azione creatrice del Signore. Potrà rifarsi alla
teologia della riesumazione, rispolverando dottrine, formule e paramenti di un passato ormai morto e
imbalsamato, ma non all’azione del Salvatore. La comunità cristiana non si fonda quindi sul sapere, la
conoscenza del Dio dei padri, ma sull’apprendere, nell’ascolto di un Dio sempre presente: Ecco, io sono
con voi tutti i giorni! (Mt 28,20).
È pertanto il rinnovamento il motore che anima la comunità dei credenti. Non si deve guardare al passato,
ma al presente, non al vecchio, ma al nuovo. È il cuore dei padri (il passato) che deve volgersi verso i figli
(il nuovo), e non il contrario (Lc 1,17; Ml 3,23). Non a caso le prime parole di Gesù non sono un invito
alla conservazione, ma al cambiamento: Convertitevi e credete al vangelo (Mc 1,15).
Se non è al passato che si deve guardare, ma al presente, quali sono i criteri per una risposta adeguata ai
nuovi bisogni dell’umanità? La comunità cristiana ha una grande certezza: la promessa di Gesù che lo
Spirito l’avrebbe sempre guidata a tutta la verità e, soprattutto, che lo Spirito avrebbe sempre annunciato
le cose future (Gv 16,13).
Lo Spirito, il dinamismo d'amore che procede dal Padre, darà alla comunità la capacità di avere sempre
nuove risposte ai nuovi bisogni emergenti. La comunità non dovrà guardare alla dottrina, ma alla vita, non
alla Legge ma al bene dell'uomo. E la stessa parola del Signore dovrà essere animata dal suo Spirito,
altrimenti, come insegna Paolo, anziché essere portatrice di vita, la lettera può uccidere (La lettera uccide,
lo Spirito dà vita, 2 Cor 3,6).
Il criterio pertanto che guida la comunità dei credenti è il bene dell'uomo come unico valore assoluto. Se
al bene dell'uomo si sovrappone una dottrina, un dogma, una verità, prima o poi, inevitabilmente, in nome
della dottrina si causerà sofferenza all'uomo.
È quel che comprese anche Paolo, il fariseo, l’insuperabile osservante della Legge (Fil 3,5), il quale, dopo
un’iniziale feroce resistenza e offensiva contro la blasfema novità che gli faceva crollare tutto il suo
mondo religioso, comprenderà e accoglierà la novità del Cristo, e farà di questa il filo conduttore del suo
messaggio Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di
nuove (2 Cor 5,17).
Le vecchie cose sono i criteri, i pensieri, le dottrine che regolavano il mondo. Ormai questi sono morti, e
sono stati sostituiti dalle cose nuove, da modelli di pensiero e di vita che hanno quale punto dinamico di
partenza il Cristo, il Dio che in Gesù è diventato uomo: l’umanità del Cristo è la stella polare che deve
orientare l’esistenza del credente, conducendolo verso la creazione di un mondo progressivamente sempre
più umano, dove la dignità, la libertà, la diversità di ogni creatura siano sacre e inviolabili.
Alberto Maggi

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