Comunità Marango "Risurrezione: perfezione d'amore in Dio e per i fratelli"

Risurrezione: perfezione d'amore in Dio e per i fratelli
 
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La resurrezione non è la semplice ripresa di questa vita e la Parola di Dio è il «seme incorruttibile» (1Pt 1,23) che mostra e realizza la resurrezione. Con questo insegnamento Gesù prima risponde a chi nega la risurrezione, e poi ne rilancia la fede.
 
Non sarà una legge a far continuare la vita dopo la morte, ma la partecipazione alla morte di Cristo (il Battesimo). La legge prescriveva di sposare al fratello del morto la donna rimasta vedova senza figli, perché il primo marito continuasse a vivere nella discendenza procurata dal fratello: il primogenito maschio avrebbe portato il nome del morto. I sadducei presentano a Gesù il paradosso di sette fratelli che sposano la stessa donna uno dopo l'altro e muoiono senza lasciare figli. Vite che non lasciano un segno e sono determinate dalla morte. Perché è solo in Dio che si può vedere oltre di essa.
Il paradosso diventa poi provocazione: «Alla resurrezione, di chi sarà moglie? Perché tutti e sette l'hanno avuta in moglie». Ma la resurrezione non è una continuazione migliorata della condizione terrena. È una novità totale. Come i rapporti che una persona intrattiene sono molto diversi da quando è piccola rispetto a quando è adulta, pur essendo la stessa persona a viverli, così saranno i rapporti nella resurrezione, rispetto a questa vita. Sarà la comunione piena e perenne con Dio a rendere totalmente diverse le condizioni di vita della risurrezione.
L'umanità di ogni persona sarà resa perfettamente bella, per potersi dare ad una comunione d'amore in tutte le relazioni con le altre persone. L'essere maschio e l'essere femmina già in questa vita non si esauriscono nel matrimonio e nella procreazione. Ma sono finalizzati ad una solidarietà e ad una cura che, a partire dai rapporti più caratterizzanti che la vita ci dona, si allargano e fecondano. Solo nella risurrezione raggiungeremo il perfetto compimento e la piena dinamicità. Saremo «uguali agli angeli»: immortali, perché perfetti nell'amore, in Dio e per i fratelli.
 
Non si tratta di una pia illusione o di una fuga dalla paura e dal dramma della morte. È il Battesimo in atto: partecipiamo alla morte di Cristo. E di questo siamo sicuri: non perché ci hanno versato un po' d'acqua sulla testa, ma perché è certa la nostra condizione di mortali, alla quale ha fatto piena comunione e solidarietà la condizione del Figlio di Dio. Uniti così alla sua morte, abbiamo davanti la prospettiva della risurrezione. Perché è questo che è avvenuto in Cristo: è morto sì, ma poi è risorto, «perché non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere» (At 2,24). Ed è con la partecipazione alla resurrezione di Cristo che i battezzati hanno comunione al mistero di essere figli di Dio: «Non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio».
 
Nella seconda parte della sua risposta, Gesù cita la rivelazione di Dio a Mosé: egli è il Dio dei patriarchi. L'identità più profonda e caratterizzante di Dio è l'amore fedele. Non può aver abbandonato Abramo e gli altri con la loro morte. La fedeltà dell'uomo è limitata, se non altro dalla morte. Quella di Dio no. Ma se vive la sua fedeltà vive anche chi è oggetto di essa. Abramo, Isacco e Giacobbe non possono essere finiti per sempre. Se vive la fedeltà di Dio, vivono anche loro, in Dio e per Dio.
Ma anche il loro amore vive: loro che hanno seguito Dio fino alla morte. Se i patriarchi sono vissuti per Dio durante la loro vita, certamente vivranno per Lui anche dopo la loro morte: «Tutti vivono per lui». Hanno vissuto per la Parola e della Parola. Essa è come un seme che non può morire seminato nella loro vita e nella loro morte. Da quel seme riprenderanno vita. Perché è la Parola la garanzia della risurrezione in Cristo: è la stessa Parola che ascoltiamo aprendo la Scrittura.
 
Se uno mi domanda come faccio a credere nella risurrezione, racconto di come l'ho sentita "necessaria" davanti alla morte prematura dei miei cari. Per me è risultato subito assolutamente impossibile che tutto finisse con la morte: altrimenti non era la morte, ma la vita ad non avere alcun senso. Perché l'amore non può finire, né ridursi ad uno spirito. Perciò noi crediamo alla resurrezione della nostra umanità.
E poi mi faccio prendere dalla Parola. C'è dentro tutta la vita di Dio per l'uomo: una fedeltà che la morte non può vincere. È una Parola d'amore: al suono di quella Parola, che chiama ciascuno a nuova e piena vita, tutti risorgeremo.
 
Alberto Vianello

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