Lectio Divina di monsignor Francesco Follo per la liturgia della Natività del Signore

Natale: La festa di "Tre Nascite"

Di Mons. Francesco Follo
PARIGI, 23 Dicembre 2013 (Zenit.org) - Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per il Natale del Signore.
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LECTIO DIVINA
Natale: La festa di “Tre Nascite”: nel cuore del Padre, eternamente, dal seno della Madre e nel cuore dei pastori, temporalmente
Messa della Notte: Is 9,2-4. 6-7; Tito 2,11-14; Lc 2,1-14.
Messa dell’Aurora: Is 62,11-12; Tito 3,4-7; Lc 2,15-20.
Messa del Giorno: Is 52,7-10; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18
            1) La Messa della Notte: la festa del Cielo.
            Nella notte del mondo, che l’Avvento ha rischiarato nell’operosa attesa della pienezza dei tempi, Gesù Figlio di Dio viene sulla Terra e dà luce agli
occhi della mente e del cuore. La Parola si fa carne che ora non solo è udibile, ma è anche visibile. Il Verbo di Dio, che nasce nel mondo, è incontrabile. Siamo chiamati a crescere nella fede che Dio si è fatto uomo. Siamo chiamati a vederLo fatto uomo in una grotta e a vederLo in un bambino che non sa difendere nemmeno se stesso. Siamo invitati a celebrare questa manifestazione dell’Amore di Dio, che oggi si fa carne mediante il sì del nostro cuore.
            Il Natale è così carico di mistero che la Liturgia ci propone tre Messe[1] per celebrarlo facendoci vivere santamente tre momenti dello stupore e di gioia della Chiesa per la nascita del Salvatore.
            Il primo momento è la Messa della Notte, che inizia con il canto d’introito: “Il Signore mi ha detto: “Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato” (Sal 2,7).
            E’ il momento del Padre, la cui volontà buona e amorosa “usa” il cielo e la terra, e la volontà degli uomini, per far nascere a Betlemme (che vuol dire: Città del Pane) il Pane degli Angeli e donarlo come cibo di vita vera agli uomini.
            E’ il momento della madre benedetta, Maria, che, nel primo incontro con il Figlio, lo avvolge in poveri panni e ne ha cura con umili gesti. Il suo lavoro di madre è un atto di culto al Creatore, che si è incarnato e deve essere lavato e vestito, come ogni neonato. L’ambiente squallido della grotta non rattrista Maria. Il Padre si incarica di organizzare la festa per la nascita nel tempo di Suo Figlio e manda una schiera di Angeli festosi che cantano: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini, che [tutti] sono amati da Dio”.
            E’ un fatto piccolo, minuscolo che nessun testo storico dell’epoca, nessuna cronaca registra. Eppure è il fatto che ha cambiato il mondo. E’ davvero così: Dio è diventato re di questa terra facendosi bambino e il Padre che è nel cielo, attraverso gli angeli, invita gli uomini a far festa, perché “è nato il Signore”. E qual è il segno di questo fatto “eccezionale”? Un bambino fasciato e adagiato nella mangiatoia. Nulla di speciale. Un bambino che come tutti i bambini in fasce non può muoversi e che se ne sta lì come incatenato nelle bende in cui è stato avvolto. Grazie a Dio, i pastori credettero alla parola degli Angeli.
              2) La Messa dell’Aurora: la Festa della Terra.
            Infatti, quando gli Angeli, risalendo al cielo, si furono allontanati, i pastori presero a dire: “Andiamo fino a Betlemme a vedere cosa è accaduto e che il Signore ci ha fatto sapere. Andarono in fretta e trovarono che quello che era stato detto loro dagli angeli era vero” (cfr Lc 2, 15-20). I pastori andarono, videro questo segno indicato dal Cielo e credettero. Credettero perché seppero passare dallo straordinario degli Angeli che cantavano in cielo all’ordinario umile di una grotta. Questi poveri uomini furono capaci di fare come il Signore fattosi bambino. Come il Dio che è nell’alto del cieli aveva percorso la stessa strada dell’umiltà così anche loro la percorsero. In effetti, per trovare Dio occorre fare come Lui: “scendere” verso i fratelli poveri, sofferenti, assetati, nudi, malati e prigionieri: là, con l’incarnazione, è il suo posto ora. Con tutti questi lui si identificò e continua ad identificarsi. Questa è la gioia grande che oggi ci è annunciata: Dio ci ha inviato il Salvatore. E se, da una parte, tutti noi siamo poveri di vita e incatenati alla necessità di essere salvati, d’altra parte, in questo Natale – ma non solo oggi- siamo inviati ai poveri e agli incatenati, poiché siamo partecipi di questa Salvezza, gioia da condividere.
            La festa del cielo, dove gli angeli cantano la gloria di Dio e la pace per gli uomini sulla terra comincia ad essere una festa della terra, dove dei poveri pastori hanno la grazia di vedere il Bambino divino e la sua Madre, piena di soavità. I pastori sono i primi testimoni esterni e i primi fortunati partecipi a questa festa della salvezza donata dal Dio, ricco di misericordia. Su loro, e grazie anche a loro su di noi, oggi splende la luce,
perché è nato per noi il Signore;
Dio onnipotente è il suo nome,
Principe della pace, Padre dell'eternità:
il suo regno non avrà fine (cfr Antifona di introito della Messa dell’Aurora).
            La seconda Messa di Natale, chiamata dell’Aurora, celebra la prima manifestazione del Verbo all’umanità rappresentata dai pastori che si misero ad adorare la Parola “abbreviata”[2] in un bambino in fasce. I pastori accettarono Gesù Bambino come “unico cuore del loro cuore” (San Pio da Pietrelcina) e ne furono confortati e corroborati: ebbero la gioia piena. E appena scorsero, nella poca luce della Stalla, una Donna giovane e bella, che contemplava in silenzio il figli, e videro il bambino cogli occhi da poco aperti alla luce del mondo, quel corpicino delicato, quella bocca che non aveva ancor mangiato, il loro cuore s’intenerì e la mente si aprì e credettero. Lieti che oggi si sono aperti i cieli e l’uomo non è più vagabondo sulle vie del mondo: ha trovato la via della verità e della vita vera.
            Per loro si avverò la frase del Prologo di San Giovanni: “a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome...” (Gv 1, 12). San Gregorio di Nazianzo così commenta questo evento grande del Natale in cui il Verbo assume la carne dell’uomo: “L'uomo assume ora la sua vera dimensione, perché egli non è veramente uomo se non in Dio. E c'è forse una presenza in Dio più forte della filiazione divina? Proprio ora, il Re in esilio rimette piede sulla terra, preparata per lui e, nello stesso tempo, l'uomo ritrova il suo “posto”, la sua vera casa, la sua vera terra: Dio.
              3) la Messa del Giorno: la Festa della luce.
            Il terzo momento che la Chiesa celebra nella terza Messa, chiamata Messa del Giorno, è la nascita eterna del Figlio di Dio nel seno del Padre suo. A mezzanotte, la liturgia ci fa celebrare il Dio-Uomo che nasce dal seno della Vergine in una stalla. All’aurora, facciamo memoria del divino Bambino che nasce nel cuore dei pastori, cioè noi poveri esseri umani. In questa terza Celebrazione la Chiesa celebra una nascita molto più meravigliosa delle altre due, una nascita la cui luce abbaglia gli sguardi degli Angeli, e che è essa stessa la testimonianza eterna della sublime fecondità del nostro Dio. Il Figlio di Maria è anche il Figlio di Dio; il nostro dovere è proclamare oggi la gloria di questa indescrivibile generazione di Dio da Dio, di Luce da Luce.
            Se nella Messa della Notte abbiamo ringraziato insieme con il Padre la Madonna e se nella Messa dell’Aurora siamo stati invita a imitare i  pastori, in questa Messa del Giorno celebriamo Cristo che è la Luce: egli illuminò il cosmo nella creazione; egli plasmò l’uomo nella più sublime luce dell’intelletto e nell’immagine di Dio, affinché l’uomo diventi tutto luce, divinizzandosi con la fede e con le opere gradite a Dio e raggiunga il giorno eterno, che non conosce notte.
            San Gerolamo diceva che per il santo anche il sonno è preghiera. San Gregorio di Nazianzo (si veda la lettura patristica proposta alla fine di queste riflessioni) vuole che il suo sonno sia breve, per non mancare troppo a lungo di far eco al coro perenne degli angeli inneggianti a Dio; anzi, vuole che anche quando il suo corpo dorme, la sua anima vegli a conversare con il Padre e con il Figlio e con il Santo Spirito: con Dio.
            A questa preghiera vigilante si dedicano in modo particolare le Vergini consacrate. Queste persone predilette hanno risposto prontamente al Signore che a ciascuna ha amorevolmente detto: «Ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell'amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore». La sposa che “conosce”, ama e si sente amata non solamente è vigilante e trepidante quando è in attesa dello sposo, come le vergini sagge del noto brano evangelico. Con la lampada ardente dell'amore e un buon rifornimento di olio, che significa la perseveranza, la vigilanza e la prontezza nell'ascolto, la Vergine consacrata veglia ogni giorno con Cristo e porta la luce di Cristo al mondo e a tutti ricorda il significato del mistero odierno: “La luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1,9) è venuta. Tutti dunque, fratelli, siamone illuminati, tutti brilliamo. Nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio.” (San Sofronio, vescovo: Discorso 3, sull’«Hypapante» 6,7; PG 87, 3,3291-3293).
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NOTE
[1] Il Sacramentario gelasiano e quello gregoriano fanno menzione delle tre Messe di Natale. Ma all'inizio del V secolo, non vi era che una sola Messa, quella del giorno, che si celebrava a San Pietro, in effetti l’istituzione della Messa di mezzanotte data dalla fine del V secolo. Per spiegare il perché delle 3 Messe, Dom Prosper Guérenger, OSB, scriveva che esse “servivano” per celebrare 3 Nascite:“Perché tre Nascite? Egli nasce, questa notte, dalla Vergine benedetta; nascerà, con la sua grazia, nei cuori dei pastori che sono le primizie di tutta la cristianità; nascerà eternamente dal seno del Padre suo, nello splendore dei Santi: questa triplice nascita deve essere onorata con un triplice omaggio”.
[2] “Dio ha reso breve la sua Parola, l'ha abbreviata” (Is 10,23; Rom 9,28). E nel Natale del 2006 Benedetto XVI così commentava questa citazione biblica: “I Padri lo interpretavano in un duplice senso. Il Figlio stesso è la Parola, il Logos; la Parola eterna si è fatta piccola – così piccola da entrare in una mangiatoia. Si è fatta bambino, affinché la Parola diventi per noi afferrabile. Così Dio ci insegna ad amare i piccoli”.

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