Mario Piatti" Natale di Cristo"
Mario Piatti
Alle sorgenti della vera gioia
Di Mario Piatti, I.C.M.S.
ROMA, 24 Dicembre 2013 (Zenit.org) - Nel quadro della Rivelazione e del paziente e incessante dialogo, intessuto da Dio con l’Uomo, spesso i passi compiuti dal Cielo sorprendono o disorientano le nostre attese. Ci aspetteremmo, infatti, che la Giustizia divina colpisca subito e duramente i colpevoli di qualche misfatto; che la onnipotenza dell’Altissimo confonda finalmente i malvagi, annullando le loro perverse macchinazioni e favorisca, al
contrario, i progetti di Bene, destinati frequentemente a fallire o a trovare comunque opposizioni e resistenze di ogni genere.
Ma, di solito, nulla di tutto questo accade (o, almeno, non con quella tempestività che invochiamo): tutto sembra proseguire il suo ineluttabile corso, lasciandoci delusi e amareggiati, quasi che il Signore si impegni a contrastare le nostre aspettative o si fosse addirittura dimenticato di noi; sembra addirittura, a volte, che faccia di tutto per soffocare facili entusiasmi o per dissuadere i suoiincauti discepoli dal seguirlo “più da vicino”.
Evidentemente -ce lo confermano con la loro vita e con la loro fede i Santi- le cose non stanno affatto così: il progetto di Dio ha una prospettiva e un respiro ben più ampi dei nostri e non segue le anguste e istintive indicazioni che suggeriremmo noi. Altre vie si prefigge il Cielo, proponendoci la pazienza, l’umiltà, la mansuetudine, la mitezza. Il sacrificio, gradito a Dio, è sempre quello di un cuore contrito e penitente: Dio vuole che tutti giungano alla Salvezza, che la luce della Verità illumini lo spirito di ogni uomo. Fino all’ultimo respiro, il Signore si industrierà e si ingegnerà per inventare vie nuove di Bene, per affascinare il cuore di ogni suo figlio con la luce della Verità e per ricondurlo verso la nostra vera patria: il Cielo.
Il Natale di Cristo ci insegna, una volta di più, a sperare. È vero: il mondo è sempre posto come sull’orlo di un baratro, oscuro e senza fondo. La crisi economica ci angoscia e siamo preoccupati per il nostro presente e per il futuro dei nostri figli; abbiamo coscienza degli enormi problemi che gravano sul pianeta. Ma Dio è venuto proprio per questo, per raggiungere i bassifondi dello spirito umano e risanarli; per risollevarci dal male, dalle nostre paure e dalle nostre ripetute cadute e ricondurci per mano alla pienezza della Verità e del Bene.
Oggi vi annuncio una grande gioia -proclamano gli Angeli a Betlemme-. Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi!... il Signore è vicino! -afferma San Paolo (Fil. 4,1 ss)-. Il Regno di Dio è già in mezzo a noi. Dentro il labirinto, spesso indecifrabile, delle vicende umane, una realtà nuova ha trovato dimora, un germoglio tenerissimo, di cui appena percepiamo la fragranza, ma che -come il granello di senapa della parabola- cresce, estende i suoi rami, offre rifugio e riparo a ogni uomo di buona volontà.
Nella Notte Santa del Natale di Cristo il soffuso chiarore di una Vita -che non si lascia mai imprigionare dalla miseria dell’uomo- si è irradiato nel buio delle coscienze, per divenire amore, infinita dolcezza di Cielo, promessa di beatitudine. Una luce brilla, nella oscurità più profonda, quale lume di speranza e di pace. Il Cuore di un Bambino è il segno -tangibile e santo- della onnipotenza di Dio. Jahvé, l’eterno, il dominatore dei secoli, il terribile sovrano, il cui nome desta riverenza e timore sulla terra e nei cieli, si riveste della fragilità umana e si affida al cuore di una Famiglia.
Ai nostri giorni, è diventato sempre più difficile sorridere nelle contrarietà e nelle prove quotidiane, sopportare con ironia i propri limiti e accogliere benevolmente il prossimo, con la sua originalità e con i suoi difetti. Sorridere alla vita è un’arte semplicissima, ma difficile da apprendere, perché non si può improvvisare. Il mondo non sa più sorridere: e come potrebbe, allontanandosi sempre più dalla sorgente stessa della gioia vera? Come può sorridere una società malata, che distrugge ogni valore, che uccide i suoi figli, che non sa più educare, che calpesta i più deboli e che capovolge -addirittura nelle sue legislazioni- la Legge posta da Dio a regolare armoniosamente le relazioni umane?
La radice della vera letizia non è che “le cose vadano bene” o che finalmente la “dea Fortuna” ci arrida: la sorgente della gioia è la Grazia, che fiorisce nel cuore e rende lieto lo spirito.
Sorridere alla vita, scorgendo in essa le tracce di un amore infinito che la pervade, che segna giorni, ore, momenti di felice attesa, restituisce alla nostra anima il profumo delle cose buone, semplici, quotidiane.
Maria Santissima rende famigliare la Fede, le restituisce la sua originaria fragranza, la colma di una grazia amabile, gradita. Il suo sorriso di Cielo, nella Notte beata di Betlemme, insieme al silenzioso e ardente vigilare del suo Sposo Giuseppe, è il segno più bello della vera gioia messianica, per la presenza di Dio. Nel loro Cuore e nella nostra vita.
(Tratto da “Maria di Fatima”, mensile della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria)
contrario, i progetti di Bene, destinati frequentemente a fallire o a trovare comunque opposizioni e resistenze di ogni genere.
Ma, di solito, nulla di tutto questo accade (o, almeno, non con quella tempestività che invochiamo): tutto sembra proseguire il suo ineluttabile corso, lasciandoci delusi e amareggiati, quasi che il Signore si impegni a contrastare le nostre aspettative o si fosse addirittura dimenticato di noi; sembra addirittura, a volte, che faccia di tutto per soffocare facili entusiasmi o per dissuadere i suoiincauti discepoli dal seguirlo “più da vicino”.
Evidentemente -ce lo confermano con la loro vita e con la loro fede i Santi- le cose non stanno affatto così: il progetto di Dio ha una prospettiva e un respiro ben più ampi dei nostri e non segue le anguste e istintive indicazioni che suggeriremmo noi. Altre vie si prefigge il Cielo, proponendoci la pazienza, l’umiltà, la mansuetudine, la mitezza. Il sacrificio, gradito a Dio, è sempre quello di un cuore contrito e penitente: Dio vuole che tutti giungano alla Salvezza, che la luce della Verità illumini lo spirito di ogni uomo. Fino all’ultimo respiro, il Signore si industrierà e si ingegnerà per inventare vie nuove di Bene, per affascinare il cuore di ogni suo figlio con la luce della Verità e per ricondurlo verso la nostra vera patria: il Cielo.
Il Natale di Cristo ci insegna, una volta di più, a sperare. È vero: il mondo è sempre posto come sull’orlo di un baratro, oscuro e senza fondo. La crisi economica ci angoscia e siamo preoccupati per il nostro presente e per il futuro dei nostri figli; abbiamo coscienza degli enormi problemi che gravano sul pianeta. Ma Dio è venuto proprio per questo, per raggiungere i bassifondi dello spirito umano e risanarli; per risollevarci dal male, dalle nostre paure e dalle nostre ripetute cadute e ricondurci per mano alla pienezza della Verità e del Bene.
Oggi vi annuncio una grande gioia -proclamano gli Angeli a Betlemme-. Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi!... il Signore è vicino! -afferma San Paolo (Fil. 4,1 ss)-. Il Regno di Dio è già in mezzo a noi. Dentro il labirinto, spesso indecifrabile, delle vicende umane, una realtà nuova ha trovato dimora, un germoglio tenerissimo, di cui appena percepiamo la fragranza, ma che -come il granello di senapa della parabola- cresce, estende i suoi rami, offre rifugio e riparo a ogni uomo di buona volontà.
Nella Notte Santa del Natale di Cristo il soffuso chiarore di una Vita -che non si lascia mai imprigionare dalla miseria dell’uomo- si è irradiato nel buio delle coscienze, per divenire amore, infinita dolcezza di Cielo, promessa di beatitudine. Una luce brilla, nella oscurità più profonda, quale lume di speranza e di pace. Il Cuore di un Bambino è il segno -tangibile e santo- della onnipotenza di Dio. Jahvé, l’eterno, il dominatore dei secoli, il terribile sovrano, il cui nome desta riverenza e timore sulla terra e nei cieli, si riveste della fragilità umana e si affida al cuore di una Famiglia.
Ai nostri giorni, è diventato sempre più difficile sorridere nelle contrarietà e nelle prove quotidiane, sopportare con ironia i propri limiti e accogliere benevolmente il prossimo, con la sua originalità e con i suoi difetti. Sorridere alla vita è un’arte semplicissima, ma difficile da apprendere, perché non si può improvvisare. Il mondo non sa più sorridere: e come potrebbe, allontanandosi sempre più dalla sorgente stessa della gioia vera? Come può sorridere una società malata, che distrugge ogni valore, che uccide i suoi figli, che non sa più educare, che calpesta i più deboli e che capovolge -addirittura nelle sue legislazioni- la Legge posta da Dio a regolare armoniosamente le relazioni umane?
La radice della vera letizia non è che “le cose vadano bene” o che finalmente la “dea Fortuna” ci arrida: la sorgente della gioia è la Grazia, che fiorisce nel cuore e rende lieto lo spirito.
Sorridere alla vita, scorgendo in essa le tracce di un amore infinito che la pervade, che segna giorni, ore, momenti di felice attesa, restituisce alla nostra anima il profumo delle cose buone, semplici, quotidiane.
Maria Santissima rende famigliare la Fede, le restituisce la sua originaria fragranza, la colma di una grazia amabile, gradita. Il suo sorriso di Cielo, nella Notte beata di Betlemme, insieme al silenzioso e ardente vigilare del suo Sposo Giuseppe, è il segno più bello della vera gioia messianica, per la presenza di Dio. Nel loro Cuore e nella nostra vita.
(Tratto da “Maria di Fatima”, mensile della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria)
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