mons. Roberto Brunelli"In fervida attesa del giorno senza tramonto"

mons. Roberto Brunelli
In fervida attesa del giorno senza tramonto

E' la prima domenica di Avvento; comincia un nuovo anno liturgico; si riprende a considerare la storia del mondo, dall'inizio al suo termine (che non sappiamo ?quando' sarà ma sappiamo, sostanzialmente, ?come' sarà). Dall'inizio alla fine: perché, mentre gli antichi concepivano il tempo come ciclico (tutto prima o poi ritorna), la visione ebraico-cristiana, seguita ora in tutto il mondo, concepisce il tempo come lineare, con un suo inizio, uno svolgimento e una conclusione. Nell'ottica della Bibbia, all'inizio si colloca la creazione del mondo, seguita dall'attesa del Messia, dalla sua venuta, dalla successiva fase (quella in cui al presente noi siamo immersi), e dalla conclusione, quando la successione dei giorni e degli anni avrà termine, sfociando nell'eterno presente di Dio e degli uomini che sono con Lui.
Avvento significa ?venuta', sottintendendo ?di Dio': si ricorda la prima, quella di duemila anni fa nella persona del suo Figlio (di qui la celebrazione del Natale), per imparare come attendere la seconda, quella che ci vedrà passare dal tempo all'eternità. In genere i cristiani hanno chiaro il senso del Natale: tutti lo celebrano, pur se spesso in forme improprie; molto meno però sono consapevoli della seconda venuta. Sarebbe opportuno invece prendere coscienza di quest'altra componente dell'Avvento, che è appunto l'attesa delle realtà ultime della fede. L'attendere oggi è percepito come qualcosa di negativo, un tempo sprecato; non è questo però il senso della parola: ?ad-tendere', tendere a, esprime tensione positiva e attiva verso qualcosa o qualcuno. Questa dovrebbe essere per i cristiani l'attesa dell'incontro con Dio, per restare poi sempre con Lui; un'attesa operosa e fervida del giorno senza tramonto, in cui si potranno beare per sempre nella contemplazione del volto del Signore.
Di questa attesa in verità si vedono poche tracce, tanto da far dire a Ignazio Silone, autodefinitosi "cristiano senza chiesa", di non essere interessato a cristiani "che attendono il ritorno del Signore con lo stesso entusiasmo con cui si aspetta l'autobus". Di qui l'auspicio che l'Avvento 2013, anche per le salutari recenti scosse di papa Francesco, porti quanti pur si dicono cristiani a riscoprire il senso profondo della fede. Aiutano allo scopo le letture di oggi, a cominciare dalla prima (Isaia 2,1-5) dove risuona l'invito ai popoli ad avvicinarsi a Dio "perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri", mentre nella seconda (Romani 13,11-14) l'apostolo Paolo esorta: "Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce".
Il vangelo poi (Matteo 24,37-44) parla esplicitamente del ritorno del Signore, inteso come il momento in cui ciascuno vedrà terminare la propria vita terrena e si presenterà davanti a Lui. Gesù raccomanda di tenersi pronti, perché nessuno può sapere quando questo accadrà: "Due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà". Vegliare, cioè svegliarsi dal sonno e mantenersi desti, impegnati nel fare il bene: è l'atteggiamento suggerito per attendere il ?giorno del Signore', con le disposizioni interiori di chi spera si compia una promessa. Uno dei prefazi propri di questo tempo dice: "Cristo nostro Signore, al suo primo avvento nell'umiltà della nostra natura umana, portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via dell'eterna salvezza. Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso, che ora osiamo sperare vigilanti nell'attesa".

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