Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM"VENNE A CAFARNAO PERCHE’ SI COMPISSE CIO’ CHE ERA STATO DETTO"

III TEMPO ORDINARIO – 26 gennaio 2014

Mt 4,12-23
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e
andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si
compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il
popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e

ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi,
perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e
Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro:
«Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo
seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo
fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed
essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del
Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
L’evangelista Matteo presenta in questo brano l’inizio dell’attività di Gesù. Una volta venuto a sapere
che Giovanni è stato arrestato e quindi l’aria si fa pesante e difficile in Giudea, Gesù sale al nord, nella
Galilea, nella regione che vedremo abbastanza disprezzata, “lascia Nazareth, il suo paese natale, e va ad
abitare a Cafarnao”. E’ interessante il fatto che né Nazareth né Cafarnao vengono mai nominate
nell’Antico Testamento, comunque Cafarnao era una città di frontiera, importante posto di dogana.
L’evangelista scrive poi “sulla riva del mare”, ma in realtà è un lago. Perché l’evangelista parla di mare?
Perché con questo sotterfugio, sostituendo lago con mare, l’evangelista vuol dare un’indicazione
teologica; il mare era quello che separava Israele dai pagani, ma soprattutto il mare era quello che il
popolo di Israele aveva attraversato per fuggire dalla schiavitù egiziana. Quindi indicava la piena
1liberazione. Tutta la tematica dell’evangelista è in chiave di Esodo e Gesù è il nuovo Mosè che viene a
liberare il suo popolo.
E qui l’evangelista vede, nell’attività di Gesù, nella scelta di Gesù di salire in Galilea, la realizzazione della
promessa di liberazione messianica da una situazione di oppressione a una di salvezza, di un territorio
che era stato devastato dagli Assiri e cita il profeta Isaia al capitolo 8, versetto 23, dove si parla di Galilea
delle genti. Mentre la Giudea deve il suo nome a Giuda, uno dei patriarchi più importanti, questa
regione al nord era talmente disprezzata - era una regione abitata da poveri, da bifolchi, da gente
violenta – era talmente disgustata la popolazione della Giudea da quelli del nord, che lo stesso Isaia non
sa come definire questa regione e usa un termine dispregiativo, la chiama ‘la provincia o il distretto dei
non ebrei’.
Il distretto in ebraico è Gelil da cui il termine Galilea, quindi mentre Giudea deriva da Giuda, Galilea
deriva da questo termine dispregiativo col quale il profeta indica questa regione al nord. Ebbene proprio
questa regione disprezzata a nord, dove il popolo abita nelle tenebre, proprio lì è sorta la luce. E qui
l’evangelista anticipa quella che poi l’azione di Gesù, luce del mondo, di comunicare ai suoi stessi
discepoli la possibilità di essere luce del mondo.
E Gesù inizia la sua attività. “Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi …»”. Il verbo
‘convertire’ nel testo greco dei vangeli si trova in due maniere, una che indica un ritorno religioso a Dio,
l’altra, che è quella che adopera l’evangelista, significa un cambio di mentalità che indice sul
comportamento. Gli evangelisti, Matteo in particolare, evitano il primo termine, quello che indica il
ritorno religioso a Dio.
Con Gesù, il Dio con noi, non c’è più da tornare verso Dio, ma accogliere questo e con lui e come lui
andare verso gli altri, per cui la conversione significa orientare diversamente la propria esistenza. Se fino
ad adesso si è vissuto per sé, da ora in poi si vive per gli altri. Questa conversione è finalizzata al fatto
che “«il regno dei cieli è vicino»”.
Non è ancora realtà perché il regno dei cieli si realizzerà con l’accoglienza delle beatitudini. La prima
beatitudine permetterà la realizzazione del regno dei cieli. Ma cosa si intende per ‘regno dei cieli’? Gesù
non parla di un regno nei cieli, cioè l’aldilà. Regno dei cieli, espressione che troviamo soltanto nel
vangelo di Matteo, indica il regno di Dio. Matteo, che scrive per una comunità di ebrei, evita di usare il
termine ‘Dio’ tutte le volte che gli è possibile, per non offendere la sensibilità dei suoi lettori e, quando
gli è possibile, usa dei sostituti.
Uno di questi era ‘cieli’, quindi regno dei cieli non significa l’aldilà, ma il regno di Dio, cioè Dio che
diventa il re del popolo, si permette a Dio di governare il suo popolo. Allora la conversione, il
cambiamento della propria esistenza, è per permettere questa realizzazione del regno, che diventerà
realtà con l’accoglienza della prima beatitudine.
Il regno dei cieli, il regno di Dio, non cade dall’alto ma richiede la collaborazione dell’uomo. Ebbene,
“mentre camminava lungo il mare”, di nuovo torna questo termine mare, l’evangelista scrive che Gesù
vide Simone e Andrea. Questi due personaggi hanno nomi greci, quindi significa che provengono da una
2famiglia abbastanza aperta. Simone in particolare è conosciuto per la sua testardaggine, infatti ha un suo
soprannome ‘pietra’ che significa la sua caparbietà, la durezza, che poi verrà scoperta lungo tutto il
vangelo.
“Gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori”. Il richiamo dell’evangelista è alla profezia contenuta
nel libro di Ezechiele, capitolo 47, versetto 10, dove “il tempo del messia sarà un tempo di abbondanza
per i pescatori”. Ebbene “Gesù disse loro: «Venite dietro a me»”. E’ interessante, Gesù per iniziare la sua
comunità, il gruppo con il quale inaugurare questo regno di Dio, non va in cerca di monaci – c’erano gli
esseni – non chiama le persone pie, i farisei, non chiama neanche gli appartenenti al clero, i sacerdoti,
neanche le persone potenti, i benestanti, quelli erano i sadducei, né tanto meno i teologi, gli scribi, ma
chiama gente normale, dei pescatori.
Dice, “«Vi farò pescatori di uomini»”. E’ interessante che questo titolo, la missione alla quale Gesù
chiama i suoi poi verrà abbandonato presto dalla chiesa. Preferiranno farsi chiamare pastori, titolo che
Gesù non ha dato a nessuna persona – lui è l’unico pastore – anziché pescatori di uomini, che è quello
che Gesù chiede ai suoi di fare.
Che significa pescatori di uomini? Mentre pescare il pesce significa tirar fuori il pesce dal suo habitat
naturale per dargli la morte, pescare gli uomini significa tirarli fuori dall’acqua, simbolo del male,
simbolo della morte, per salvarli, per dare loro vita. Quindi la proposta di Gesù è di andare dietro di lui
per comunicare vita a tutta l’umanità.
“Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono”. C’è poi la chiamata di altri due fratelli, Giacomo e
Giovanni, questi hanno nomi giudaici, nomi ebrei, e si vedrà poi nel corso del vangelo il loro
atteggiamento che rispecchia il loro nome e qui sottolinea l’evangelista che c’è la presenza del padre,
Zebedeo. Gesù li chiama, “Essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono”.
Per seguire Gesù bisogna abbandonare il padre. Il padre indica l’autorità e per seguire Gesù bisogna
abbandonare il padre, perché l’unico Padre che c’è all’interno della comunità dei credenti è il Padre che
è nei cieli, che non governa gli uomini emanando leggi che questi devono osservare, ma comunicando
loro la sua stessa capacità d’amore.
“Gesù percorreva tutta la Galilea”, quindi questa regione disprezzata, “insegnando nelle loro sinagoghe
e annunziando il vangelo del Regno”. L’evangelista adopera due verbi differenti per l’azione di Gesù.
Nelle sinagoghe insegna, e insegnare significa prendere dal patrimonio dell’Antico Testamento per poi
proporlo. Quindi nelle sinagoghe Gesù prende quella che è la ricchezza del popolo, contenuta nell’Antico
Testamento, e gliela propone.
Ma, per annunziare la buona notizia del Regno, Gesù non insegna, ma annunzia o predica. Quindi sono
due verbi differenti. Quando si rivolge agli ebrei Gesù insegna, quando si rivolge a persone miscredenti o
fuori della legge, non ebrei, Gesù annunzia o predica. E questo significa cogliere il nuovo senza il bisogno
di andare a ripescare l’antico.
3E, per la prima volta in questo vangelo appare il termine ‘vangelo’ che significa ‘buona notizia’. E qual è
la buona notizia? La buona notizia è quella del Regno. E infatti Gesù non si limita a parlare, ma agisce.
Come? “Guarendo ogni sorta di malattie e infermità nel popolo”. Notate che non sono ‘del popolo’, ma
‘nel popolo’, cioè Gesù libera da quegli impedimenti che ostacolano l’accoglienza del suo messaggio di
pienezza di vita nel popolo, e quindi inizia così a dilagare l’attività di Gesù e inizia il nuovo, inarrestabile
esodo.

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