Don Paolo Zamengo"Arriva invece un peccatore"

Arriva invece un peccatore    Mt 3, 13-17

Il deserto era stata una grande scuola. Ciò che impari in qualche giorno di solitudine  sferzata dal vento non lo impari sui libri in un anno. Il deserto aveva modellato Giovanni ed lui era preparato a tutto.

Ma non si aspettava che un giorno Gesù gli capitasse davanti, quasi sbucato dal nulla, travestito e intruppato in mezzo ai peccatori. “Battezzami, Giovanni, ora tocca a me!” . Giovanni: l’uomo che addomesticava solo con gli occhi le volpi, che reggeva l’urlo del silenzio, che spianava l’aridità dei deserti, Giovanni che gridava
contro ogni omertà, Giovanni…ammutolì.

Non poteva credere: il Messia, l’Inviato, la Santità chiede pulizia, e s’umilia, si nasconde, si abbassa. “Amico, coraggio, battezzami!”  Ma dove trovare il coraggio?  La fila dei peccatori s’ingrandiva, mormorii sempre più forti per l’intoppo della liturgia, curiosità, fretta e incomprensione.  “Non posso, Gesù!”

Come possiamo dare torto a Giovanni? Non si aspettava un inizio così della storia del Messia. Il suo compito, ardito,  era di mettere ordine, spaccare il sonno, urlare la morte del peccato! Giovanni aveva fatto “campagna elettorale” meglio che aveva potuto e la gente gli aveva creduto, s’era fidata, l’aveva sorretto dalla platea. Ma ora Giovanni vorrebbe sotterrarsi: aveva promesso un Re e arriva invece un peccatore.

“Sei tu che devi lavare me”. Tenta. Pare un tira e molla, estenuante: sembra di vedere due di noi, che davanti ad una porta: “Prego”.“Si figuri: non sia mai”. “Entri lei per primo!” “Non me lo permetterei.” Moine.

Sembra: ma nelle parole di quei due (Giovanni e Gesù), anelli delicati messi come cerniera  tra i due testamenti,  non c’è formalità. “Giovanni: fai ciò che ti dico”. Dio deve iniziare così,  vicino agli uomini. Vicino agli uomini,  non sopra gli uomini.

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui”. (Atti degli Apostoli, 10, 34-38)

La gente che dice? Dai tempi di Gesù non è cambiato molto: la gente aspetta. Sulle rive del Giordano, sui sagrati delle chiese, negli uffici di potere: aspetta.  La gente vuole sapere cosa  fare, ma non vuole pensare.  Da una parte  la nostalgia di luce, dall’altra il fascino delle tenebre. Vuole Dio, ma lo vuole bello, biondo, chiuso  in sacrestia, profumato d’incenso. Poi scopre che Dio non è così.   Giovanni risolve il problema: “Eccolo qui l’Atteso”. Lì, nell’acqua, in fila, senza veste, pronto a farsi battezzare.

Impossibile. Un Dio così delude! Pure loro, cugini e amici per nascita (così affiatati da toccarsi ancora nei grembi), vedevano il mondo in modo diverso. Il figlio di Elisabetta parlava di fuoco, di scure, di castigo. Il figlio di Maria, sotto un cumulo d’immondizia sente un impercettibile sussulto del cuore, una segreta aspirazione. Ma nascosta. Giovanni immaginava la fine, Gesù annunzia l’inizio. Il Battista ragionava sull’inverno. Gesù parla di primavere.

Incredibile Gesù:  si fa attendere, arriva, rigira la storia a suo piacimento. La sua potenza è di essere senza potenza: nudo, debole, povero e indifeso. L’unico sovrano che abbia chiamato i propri sudditi ad uno ad uno, come una mamma chiama i suoi figli.  Comprendiamo perché il mondo non poteva sentirlo? Non può sentirlo perchè Il mondo sente solo chi grida.

Giovanni tace. C’è luce in quel silenzio. Giovanni si inchina, raccoglie un pugno d’acqua, stringe mille domande e obbedisce. La fila si smuove, la processione riprende, il Mistero s’infittisce.

L’Amico col quale giocava nelle strade di Nazareth, cresciuto silenziosamente per aiutare a crescere, supera la riva, scende tra i rivoli veloci del Giordano e, ingabbiato nella storia, riemerge rinato. Il cielo esplode, si squarcia, dichiara aperte le profetiche danze: “Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto”.

Figurarsi il Battista, unico a capire la direzione di quella voce. Avverte d'essere dentro una storia non più storia. Accanto ad un Dio  non più semplicemente Dio, ma un Dio fattosi uomo. Che non sfugge i peccatori ma s'incammina con loro, in mezzo a mezzo.

Un Dio fastidiosamente bello da battezzare.

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