Don Paolo Zamengo"La squadra "

La squadra       Mt 4, 12-23

L’arresto di Giovanni fu come il fischio d’inizio della partita. Scocca l’ora per Gesù e lui non vuole attendere oltre. Lascia il ritiro, Nazareth, ed entra finalmente nello stadio. Cafarnao, Galilea delle genti. Tutto esaurito.

Da qui fa risuonare il suo programma, il modulo di gioco. Vincere la partita della vita. Chiama tutti a conversione perché il regno dei cieli è vicino. Poi disegna la squadra da mettere in campo.

Nella composizione non fa differenze di condizione sociale ed etica. Venivano da squadre inferiori, sconosciuti al grande pubblico. Alcuni erano sul viale del tramonto, altri pieni di energia ma sprovveduti. Ce
n’era uno cui non mancavano certo i numeri ma era abituato a giocare sporco e, spesso, strizzava l’occhio agli avversari.

A differenza dei maestri della legge, è Gesù stesso a scegliersi i discepoli e crea una squadra mista affidando a ciascuno compiti diversi ma tutti, tutti dovranno indossare il grembiule della diaconia.

Si rivolge loro con un “se vuoi” e attende il tempo sufficiente per farli titolari. E poiché niente va lasciato all’improvvisazione, ogni nuovo candidato sarà filtrato dalla fatica di una lunga notte di preghiera sul monte.

“Vide due fratelli”. Nel racconto della creazione, Dio prima “dice” e, poi, “vede”. Nella nuova creazione (ri-creazione), operata da Gesù, succede il contrario: il figlio di Dio prima vede e, poi, dice.

Ma quale è la proposta? “Vi farò pescatori di uomini”. C’è pesca e pesca. Pescare un pesce è per ucciderlo, pescare un uomo è toglierlo dal suo abisso e farlo vivere.

“Ed essi, subito, lasciarono le reti”. Risposta tempestiva. Perché? Per un nome pronunciato come nessuno? Per uno sguardo che penetra fino in fondo? Per una voce calda più del sole del lago? Lo capiranno dopo, lo capiremo dopo.

Lasciarono tutto, anche lo strumento di lavoro, pur modesto, ma dal quale si traeva l’alimento sufficiente, perché di fronte a una luce tanto abbagliante il resto finisce nell’ombra. Il dono è ben più grande della rinuncia. E se la gioia è la cornice del dono, la tristezza accompagna quanti restano alla finestra, indecisi o renitenti.

“E lo seguirono”. Seguire il Signore è il senso della vita. Cessa la fuga da Dio e inizia il viaggio di ritorno. Si segue chi si ama, si diventa chi si ama. E inizia l’apprendistato della nuova pesca.

“E andando oltre, vide altri due fratelli”. Non c’è una sola chiamata nella vita. Lungo i tornanti della propria storia, il Signore si ripresenta, invitando a seguirlo oltre. Ogni chiamata successiva è sostanzialmente uguale alla prima ma riserva leggere correzioni di rotta.

Non possiamo, infatti, non notare che nella chiamata in squadra di Giacomo e Giovanni si parla di barca, di padre, di reti e di garzoni. I due fratelli riescono a lasciare il padre e il patrimonio perché, ormai, hanno incontrato il vero padre e il vero tesoro.

Fu così che questa ciurma eterogenea e, a dire il vero, un poco sgangherata salpò. A sentire i tuttologi del tempo, iniziò la più disperata delle avventure. Diedero a Gesù poche chance.  Lui fece orecchie da mercante e si sedette in panchina.

Anche il Titanic fu costruito da professionisti e s'inabissò. L'arca costruita da Noè, agricoltore d’altri tempi, resse la furia di un diluvio universale. A Cafarnao lo sapevano bene i pescatori: mai giudicare la barca stando in porto.

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