fr. Massimo Rossi III Domenica del Tempo Ordinario

Commento su Matteo 4,12-23
fr. Massimo Rossi
III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (26/01/2014)
Vangelo: Mt 4,12-23
Quando leggiamo pagine come questa è inevitabile immaginare la situazione, farci quantomeno un'idea di come andarono i fatti; dunque, si parla degli inizi della predicazione di Gesù: una predicazione tutto sommato molto semplice, una predicazione simile a quella di Giovanni Battista, ma priva dei toni apocalittici e talora violenti del Precursore: parola chiave è "Convertitevi!".

Immediatamente Gesù si rese conto che non sarebbe stato in grado di compiere l'opera della salvezza da solo; concepì di riunire una piccola comunità di collaboratori, gli Apostoli, che stessero con Lui, in armonia perfetta - povero illuso! - e annunciassero l'avvento del Regno con la parola e l'esempio della vita. Cominciò a chiamare uomini di ogni estrazione sociale, di ideologia e coltura diverse, con carismi diversi, affinché imparassero l'arte della predicazione.
Gesù rimase fino alla fine un pio israelita: si recava in sinagoga ogni sabato e commentava le SS.Scritture davanti all'assemblea riunita. Ecco tutti gli elementi che definiscono il contesto; tutti tranne uno, del quale spesso non si tiene abbastanza conto. Si tratta della località ove Gesù sceglie di stabilirsi. Dopo la morte del Battista, Gerusalemme era diventata troppo pericolosa per Gesù, all'inizio della sua missione; dovette fuggire. Vi sarebbe ritornato...dopo; secondo le profezie, il Messia avrebbe compiuto la sua vita e la nostra salvezza proprio a Gerusalemme.
Tuttavia, la scelta di andare a vivere a Cafarnao, praticamente fra i pagani, rappresenta ed esprime in modo inequivocabile un programma di intenti, una scelta di campo: abitare tra i non credenti, o, meglio, con i non credenti. È vero, anche in Galilea c'erano comunità ebraiche, anche in Galilea c'erano le sinagoghe; ma altro è esercitare la fede in un contesto sociale ad alta percentuale religiosa, dove la Chiesa rappresenta ancora un soggetto significativo, un centro di aggregazione determinante, un'identità forte, nella quale ci si riconosce,...; altro è vivere il Vangelo in una società laica come la nostra, per lo più indifferente alla proposta religiosa, quando non addirittura ostile. Forse è per questo che la proposta vocazionale rivolta da Gesù ai primi discepoli, non aveva apparentemente nulla di religioso: "Vi farò pescatori di uomini".
Invero, essere pescatori di uomini non può voler dire altro che condurre gli uomini a Dio, suscitare (in loro) la fede: ma ciò che mi preme sottolineare è la capacità e la volontà del Signore di parlare la lingua degli uomini, aborrendo ogni atteggiamento esplicitamente clericale, che denoti l'appartenenza a un gruppo (religioso) di potere: in termini tecnici, si chiama "lobby". Recentemente anche il Vescovo di Roma ha denunciato i pericoli e i danni prodotti dentro la Chiesa dalle lobby di potere. Allo stesso modo, Gesù comincia ad evangelizzare cambiando radicalmente il linguaggio di trasmissione della fede.
Parlando a dei pescatori, il Maestro di Nazareth non poteva che parlare di pesci, di reti e di pesca...
È il principio dell'Incarnazione: il Verbo di Dio assume i panni e le parole degli uomini; perché il fine del Verbo incarnato non è il successo; fine dell'Incarnazione è che gli uomini, finalmente, capiscano il piano di salvezza di Dio Padre e vi si convertano!!
Mi rendo conto di toccare un tasto dolente... Del resto, lo ha toccato Gesù e lo tocca spesso anche il Papa. Evidentemente, annunciare il Regno di Dio agli uomini del XXI secolo significa scegliere un modo di parlare e di vivere più vicino a quello della maggioranza degli uomini, i quali non abitano i palazzi nobiliari, non vestono abiti costosi, e soprattutto non sputano sentenze, né lanciano anatemi; gli uomini di oggi, come quelli di sempre, fanno fatica a vivere, ma non se ne lamentano, anzi, sanno condividere questa fatica con chi è ancor meno fortunato.
Facile attirarsi l'accusa di populismo. Ma è un rischio calcolato, sappiamo bene chi sono i detrattori del Vangelo; e non mi riferisco a coloro che vivono fuori dalla Chiesa...
Populismo, o non populismo, l'essenziale è vivere secondo Cristo, non perdere mai di vista la sua Persona; e non confondere Cristo con l'ultimo predicatore di successo.... Ricordiamo il monito severo di Paolo ai cristiani di Corinto, città cosmopolita, babilonia di popoli e di merci che transitavano dal Medio Oriente alla Spagna, passando per Roma...: "In nome di Cristo, fratelli, siate unanimi nel parlare, in perfetta unione di pensiero e di sentire. Mi informano che tra voi c'è chi dice: Io sono di Paolo, o di Cefa', o di Apollo, o di Cristo...".
Siamo alle solite, è un problema vecchio quanto il mondo: quando la fede diventa ideologia, la comunità si schiera con il tale, o il talaltro leader, non riconosce più la roccia dalla quale è stata tagliata (cfr. Is 51,1); troppo lontana, ormai, dalla sorgente, la Verità divina contenuta nelle verità cristiane si riduce ad un compendio di principi molto umani e ormai ben poco cristiani.
La sapienza della parola è un'arma potente nelle mani dell'uomo... Ma può anche rendere vana la croce di Cristo - lo dichiara san Paolo.
È vero, non fa piacere sentir parlare di croce, in un mondo che di croci ne ha già abbastanza...
Ma la croce di Cristo non è una croce in più! Al contrario, la croce di Cristo è il prezzo della salvezza che Lui ha già pagato al posto nostro. Altro che allontanarla dalla nostra mente e dal nostro cuore! dovremmo pensarci più spesso! E manifestare un po' più di gratitudine...
Certamente c'è modo e modo di pensare alla croce e di parlarne: il pensiero della croce può essere liberante; è questo il modo cristiano di guardare il mistero della Passione del Signore.
Ma (la croce di Cristo) può anche essere un pensiero opprimente, che colpevolizza e non libera: chi la pensa così si sbaglia di grosso! Sentirci colpevoli della croce di Cristo ci avvicina pericolosamente alla condizione di Giuda: consapevole di aver commesso un crimine assurdo, ne provò un rimorso insanabile; il senso di colpa lo annientò, con gli esiti che tutti conosciamo.
Bando alla tristezza! Tra tutti i problemi che la nostra vita porta con sé, la croce di Cristo non c'è! fu un problema suo, di Gesù: guardando a Lui, al Suo coraggio, alla Sua fede, anche noi saremo capaci di salire sulle nostre croci quotidiane, e di rimanerci finché sarà necessario.
L'ultima parola di Dio non è la croce di suo Figlio, ma la sua risurrezione per la vita eterna.

"Dona pure a me, che sono peccatore,
la grazia di parlare con franchezza del mistero vivificante
che è il lieto annuncio del tuo Evangelo."
Enzo Bianchi

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