Alberto Brignoli" Di fronte a Dio, così come siamo"

  
I Domenica di Quaresima (Anno A) (09/03/2014)
Vangelo: Mt 4,1-11
Immagino che nessun credente, nemmeno il più avanguardista dei teologi o il più dissacratore tra i riformisti, oserà mai dire che Gesù peccava. Nel Vangelo, sappiamo bene come qualcuno ci avesse provato a definirlo "un peccatore", "un bestemmiatore", "un amico di pubblicani e prostitute". Ma parlava senza cognizione di causa, non poteva certo sapere di trovarsi di fronte al Messia, al Figlio di Dio; la Rivelazione non si era ancora compiuta, era ancora tutta e solo questione di fede... Oggi, addirittura chi non crede non ha dubbi sull'impeccabilità di Gesù di Nazareth. E allora, sulla scorta di questa sicura affermazione, consoliamoci: perché il brano di Vangelo con cui si apre tradizionalmente la Quaresima ci dice che anche l'impeccabile, l'infallibile, il santo per eccellenza, è stato
tentato durante tutto l'arco della sua vita terrena. Per cui, se lo è stato lui, stiamo tranquilli che non è certo il fatto di essere tentati che ci rende peccatori.
E la nuova versione della Bibbia, nella preghiera del Padre Nostro, dice "non abbandonarci alla tentazione", quasi ad auspicare che l'inevitabilità della tentazione a cui siamo quotidianamente sottoposti, quantomeno non ci lasci in sua balìa. Ma di essere tentati, lo siamo e lo saremo sempre. Né più né meno come il nostro Maestro. E non solo ci capiterà di sperimentare la tentazione nonostante abbiamo fatto il proposito di non lasciarci tentare su ciò su cui siamo maggiormente deboli: ancor peggio, quanto più ci mettiamo d'impegno ad attuare tutti quegli esercizi volti ad assumere un atteggiamento ascetico di lotta contro il male, tanto più fortemente avvertiamo di essere tentati... Esattamente come il Maestro, che si lascia condurre nel deserto dallo Spirito per temprare la propria vita spirituale nella ricerca assidua delle cose di Dio attraverso la preghiera e il digiuno, e proprio in questo sforzo ascetico sperimenta in maniera forte ed esplicita la tentazione.
Essere tentati, allora, non è peccato: per cui, se sentiamo i nostri istinti attratti verso il male o comunque verso qualcosa che noi confondiamo con il bene, non siamo peccatori incalliti. Certamente, lo possiamo diventare nel momento in cui la tentazione ha il sopravvento su di noi, ovvero quando l'illusione di potere, avere, e sentirsi come Dio viene da noi confusa con la realtà, e allora attuiamo di conseguenza: voglio e posso tutto, nessuno più mi può fermare. Arriva poi la limitatezza della nostra natura umana a farci aprire gli occhi e - come i nostri progenitori nell'Eden - a farci accorgere di essere nudi: nudi e crudi, come natura ci ha fatti, di fronte a un Dio a cui non possiamo certo nascondere di esserci lasciati ingannare dall'illusione di potere, avere, e sentirci onnipotenti come lui.
A Dio non nascondiamo nulla: forse ai nostri simili sì, ai nostri compaesani, ai nostri amici, addirittura alle persone che amiamo possiamo - se ci va bene - nascondere i grandi e piccoli errori che commettiamo ogni giorno. Ma a Dio no. Dio ti mette a nudo e crudo di ciò che sei, e non ci scappi: sei obbligato a prenderti le tue responsabilità. Al di là dell'immagine usata dagli evangelisti per descrivere ciò che Gesù visse non solamente per quaranta giorni nel deserto, ma lungo tutta una vita, fino al momento del Getsemani, in cui vorrebbe scappare lontano dal calice di dolore che poi berrà; al di là della trasposizione che la tradizione della Chiesa, fin dal IV secolo, fa di queste settimane di tentazione di Gesù in un tempo austero e spiritualmente ricchissimo come quello della Quaresima; al di là di tanti propositi che con convinzione e molta buona volontà facciamo in questi giorni per prepararci bene alla Pasqua non troppo lontana, credo che il senso più profondo di questo tempo liturgico sia proprio quello di metterci umilmente di fronte a Dio così come siamo, con le nostre debolezze e le nostre tentazioni, per lasciare che lui ci cambi e ci trasformi, poco a poco, senza bisogno di fare dei miracoli, ma con la sana e genuina consapevolezza che, in fondo, siamo tutti sulla stessa barca. E ci siamo insieme con Gesù, tentato - esattamente come noi - di poter fare a meno di Dio e di nascondersi di fronte a lui per ritagliarsi il suo pezzo di gloria.
Peccato e morte, ahimè, sono inevitabili: Paolo ce lo ricorda molto bene nella seconda lettura. Quello che, sì, possiamo e dobbiamo evitare, è di lasciarci trascinare dall'illusione e dal pensiero che oramai siamo così e che non c'è più nulla da fare se non ritagliarci il nostro piccolo spazio di autonomia e gestircelo indipendentemente da un Dio che vediamo talmente più grande di noi, da essere capaci solo di averne paura, come Eva e Adamo nell'Eden.
No, del nostro Dio non abbiamo paura: né di lui, né tantomeno della tentazione e del tentatore di turno. Quest'ultimo è forte, certo: ma non ce la farà mai, con Dio. Non abbandoniamoci alla tentazione delle soluzioni facili e fataliste che ci vedono perennemente sconfitti sotto i colpi del peccato: diciamo "sì" a Dio, una buona volta, e pur con tutta la fatica del caso, viviamo le opportunità di cambiamento - come questo tempo che oggi inauguriamo - come segno e pegno delle nostre piccole, quotidiane resurrezioni.

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