Alberto Vianello"Una Parola di Dio che umanizza"

Letture: Gen 2,7-9; 3,1-7; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11
Comunità Marango
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Le tentazioni non vengono mai da Dio (cfr. Gc 1,13): sono semplicemente la conseguenza della fragilità della condizione umana, dentro la quale cerca di operare la realtà del male. Ci si migliora non quando si evitano le tentazioni, ma quando le si supera. Perché la prova purifica la fede (cfr. 1Pt 6-7) e insegna ad appoggiarsi veramente e concretamente in Dio e nella sua Parola, come fa Gesù nel racconto evangelico delle sue tentazioni.
Nella prima tentazione, Gesù non va al di là delle leggi della natura per soddisfare la sua fame, cambiando i sassi in pane. Cioè non assolutizza il suo bisogno e non cerca una soddisfazione immediata di esso. Non va in cerca del miracolo che eviti la fatica del lavoro, di cui il pane e il frutto. Quindi Gesù non si sottrae alla
povertà della condizione umana, ma la attraversa tutta e la abbraccia come sua "unica" condizione.
Nella seconda, Gesù rifiuta di cedere alla tentazione del prodigioso, dello straordinario. Non impone alla gente il suo essere il Messia attraverso gesti spettacolari, come buttarsi giù dall'alto del tempio per farsi prendere dagli angeli. Sarebbe il servirsi del religioso per catturare il consenso e procurarsi una facile adesione, che però non rispetta la libertà di scelta dell'uomo; né la sua libertà di essere Dio, ma dentro i limiti umani.
Infine, nella terza, Gesù non cede alla tentazione del potere, del dominio, del possesso, fra gli uomini. Satana gli propone «tutti i regni della terra e la loro gloria». Ma Lui non brama di avere il tutto, rimane fedele al senso del limite che è la sana coscienza dell'uomo, lasciando all'unicità di Dio di poter abbracciare il mondo, non per possederlo e dominarlo, ma per riempirlo del suo dono e amarlo.
In tutte tre le prove Gesù è tentato di andare oltre l'umano. Ma Egli resiste nel custodire la propria umanità, perché è la nostra umanità che è fatta a immagine e somiglianza di Dio.

Gesù resiste alle tentazioni rispondendo sempre con la Parola di Dio. È l'unica arma che, come uomo, possiede per reagire al male. Non sono parole magiche, ma il vero nutrimento per la vita, come Egli dice nella prima tentazione.
Servendosi solo della Parola di Dio per vincere il diavolo, Gesù riconosce e rispetta anche il vero volto di Dio. Egli ci insegna, così, a non cercare o proiettare l'immagine di Dio nel miracolistico, nel religioso e nel sacro che incantano e catturano, come nelle apparizioni, oppure nel trionfale e potente che si impone dentro la storia.
L'uomo incontra Dio in «ogni parola che esce dalla sua bocca»; nel non «metterlo alla prova», chiedendo prove divine immediate e tangibili, come ha fatto Israele nel deserto; infine lo si incontra nell'amare solo Lui, non ricercando altri poteri e autorità a cui asservirsi, facendoli diventare lo scopo della propria vita.

Così Gesù ha saggiato la nostra umanità, attraverso le tentazioni, vincendole con il rimanere uomo che conosce il suo limite e perciò ha bisogno di Dio. È Dio che è chiamato in causa. O meglio: quale immagine l'uomo ha di Dio, direbbe Giobbe. Se pensiamo che Dio non ci sia vicino nelle prove della nostra vita, abbiamo l'immagine di un Dio lontano e un po' rivale. Invece, come dice papa Francesco, «ogni essere umano è l'oggetto dell'infinita tenerezza del Signore, ed egli stesso abita nella sua vita. Gesù ha donato il suo sangue prezioso sulla croce per quella persona». Se custodiamo la nostra umanità dentro le prove della vita che mettono in evidenza la nostra fragilità, ritroviamo il vero volto di Dio, che crede nell'uomo e gli apre un futuro di bene. «Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano».

Alberto Vianello

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