Antonio Riboldi "L’incontro con la Samaritana"

Omelia del giorno 23 Marzo 2014
III Domenica di Quaresima (Anno A)
Il racconto dell’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo di Giacobbe, è narrato dall’evangelista Giovanni con particolari quasi da cronista, come a non volersi fare sfuggire neppure una briciola della bellezza che contiene. È davvero una perla del Vangelo, in cui nulla sfugge delle meraviglie, anche nascoste, della vita di Gesù.
È un momento intenso che si addice bene al nostro cammino quaresimale, sempre che lo stiamo facendo. Una divina occasione che dovrebbe arrivare a noi, forse amareggiati per la condotta della nostra vita. L’amarezza della Samaritana è la nostra, di chi sente di non riuscire a raggiungere il segreto della gioia dell’anima.
Sono davvero tanti i fratelli che vivono questa sensazione di scoraggiamento, di inquietudine: lo notiamo bene noi sacerdoti.
Sapere cogliere l’amore del Padre che ci ispira e ci mostra la ragione del nostro malessere interiore è una grande grazia. È come guarire da una grave malattia.



La Samaritana, di cui ci narra il Vangelo oggi, appartiene ad un popolo considerato ‘eretico’ e quindi, ai suoi tempi emarginata per motivi religiosi, ma è anche conosciuta dall’opinione pubblica come una peccatrice.

Quante donne, anche oggi, sono considerate notoriamente da noi come ‘peccatrici’, senza che conosciamo il perché vero della loro scelta, a volte dettata, non necessariamente – come tanti sono portati troppo facilmente a pensare – per una reale volontà di svendersi per denaro, ma per motivi di sfruttamento violento o di vera sopravvivenza.

Davanti alla Samaritana emerge – come è sicuramente in tante donne anche oggi – la voglia di uscire da una triste ‘scelta’. Lei va, casualmente al pozzo per attingere acqua – ma esiste davvero il caso o non è meglio credere nella Provvidenza? –

La possiamo facilmente immaginare, tutta presa dai suoi pensieri.

La donna normalmente ha coscienza della sua dignità e vera bellezza e quando questa viene sfregiata, il tormento interiore si fa ossessivo.

La Samaritana aveva reso la sua vita una merce da vendere. È duro quando si giunge a questa consapevolezza, anche se forse non è stata una scelta libera, ma per sopravvivere o per chissà quali altre ragioni. È comunque una donna con la nausea in bocca e nel cuore, desiderosa sicuramente di un’altra vita, che però si trova tra le mani solo una povera vita che ha il sapore amaro delle ‘cisterne screpolate’.

Gesù, stanco, assetato, si ferma proprio vicino a quel pozzo, Lui, che è la vera ‘sorgente di acqua viva’.

È l’unico che, incontrandolo, ci può davvero dissetare. Gesù non ha pregiudizi, non guarda alle appartenenze etniche o politiche, alle differenze culturali o religiose. Gesù non considera se sei uomo o donna, malato o sano, ricco o povero, giovane o anziano. Gesù guarda alla persona, guarda negli occhi la Samaritana, guarda me, te. Quando egli incontra qualcuno, legge nel suo cuore e lo conosce fin nelle profondità del suo essere. Per Gesù la Samaritana è una donna che è assetata di vita vera. Questo solo conta per Lui.

Non fa prediche, non distinzioni o elucubrazioni su differenze sociali. Semplicemente mostra il suo stesso bisogno: ha sete e chiede un poco di acqua.

La reazione della donna è quasi arrogante. A causa della vita vissuta sembra abbia dimenticato quella naturale dedizione che di fronte ad una necessità dell’altro trasforma ogni donna in madre, facendo mettere da parte ogni tensione o divisione: la tenerezza di una donna può cancellare ogni amarezza e viene sempre al primo posto.

Gesù che comprende perfettamente la sua reazione non si scompone e diviene Messia, cioè mano tesa del Padre, che non si ferma di fronte ai muri che creiamo, ma desidera abbatterli, per liberarci … anche da noi stessi.

“Non sono venuto per giudicare – dice – ma per salvare. Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bene’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva’.

La donna, quasi schernendosi da quella mano, diffidente, resiste: ‘Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva?’.

E’ facile immaginare come lo sguardo di Gesù sia entrato profondamente nel cuore di quella donna, come un fascio di luce, quella vera, che si fa strada tra le pieghe malate dell’anima, sfogliandone le pagine, sradicando il malessere profondo in esse nascosto, facendo cadere ad una ad una le squame che impediscono di vivere in pienezza e serenità, offrendo una prospettiva di vita, che forse era tanto attesa, ma che nessuno aveva mai indicato e reso possibile.

La Samaritana è una donna che si lascia ‘processare’ da un Amore che non rivela astio, né voglia di condannare, ma solo desiderio di salvarla. Ed è proprio questo Amore che, ispirandola, le consente di lasciarsi prendere per mano con una nuova intensa voglia di uscire da una vita che altro non otteneva che tristezza e vergogna, nuovo desiderio e volontà di resurrezione.

Resurrezione, sì, cioè felicità di poter essere quello che desiderava nel profondo, che tutti desideriamo, una persona vera, senza maschere o avventure che sono come una fossa che ingoia.

Sono quei pensieri e desideri che solo Dio riesce ad ispirare, facendosi strada con il Suo Amore nella nostra esistenza. Il nostro Dio non è mai dolore o disprezzo, ma solo volontà di Bene: per noi desidera solo la pienezza della vita e, quindi, la gioia del vivere.

È Lui che può ravvivare la sorgente di acqua viva che con il Suo stesso Spirito ci è stata donata: sorgente zampillante per la vita eterna.

Davvero immenso il dono della salvezza che ci è donato, in un mondo che non sa cosa voglia dire aiutare a risorgere, che rende spesso la vita amara e sbagliata.

Dio è amore e altro non fa che ‘cercare la pecorella smarrita’. Ricordiamolo sempre: il Suo Amore non punta il dito come facciamo noi contro chi sbaglia – e tutti sbagliamo! – Ma continua sempre, pazientemente, a tenderci la mano e il cuore per riabilitarci, sollevarci, rasserenarci. Davvero meraviglioso Dio!

La Samaritana, vedendo ormai con chiarezza la via della vera vita, indicatale da Gesù, cambia tutto: questa è la conversione, che ha come frutto immediato il forte desiderio di partecipare della grazia ricevuta i fratelli. Va a cercare i suoi compaesani, proprio i suoi giudici. Non c’è più amarezza o rabbia nel suo cuore: è diventata un’altra creatura, una donna vera.

Come vorremmo anche noi, durante questo nostro cammino quaresimale, ritrovare la gioia. È possibile: cerchiamo Colui che ci cerca … rendiamoci disponibili all’incontro con l’unica ‘sorgente di vita’, Gesù.

È certo, se vogliamo, Gesù si fa sempre vicino, offrendo il Suo amore, mettendo dietro le spalle quello che forse siamo e non vorremmo essere.

Saremo capaci di seguire l’esempio della Samaritana? Non farlo sarebbe scegliere di vivere nella tristezza, che troppo spesso sperimentiamo e fa tanto male.

Gesù ci attende per donarci il Suo Amore che rende diversi.

È l’augurio che faccio a me e a voi in questa Quaresima: come la Samaritana lasciamoci incontrare da Gesù.


Antonio Riboldi – Vescovo

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