Don Giovanni Berti "La povertà che ci rende ricchi"

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/03/2014)
Vangelo: Mt 6,24-34
Ricordo ancora le forti emozioni e sensazioni che ho provato visitando la missione in Guinea Bissau, piccolo e poverissimo stato africano, dove sono stato l'ultima volta 13 anni fa.
Ci sono stato nel giro di alcuni anni per ben 3 volte, con gruppi di giovani, in visita ai missionari veronesi che spendono in terra d'Africa alcuni anni della loro vita, e ogni volta sono tornato con un bagaglio di esperienze fortissime sia per la mente che per il cuore.
Ho portato a casa non solo una conoscenza più concreta e diretta delle problematiche di un paese così povero e del lavoro molto impegnativo e a tratti durissimo dei missionari, ma ho portato a casa anche una profonda pace e senso di libertà.
Il contatto diretto con le popolazioni guineane, specialmente nei villaggi più sperduti, mi ha provocato a ripensare a come noi viviamo qui da noi, come io stesso affronto la mia vita quotidiana con quello che posseggo e che regola la mia giornata.

Non voglio cedere a facili e banali schematismi, ma qui da noi il sentimento prevalente è proprio l'ansia del possedere, mentre in quei luoghi mi sembrava di respirare la serenità della povertà. Pur mancando di tutto, anche di cose che qui nemmeno ci possiamo immaginare di non avere (un tetto, la corrente elettrica, l'acqua in casa...), e pur vivendo con grandissime limitatezze, tutto questo non spegneva mai un sorriso diffuso e la capacità di fare festa e di accogliere anche me che venivo da lontano. Qui da noi invece è assai facile trovare la scusa dei problemi per chiuderci a riccio, personalmente o come famiglie: finché non ho tutto quel che mi serve non posso pensare agli altri, non posso aprirmi, non sono felice... non posso fare felici gli altri.
Ripeto, forse sono troppo schematico e semplicistico, ma forse nemmeno tanto lontano dalla realtà.
Sono le parole di Gesù in questo brano del Vangelo a provocare quei ricordi legati ai viaggi in Africa.
Per ben tre volte Gesù dice "non preoccupatevi..." invitando a liberare il cuore e la vita dagli affanni del possedere e del controllare, per una vita fatta di fiducia in Dio e nella vita che è sempre piena della sua presenza. A noi uomini occidentali preoccupati delle cose, specialmente oggi che la crisi economica ce le strappa via di mano brutalmente, Gesù ci ricorda che Dio non è racchiuso indifferente nei cieli e nemmeno in qualche privilegiato angolo sacro, ma pervade tutta l'esistenza umana. Non siamo soli e non siamo condannati ad una povertà distruttiva, anche se perdessimo tutti i nostri averi.
Dio si prende cura anche di inutili uccelli del cielo e veste l'erba del campo che dura un giorno, quindi non può non prendersi cura di noi, di me. Questo è il messaggio affidato al nostro cuore preoccupato di oggi.
Gesù non ce l'ha con la ricchezza e con i beni materiali in se stessi, ma richiama ad una libertà verso di essi. Essere liberi significa pensare noi stessi non in base a quel che abbiamo, ma in quando amiamo Dio e coloro che Dio ci mette accanto, credendo che questo amore divino e umano ritorna a noi moltiplicato. Siamo chiamati a servire l'amore e non le cose.
"Non preoccuparti, non preoccuparti, non preoccuparti"... Voglio trasformare questo ritornello evangelico in una preghiera interiore che pian piano si trasforma in "fidati, fidati, fidati"... di Dio. E la mia vita anche se povera (o forse proprio perché più povera) diventa improvvisamente ricchissima.

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